Il riuscito tentativo di Keplero di
dare una forma geometrica ai dati raccolti da Tycho Brahe, ratificò il successo
del modello copernicano rispetto a quello tolemaico e ticonico. Tuttavia,
l’eleganza e la semplicità matematica delle sue tre famose leggi, non risolvono
un’antica questione: il mondo è come si pensa, o come si percepisce? In altri
termini, le leggi di Keplero possiedono un vero riscontro nella realtà, o sono
perfettamente valide solo in ambito teorico, dunque ipotetiche, ma non certe?
Abbiamo
infatti più volte evidenziato la contraddizione tra teoria e realtà presente nel
modello eliocentrico, circa l’idea del movimento della Terra rispetto al Sole
centrale. I sensi e gli effetti fisici dimostrano l'opposto: il movimento del
Sole e la quiete della Terra. La prova fisica che la terra è in quiete ed il
Sole in movimento è fornita dalla percezione sensibile, quella contraria dalla ragione.
Se un tempo, nel processo di acquisizione della conoscenza, si dava preminenza
alla logica correlata al cosiddetto senso comune, realtà e ragione combaciavano,
poiché quanto si percepisce è vero, oggi non è più così. Vale il principio
contrario.
È
vero ciò che si pensa, ciò in cui si crede, poiché la percezione della realtà celeste
sarebbe illusoria, rispetto alla sua descrizione. Per quale motivo la
maggioranza delle persone crede assolutamente alla ragione scientifica ed alla
narrazione storica dell’imporsi di una travagliata teoria, piuttosto che alla
percezione del reale, direttamente riscontrabile da tutti? La risposta è
semplice, e mostra quanto il martellamento operato nel corso dei secoli dalla
cultura dominante, sia riuscito ad imporre nell’opinione comune una forma
astratta, perfezionata dalla ragione e fortificata da secoli di lavoro
scientifico, associato ad una penetrante diffusione che ha investito l’opinione
e l’istruzione pubblica, la quale contraddice la percezione dei sensi.
Questa
contraddizione comporta una scissione sia nell’ambito della conoscenza, che
nella coscienza, le quali non possiedono più un riferimento assolutamente certo
e concreto. La realtà tramonta a favore della sua “immagine immaginata”, la
quale non sorge come riflesso dal mondo percepito, ma ha radice e sostanza nella
ragione dalla quale è stata partorita ed elaborata. All’interno di tale
contrasto, il quale determina come una scissura nella coscienza e nella mente,
trova giustificazione ogni tipo contraddizione ed illusione. Non ultima, l’allontanamento
della ragione dal Dio fattosi carne, poiché la mente viene impegnata ad
avvalorare il contrario di quanto la “carne” percepisce. Se si mette in dubbio
quanto gli occhi vedono, a maggior ragione si dubita anche di quanto non si
vede. La ragione diviene prigioniera di se stessa e del mondo che si è auto
costruito, nel quale Dio non è necessario, non è Carne perfetta, ma al più una
soluzione teorica pacificante e retorica.
La
rappresentazione virtuale del mondo celeste, trasmessa dalla comunicazione
sociale mediante immagini, animazioni e simulazioni visualizzabili su pagine di
ogni tipo, si è sovrapposta a quella percepita, riuscendo a spogliare quella sensibile
di tutti i suoi risvolti trascendenti e sacrali. Il cielo è divenuto una indefinita
ed informe mappa astronomica, interpretata esclusivamente da super esperti,
sempre molto saccenti ed autocompiacenti, formati secondo le tecniche e gli
indirizzi dell’astronomia moderna, inaccessibili ai profani, se non attraverso specifiche
e ridondanti divulgazioni. Si è giunti quindi alla conoscenza perfetta dei moti
planetari, delle strutture chimiche di stelle e di altri elementi celesti. Si è
scandagliato il cielo con strumenti di ogni tipo, ricavando dati sperimentali, diagrammi,
modelli, programmi informatici pronti ad indagare ogni ipotesi cosmologica. Eppure,
nonostante questa rilevante sapienza enciclopedica, qualcosa non torna qui,
sulla Terra.
