mercoledì 25 marzo 2015

Gerarchie angeliche ed Empireo



Dionigi l’areopagita per molto tempo è stato ritenuto quel discepolo che si convertì al cristianesimo, dopo aver ascoltato il discorso di san Paolo nell’areopago di Atene. Si è creduto che egli avesse sviluppato i suoi scritti sulla base delle rivelazioni ottenute dall’Apostolo delle genti. Il quale in modo straordinario era diventato partecipe dei misteri divini, essendo stato rapito fino al terzo cielo, ove aveva udito parole sublimi ed irripetibili, cioè non trasmissibili (2 Cor 12, 2).
L’equivoco si basa sul fatto che, verso la fine del V secolo, comparvero alcune opere che riportavano come firma Dionysius. Esse facevano spesso riferimento a san Paolo ed a Timoteo “confratello nel sacerdozio”. Inoltre, in alcuni passi delle Lettere, indirizzate a nomi di personaggi che risalgono al tempo degli apostoli, questo Autore scriveva di essere stato testimone dell’oscuramento del Sole che si manifestò alla morte di Gesù Cristo. Tutto questo fece pensare che egli fosse proprio quel Dionigi membro dell’Areopago, la conversione del quale è affermata negli Atti degli Apostoli (17, 34). Secondo un’altra versione, fu l’abate Ilduino (circa 815) che, per accrescere il prestigio dell’abbazia dedicata a san Dionigi martire, utilizzò le opere dell’autore mistico che si celava dietro lo pseudonimo di Dionigi, donate a Ludovico il Pio nell’ 827 dall’imperatore bizantino.
Tuttavia, le contraddizioni emerse dalla lettura di questi importanti scritti fecero dubitare dell’autenticità di tale attribuzione. Oggi si ritiene che vennero redatti da un filosofo neoplatonico nello stesso secolo nel quale comparvero: il V. Per tale ragione, tale autore viene comunemente denominato lo Pseudo-Dionigi. Edith Stein nel suo saggio: “La Simbologia Teologica dell’Areopagita e i suoi reali presupposti”, elaborato nel Carmelo di Echt, nel 1941, raccomanda come premessa di superare pregiudizi e giudizi negativi riguardo a questo pseudo autore, per poter rilevare nonostante tutto la presenza di “uno spirito superiore” all’interno del corpus dionisiano, composto come è noto da quattro trattati maggiori e dieci lettere.
Tale ulteriore apprezzamento rivolto ad un autore che in ogni modo ingannò la buona fede di molti spacciandosi per altri, lascia supporre che il vero Dionigi abbia effettivamente redatto degli scritti originali relativi alle gerarchie angeliche, ritrovati ed integrati con parti spurie dall’anonimo neoplatonico che in seguito li diffuse senza segnalare il suo contributo, generando così l’equivoco. In queste opere dunque ci sarebbe una parte originaria ed un’altra fittizia. Questa possibilità potrebbe spiegare perché autorevolissimi Padri e dottori della Chiesa abbiano ritenuto autentici i libri di tale autore, traendo da essi ispirazione per approfondire soprattutto la dottrina angelica. San Gregorio Magno, sant’Alberto Magno, san Tommaso d’Aquino hanno infatti rielaborato le definizioni delle schiere angeliche presenti nel libro Gerarchia Celeste, che ritenevano sicuramente essere stato redatto nel I secolo proprio da san Dionigi l’Areopagita, primo vescovo di Parigi e martire a Montmartre.
Il Doctor Angelicus, che ottenne molte rivelazioni per grazia divina ed investigò i passi più oscuri delle Scritture, ripetutamente, a partire dal capitolo XVIII della sua opera sugli angeli, “Sostanze Separate”, cita le opere di Dionigi per definire l’origine delle sostanze spirituali secondo la fede cattolica. Possibile quindi che un personaggio così eminente in santità e dottrina possa essere incorso nell’errore grossolano di considerare vere affermazioni false, di confermare ed approfondire attestazioni di un autore fittizio, credendo risalissero ad un santo ammaestrato dall’Apostolo delle Genti, se in esse non ci fossero verità effettivamente ottenute per rivelazione divina, semmai mescolate ad altre di natura incerta, che peraltro San Tommaso non considerò?
