martedì 16 agosto 2011

LA ROTAZIONE DEI CIELI



Nel 1851, Léon Foucault realizzò il pendolo che lo rese famoso. Dopo aver riempito di piombo fuso una sfera cava di ottone con una massa di 28 kg, l'appese con un filo di acciaio lungo 67 metri alla volta della Sala del Meridiano dell'Osservatorio di Parigi. Una volta messa in moto, tale sfera oscillava lentamente cambiando il suo piano di oscillazione col trascorrere delle ore. Come una porta girevole che si apre lentamente di piccoli angoli, il piano di oscillazione del pendolo dopo un certo tempo ritornava sulla posizione iniziale. Questa rotazione avveniva in senso orario, ossia nella direzione contraria di quella del presunto moto terrestre.

Scriveva Foucalult: <<Il fenomeno si sviluppa con calma: è fatale, irreversibile … Si sente vedendolo nascere e intensificarsi, che non è possibile per lo sperimentatore affrontarne o ritardarne la manifestazioni … Ogni uomo davanti ad un tale fatto … per qualche istante rimane pensoso e silenzioso e si ritira quindi recando in sé il senso pressante e vivissimo del nostro incessante movimento nello spazio>> (Dimostrazione sperimentale del movimento di rotazione della Terra, Journal des Debats, 31 marzo 1851).

Queste parole piene di meraviglia per il moto della Terra ne nascondono un’altra. Afferma Jean Guitton, in Dio e la scienza, che Foucault rimase sorpreso da questo risultato inatteso. Egli infatti si attendeva il contrario. Ossia, che il pendolo essendo solidale alla terra ruotasse nello stesso senso della terra. Cioè, in senso antiorario. Invece il pendolo ruotava in senso inverso, orario, come il sole, le stelle fisse.

Lo scienziato superò la difficoltà con la tipica inversione che ogni tanto si affaccia nel campo della fisica teorica. Egli infatti spiegò che “in realtà” non è il piano del pendolo a ruotare, ma la terra sotto di lui. Per tale ragione, noi vediamo ruotare il suo piano di oscillazione in senso orario. Questa risposta significa che il pendolo risentirebbe più dell'influenza della volta stellata che di quella della crosta terrestre sulla quale è fissato e che gli trasmette l'impulso gravitazionale che dà inizio e conserva l'oscillazione.

L’annoso problema se sia la terra a ruotare o i cieli, o una combinazione di tutti e due, si ripresenta sistematicamente di fronte ad ogni esperienza finalizzata alla dimostrazione del moto terrestre. Infatti, questo problema ripropone la problematica dei moti e delle rotazioni assolute. Newton dichiarò l’esistenza delle rotazioni assolute, quelle cioè relative ai sistemi inerziali in moto rettilineo uniforme rispetto alla spazio assoluto. Ma già il vescovo di Berkeley contestò quest’idea pochi anni dopo la pubblicazione dei Principia alla luce della considerazione che il movimento per suo natura è relativo e pertanto non può essere compreso se non in relazione ai corpi circostanti. Ossia, in termini generali, non è possibile stabilire un riferimento, se mancano i termini che devono essere posti in riferimento.

Questa stessa motivazione fu ripresa dal filosofo Mach, che nel 1872 affermava che non esistono moti assoluti, ma solo relativi. Se un corpo ruota rispetto alle stelle fisse, si producono forze centrifughe. Ma quando ruota rispetto a qualche altro corpo e non in relazione alle stelle fisse, non si producono forze centrifughe. Nel primo caso si può parlare di rotazione. Ma bisogna tuttavia tener presente che la rotazione deve essere intesa rispetto alle stelle fisse.

Secondo Mach un corpo non soggetto a forze si muove di moto uniforme rispetto alle stelle fisse, considerate come una media ponderata di tutta la materia presente nell’universo. L’inerzia pertanto non è una proprietà intrinseca della materia, ma una proprietà di cui essa gode grazie all’esistenza della materia presente in tutto l’universo. Ne deriva che la prova del pendolo di Foucault non dimostra la rotazione assoluta della terra, ma conferma invece la validità di quello che Einstein definì come “principio di Mach”, il ragionamento sopra riportato.