I
risvolti negativi della conoscenza scientifica, al di là dei vantaggi del
progresso tecnologico, insieme ai suoi risvolti negativi in ambito sociale, risuonano
nell’intimo di molte coscienze insoddisfatte della vita moderna, delle sue
contraddizioni e problematiche. La visione del cielo non rasserena più, non
rimanda al “altro”, essendo stata spogliata del lato misterioso e trascendente,
che costituisce invece a tutti gli effetti la vera sua essenza. Tutto viene
fatto rientrare e spiegato alla luce della tecnica astronomica, praticata da
astronomi ed astrofili. Un settore molto limitato della popolazione. Se un
tempo si cercava di leggere nel cielo i messaggi e la volontà relativi ad una
dimensione superiore ed invisibile, oggi i fenomeni atmosferici e celesti interessano
alla maggioranza delle persone per lo più in senso meteorologico. Ci si
preoccupa del tempo che farà nel prossimo week end o nel periodo di ferie
programmato. A parte sentimentali sguardi di ammirazione e di emozione
passeggera, il cielo non dice più niente a chi è costretto ed abituato a
guardare per terra. Come se stelle e Sole fossero per molti come lampadine, utili
solo per far luce e portare il bel tempo, o come un soffitto da guardare fuggevolmente,
quando lo si riesca a vedere. La scienza moderna ci ha dato tanto, ma ci ha
tolto quel senso del mistero e della trascendenza insito nella stessa natura
dell’uomo, con la pretesa di voler spiegare tutto attraverso i suoi canoni
standardizzati fatto di numeri e codici.
A scuola abbiamo
imparato tutta la storia che ha accompagnato l’imporsi della teoria copernicana,
la genialità del rivitalizzatore di tale teoria, Galileo, l’ottusità dei
tomisti. I quali, attaccati alla logica aristotelica e quindi privi di aperture
intellettuali, credevano il contrario, soltanto perché questo era provato dalla
evidente, ma troppo semplice per menti complicate, quiete terrestre. Fortuna
che sorsero scienziati eminenti e liberi, Copernico, Galilei, Keplero, tuttavia,
come abbiamo detto in precedenza, legati alla stessa matrice sotterranea che
agiva in tutt’Europa.
Keplero,
anche se semicieco, riuscì a dimostrare “come andava il cielo”. Attestò quale
fosse il vero modello celeste, quello composto da orbite ellittiche, dove il
Sole occupa uno dei due fuochi. In questo notissimo modello, i pianeti, Terra
compresa, rallentano ed accelerano, non solo perché ruotano su se stessi, ma
perché orbitano su ellissi più lontani o più vicini al Sole. Le sue tre leggi,
di anno in anno insegnate nelle sedi scolastiche, sono divenute più
indubitabili di Dio, dei suoi angeli e dei santi. Tutti relegati dalla ragione
scientifica nell’ambito della superstizione, come obsoleto folclore
insopportabile per l’uomo di scienza.
Tuttavia,
la scienza, che ha soppiantato la religione, con il razionalismo e materialismo
scientifico, fino a che punto è credibile nelle sue imperiose certezze? Che
dire infatti delle leggi di Keplero, le quali a ben vedere indicano proprio il
contrario di quello che postulano? Dovendo infatti un pianeta percorrere
un’ellissi, nella quale uno dei due fuochi è occupato dal Sole, non potrebbe
muoversi senza accelerazioni, ruotando oltre che su di sé, intorno ad uno dei
due fuochi. La seconda legge di Keplero mette in rilevo tale aspetto. Essa asserisce
che le aree descritte dal raggio vettore che unisce il pianeta al Sole sono
proporzionali ai tempi impiegati a percorrerle. Ossia, aree uguali vengono
coperte in tempi uguali. Quindi i pianeti accelerano quando la distanza dal
Sole è minima, e rallentano quando la distanza è massima.
