giovedì 3 ottobre 2013

CONGIUNZIONI ASTRALI



Uno strano personaggio vestito di nero entrò in Roma, l’11 aprile 1484, domenica delle palme. A cavallo di un irrequieto cavallo scuro, con una corona di spine intorno al capo, ai piedi dei calzari alati, quest’uomo era seguito da moglie, figli ed altri ammiratori. Sulla corona spiccava una mezza luna, sulla quale era scritto: “Questo è mio figlio Poimandres, nella più sublime manifestazione del signore Gesù Cristo”.
Giovanni Mercurio da Correggio, questo era il suo nome, si fermò lungo le sponde del Tevere, prima di recarsi in Vaticano per un colloquio con il Papa ed altri prelati. Egli si presentava come nuovo messia. A quanti lo ascoltavano attoniti lungo la via, ed ai quali i suoi sostenitori distribuivano fogli contenenti il suo proclama, predicava di essere disceso dal cielo per portare la rinascita, la rigenerazione dell’uomo e del mondo. Egli compì inoltre una serie di gesti rituali, di valenza magica, prima di proseguire fino in Vaticano, per completare la sua missione misteriosa deponendo alcuni oggetti simbolici sul soglio di Pietro.
Forse egli si il predestinato della attesa di stampo apocalittico che gli astrologi da lungo tempo riservavano per quell'anno, in vista della prevista grande congiunzione celeste alla quale veniva collegata il manifestarsi di una nuova guida religiosa.
L’astrologia araba che in quel tempo si era diffusa prevedeva infatti tre tipi di congiunzioni planetarie, la piccola che avveniva ogni vent’anni, la media, ogni duecentoquaranta anni e la “magna”, la più importante dal punto di vista etico e religioso, che si ripeteva ogni novecento sessanta anni. Quest’ultima derivava dal lento moto dei pianeti superiori, Giove e Saturno.
Quell’anno, il 1484, doveva avvenire la grande congiunzione di questi due pianeti, nella costellazione dello Scorpione. Per tale ragione, gli scrutatori ed interpreti dei segni celesti erano in fermento. Ad esempio, Johannes de Clara Monte, scriveva in quello stesso anno, che: “Questa importante costellazione e concordanza con gli astri indica che deve nascere un piccolo profeta il quale interpreterà in maniera eccellente le Scritture e fornirà alcune risposte con un grande rispetto per la divinità, alla quale ricondurrà le anime umane … Si vede un monaco in tonaca bianca con il diavolo in piedi sulle spalle. Porta un grande mantello che pende fino a terra e che ha maniche larghe, e un giovane monaco lo segue …” (in I. P. Culianu, Eros e magia nel rinascimento, Boringhieri, Torino 2006, p. 276).
Le cronache non registrano nessun fatto mirabolante avvenuto in quell’anno, oltre la morte del mitico Christian Rosencreutz, il presunto fondatore dei Rosacroce. L’anno precedente era nato Martin Lutero, anche se Melantone riportava come anno di nascita quello successivo, il 1484, forse per ricondurre il personaggio alle dinamiche divine ed alle attese astrologiche previste per quell’anno. Dunque, tutto sembrava tranquillo, almeno in superficie.
Tuttavia, l’evento di per sé pittoresco ed apparentemente innocuo che abbiamo segnalato all’inizio, portava in sé una grande valenza magica e rivoluzionaria. Infatti con Giovanni Mercurio da Correggio, la dottrina ermetica che egli praticava e predicava avrebbe convinto e convertito numerose persone di tutti i livelli, scardinando le rigide mura che la ragione guidata dalla fede aveva eretto in ordine alla metafisica tomista. La teologia scolastica collegata alle intelligenze angeliche ed alle sfere omocentriche che sfociavano nell’Empireo divino, veniva infatti adombrata da pretese di carattere gnostico ed esoterico, dalle credenze magiche e dalle pratiche superstiziose proprie della dottrina ermetica che davano spazio alle interazioni con gli arconti e con i demoni planetari.
Giovanni Mercurio annunziava ai suoi seguaci l'identità di Gesù con Hermes, sulla base della manifestazione di un suo potere personale, di carattere magico. Non solo parole, ma piccoli prodigi liberatori facevano effetto sugli ascoltatori sempre attratti dalle manifestazioni delle forze invisibili, più che dalle enunciazioni teologiche e dalle attese escatologiche cristiane.
Nonostante il suo pressapochismo, l’ingenuità, la tendenza all’esibizionismo, la sua mancanza di istruzione convenzionale, Giovanni Mercurio da Coreggio “sconvolse” la vita di un intellettuale dell’epoca, Ludovico Lazzarelli, umanista e poeta, prima di conoscerlo profano, dopo l’incontro, poeta ermetico. Il Lazzarelli difatti fu talmente impressionato da Giovanni Mercurio e dai suoi “poteri” magici, da affidarsi a lui completamente, definendolo suo padre spirituale, come narra egli stesso nell’Epistola di Enoch, ove tra l’altro registra l’episodio che abbiamo riportato all’inizio.