Del resto, la soluzione fornita da Foucault per spiegare la variazione del piano di oscillazione del suo pendolo non è unica ed indubbia. Essa sembra essere stata fornita per dimostrare la validità della tesi già accettata della rotazione della terra. Infatti, gli aristotelici avrebbero interpretato senza indugio questa esperienza come la prova infallibile dell'esistenza dell'etere, la quintessenza alla quale Aristotele attribuiva la causa dei moti “perfetti”, quelli circolari, da oriente ad occidente, propri delle stelle ritenuti corpi perfetti ed incorruttibili.

Lo Stagirita ne parla nel libro De caelo come di una sostanza separata, invisibile ed insensibile in perenne moto circolare orario, strettamente connessa al Primo Motore immobile, l'ente che trasmette il movimento a tutti gli enti celesti senza muoversi. La Causa Prima. Il Dio motore al quale risalì san Tommaso d'Aquino nelle sue prove teoretiche dell'esistenza di Dio.

È dunque probabile che se l'esperimento del pendolo fosse stato effettuato ai tempi di Galilei il suo esito, del tutto previsto, sarebbe stato considerato come la prova irrefutabile del movimento del cielo e delle sfere planetarie intorno alla terra. L'accordo fra il senso della rotazione del piano del pendolo con quello della rotazione del sole e delle stelle infatti sarebbe stata dimostrazione evidente della quiete della terra e della rotazione dei cieli e dell'etere. Movimento questo che si mantiene senza variazione, come un moto perpetuo del tutto naturale, che peraltro contraddice il principio d'inerzia dimostrando che nella realtà l'unico moto che si mantiene in perpetuo è quello circolare e non quello rettilineo uniforme improbabile in uno spazio curvo.

Per quanto riguarda l'effetto Coriolis, si sa che corrisponde ad una forza che spinge i corpi verso destra nel nostro emisfero. Esso si verifica a causa della rotazione terrestre. Ma lo stesso effetto si potrebbe interpretare anche come una dimostrazione della rotazione dell'etere aristotelico, seguendo la stessa logica con cui lo si considera prova della rotazione terrestre. Logica circolare, caratterizzata dal seguente processo. Sull’assunto che la terra ruoti, si utilizza l'effetto Coriolis, per dimostrare la rotazione della terra. Con la stessa logica. Si considera la terra ferma. Con l'effetto Coriolis si dimostra che ruotano i cieli e l’etere.

Michelson e Morley realizzarono nel luglio del 1887 una famosa esperienza per rilevare la presunta velocità dell’etere rispetto alla terra. Ma non rilevarono alcun risultato. E ritennero fallita l’esperienza. I due fisici Fitzgerald e Lorentz commentando il continuo esito negativo delle esperienze di Michelson, posero la domanda: <<E se il mondo fosse tale per cui il movimento non può essere rilevato?>>. Un altro fisico Jean Becquerel nel 1922 commentò tale esperimento con altrettanta enfasi: «Non si è mai ottenuto, nell'esperimento di Michelson, nessuno spostamento delle frange in nessuna epoca dell'anno. Tutto appare come se la Terra fosse immobile. Il disaccordo tra l'esperimento e la teoria è brutale!».

J. A. Coleman (presidente dell'allora dipartimento di fisica dell'American International College di Springfield – Massachussets) sostenne che la spiegazione più semplice della quiete terrestre non fu nemmeno esaminata, soprattutto per motivi non scientifici, ma filosofici. Infatti: ”tale idea non fu presa sul serio, perché allora avrebbe significato che la nostra Terra occupava veramente un posto privilegiato nell’universo, mentre gli altri corpi celesti le facevano omaggio di gravitarle attorno”.

<<Il pendolo di Foucault è presentato come una prova della rotazione diurna della terra su sé stessa. Tuttavia il Professor Maurice Allais si è reso conto che il pendolo paraconico, da lui concepito e di cui ha osservato i movimenti per lunghi periodi, cessa di derivare durante le eclissi di sole. Se la teoria del pendolo di Foucault fosse buona, solo un arresto del movimento diurno della terra sarebbe in grado di produrre un tale effetto. Occorre dunque trovare un'altra spiegazione alla deriva del piano di oscillazione del pendolo. L'effetto Allais che abbiamo appena evocato è stato osservato indipendentemente anche dal Professore rumeno Jeverdan, che ne aveva comunicato all'Accademia delle Scienze di Parigi un resoconto. Anche il professore rumeno Mihaïla lo ha messo in evidenza recentemente>> (Nourissat Y., Storia inconfessata dell’astronomia).