Un’ulteriore
conferma di questo moto accelerato e curvilineo è dato dalla terza legge, la
quale specifica che i quadrati dei periodi di rivoluzione planetari sono
proporzionali ai cubi degli assi maggiori delle loro orbite. Tale legge indica
che più ci si allontana dal Sole e più i periodi impiegati dai pianeti a
percorrere le loro orbite aumentano. Le velocità di tutti pianeti orbitanti, ed
in particolare della Terra, per principio dunque non è costante. Se fosse
costante le aree descritte dai pianeti in uguali intervalli di tempo non
sarebbero uguali.
Ebbene,
questo è del tutto il contrario a quello che si vede nel cielo e sulla Terra, la
quale dal punto di vista fisico si presenta come in quiete, senza alcun effetto
relativo alla sua velocità variabile prevista da Keplero, alle sue teoriche
accelerazioni e decelerazioni intorno al Sole. In realtà, noi percepiamo che il
Sole si sposta nel cielo a velocità sempre costante, inverno ed estate,
primavera ed autunno, percorrendo spazi di cielo uguali in tempi uguali. Questo
suo movimento regolare è infatti un segno per la misura dello scorrere del
tempo, come afferma la Genesi, nel quarto giorno della creazione (Gn 1, 16-19). Se fosse la Terra a
muoversi su orbita ellittica a velocità variabile, non vedremmo e non
sentiremmo altrettanta “pace dinamica”. Dovremmo vedere il Sole accelerare e
rallentare rispetto a noi nel suo passaggio nel cielo. Invece, non vediamo
questo.
La
regolarità, l’ordine dei movimenti celesti, il variare delle stagioni,
l’alternarsi delle ore, dei giorni e delle notti sono invece un segno ben
chiaro ai nostri occhi. Tutto questo avviene secondo un moto uniforme, con
traiettorie rapportabili ad un regolare moto circolare uniforme, più che a linee
ellittiche e moti accelerati. Afelio e perielio non corrispondono a variazioni
di velocità, né di Terra, né di Sole, riscontrabili da comuni osservatori
terrestri. L’orbita corrispondente al movimento del Sole è circolare. Non
ellittica. Il Sole compie nel cielo archi di circonferenza, traiettorie
corrispondenti ad archi circolari, d’estate e d’inverno, innalzando o
abbassando la sua traiettoria in seguito ad equinozi e solstizi. Archi di
cerchio e non rapportabili a vertici di ellissi.
Questo
appare ai sensi, ed è verificato anche dagli strumenti più semplici: gli occhi.
I calendari si basano sulla affidabilissima regolarità e velocità costante del
moto solare e lunare. Il versetto del Libro della Sapienza, secondo il quale «Tu
hai disposto tutto con misura, calcolo e peso», omnia in numero, mensura, pondere disposuisti, (Sap 1, 21), rispecchia proprio questa
armonia, regolarità ed inalterabilità dei movimenti celesti, del movimento del
Sole. In questo senso, il mondo è ordinato, e seguendo i gradi dell’ordine
l’uomo può innalzare la propria mente verso la dimensione trascendente, che
sovrasta quella ordinaria, fino a riconoscere in essa la presenza e l’azione
del Pantocrator, Signore
dell’Universo: «C’è infatti un altro mondo, lontanissimo da questi occhi, che
l’intelletto di pochi sani riesce a vedere, come afferma lo stesso Cristo, che
non dice: Il mio Regno non è del mondo, ma il mio Regno non è di questo mondo»
(Agostino, De ordine 11.32). Ma la
realtà di questo mondo ultramondano è stata adombrata nel tempo dalla
cosiddetta scienza moderna. Sempre fiera dei suoi proclami, sempre pronta ad
irridere ed azzittire chi osa dubitarne.
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