In genere, avviene che sia il sapiente ad illuminare il semplice. In questo caso è avvenuto il contrario. Un po’ come per Rasputin che in virtù delle sue capacità taumaturgiche si insidiò alla corte dello zar Nicola II. L’audace e semplice Mercurius de Corigio “iniziò” il Lazzarelli alla “nuova” rivelazione divina, identificando la Mente (Poimandres) con il Cristo gnostico. Tale identità avrebbe dovuto illuminare e guidare quanti si disponevano alla rinascita etica e religiosa, che comportava la confusione tra sacro e profano, tra teologia e magia.
Il Lazzarelli, iniziato dal Coreggio alla dottrina ermetica, ne diventò un illustre interprete. Fu proprio lui che tradusse dal latino il libro XVI del Primander,. Questo capitolo, L’Epistola di Asclepio al re Ammon, tuttora depositato nella biblioteca comunale di Viterbo, descrive l’aspetto magico del sole, la sua presunta natura divina, la sua centralità nel sistema celeste, la corte di spiriti che gli sono asserviti. Insomma, tutta la liturgia solare ermetica collegata al modello eliocentrico è contenuta nel capitolo XVI.
Il Libellus XVI, tradotto dal Lazzarelli, ha infatti rafforzato la credenza che l’astro fosse la chiave per interpretare il sistema planetario in senso antiaristotelico, in base alla concezione di Platone, il quale concepiva il sole come immagine principale del mondo delle idee, le quali dall’iperuranio proiettano la loro essenza nel mondo, perdendo la loro essenza preminentemente spirituale. Immagine questa ripresa dal Dionisio l’Aeropagita, nelle Divine Gerarchie, testo nel quale al sole è attribuita l’origine innanzitutto della luce spirituale.
Copernico presentando la nuova immagine eliocentrica del mondo, citò esplicitamente Ermete, per il quale il sole è un “secondo Dio” e dunque degno di essere venerato come parte centrale di un sistema cosmico divino. Copernico sembra quindi confermare l’identificazione fra il sole, il demiurgo e la “mente creatrice” che unisce cielo e terra, inviando dall’alto autentica essenza ed innalzando la materia dal basso. Implicitamente, egli cercò di dare consistenza scientifica al capitolo tradotto dal Lazzarelli, inserendo così nel “senso interno” dell’uomo, l’intermediario fra materia e spirito, un “nuovo fantasma” non corrispondente alla realtà percepita. Egli forzò, come disse poi Galilei, la realtà con l’immaginazione sostituendo la seconda alla prima. Operazione questa di carattere prettamente magico, prima ancora che scientifica.
Del resto, Copernico come Ermete credeva che mentre è impossibile per l’uomo vedere Dio, ed è impossibile comprenderlo se non per mezzo di congetture e duro sforzo intellettivo, “non per congettura contempliamo il sole; lo vediamo con i nostri veri occhi … perché egli è posto nelle nebbie ed indossa il kosmos come una ghirlanda intorno a sé … Dio allora è il Padre di tutto; il Sole il demiurgo; ed il kosmos lo strumento attraverso il quale il Demiurgo opera”.
Questi concetti ermetici di antica radice pagana vennero proferiti con tutta solennità da Giovanni da Correggio nella fatidica Domenica delle Palme del 1484 agli astanti sbalorditi, colpendo profondamente quelle persone dalla fede stanca, che preferivano al dogmatismo religioso esperimentare stati d’animo nuovi, sondare dimensioni proibite, entrare in contatto con quegli spiriti ingannevoli in grado di operare sul senso interiore, sull’immaginazione umana.
Per tale ragione, il modello eliocentrico, con tutta la pletora di credenze irrazionali ad esso associata, ha comportato una rivoluzione innanzitutto mentale all’interno dell’individuo. L’immaginazione razionale, con l’imporsi di tale immagine, fu come costretta a creare una realtà parallela, non in linea con quella percepita, costruita sulla base esclusiva di una logica matematica, non fisica, non in accordo con i dati dell’osservazione, se non dopo una lunga serie di successive elaborazioni ed “inversioni” teoriche. 
L’immagine fantastica costruita dalla ragione ermetica ha così gradualmente sostituito l’immagine teologica e metafisica della realtà. La quale prende inizio dal mondo percepito, ed in questo ritorna per condurre la mente e la ragione dalla terra verso l’empireo divino. Ove regna indisturbata la Santissima Trinità, la sterminata milizia celeste, i beati spiriti angelici che continuamente godono della presenza dell’ineffabile Dio e del suo glorioso Figlio unigenito, Gesù Cristo, nell'unione d’amore indissolubile generata dallo Spirito Santo.