L’Aquinate infatti rilevò la parte positiva dell’opera dionisiana, per elaborare la sua dottrina angelica, divenuta parte integrante della dottrina cattolica. I contenuti negativi della dottrina dello pseudo-Dionigi vennero invece sviluppati da speculatori divenuti autorevoli nell’ambito della cultura moderna, per essere andati contro il senso comune e l’ordinaria interpretazione della realtà. Come ad esempio il cardinale Cusano, il quale, come abbiamo visto, trasse spunto da Dionigi per affermare la via negativa per giungere a Dio, la dotta ignoranza, il tema della coincidenza degli opposti comune alla magia, fino a supporre il movimento della Terra e la relatività dello spazio, alterando così il senso della realtà percepita dai sensi a favore di quella immaginata. Su questa linea si introdusse anche Marsilio Ficino, estimatore del Cusano, propugnatore della metafisica solare, il quale fece altrettanto spesso riferimento a Dionigi per dare fondamento teologico al suo tentativo di interpretare in chiave ermetica le tre gerarchie angeliche, al fine di conciliare Cristianesimo e Platonismo.
Come è noto, le principali idee contenute nell’opera dello Pseudo-Dionigi riguardano l’assoluta inaccessibilità di Dio, il principio di emanazione e ritorno a Dio di ogni ente e la concezione gerarchica del mondo, “l’intero ordine delle cose create e che esistono” (Gerarchia Ecclesiastica 1, 3). Poiché la gerarchia ha il compito di ricondurre al Creatore tutto il creato, Dio manifesta il suo Essere innanzitutto ai puri spiriti a Lui più vicini, dotati di un’intelligenza superiore a quella degli uomini e nei quali la luce divina non incontra resistenze interiori.  Ad essi spetta il compito di trasmettere l’illuminazione ricevuta agli spiriti di grado inferiore, fino agli ordini umani. Alla gerarchia angelica corrisponde la gerarchia Ecclesiastica, i cui membri sono chiamati al servizio liturgico. Per Dionigi infatti la rivelazione giunge agli uomini per mezzo degli angeli, ma anche attraverso gli uomini chiamati al sacerdozio ed alla celebrazione della sacra liturgia. Afferma la Stein nell’opera citata: “Soltanto gli spiriti celesti e gli ordini consacrati della Chiesa trasmettono la potenza gerarchica: sono infatti messaggeri di Dio invitati a portare la luce divina della creazione” .
Come abbiamo detto, San Tommaso non segue ciecamente la dottrina angelica dionisiana, ma ne trae solo gli argomenti centrali, quali il principio della gerarchia universale e l’immaterialità degli angeli, i quali possiedono un maggior grado di conoscenza di Dio dovuta alla loro perfetta separazione dalla materialità. Proprio da questo concetto san Tommaso prenderà spunto per stabilire l’influsso delle sostanze separate sull’uomo, in quanto la loro natura spirituale le rende in grado di conoscere in modo semplice e diretto le idee divine in Dio stesso, assumendo così la missione divina di illuminare e guidare gli uomini verso la salvezza eterna.
S. Tommaso definì i rispettivi compiti delle gerarchie, che non comparivano nell’opera dello Pseudo Dionigi. Il Santo afferma che le tre gerarchie angeliche, a loro volta suddivise in tre cori, sono state tratte dal tesoro della Sapienza dall’ineffabile Creatore ad immagine e lode della Santissima Trinità. Nella sua famosa Summa il Dottore Angelico specifica il concetto di gerarchia, interpretandola innanzitutto come “principato sacro”. Angeli ed uomini non appartengono alla stessa gerarchia ed anche tra gli angeli esistono tre diversi gradi gerarchici. E come in ogni genere vi sono tre livelli, il supremo, il medio e l’infimo, così ogni gerarchia è costituita da tre ordini. San Tommaso, dopo aver affermato che la Scrittura distingue gli ordini degli angeli in funzione dei loro compiti e delle loro perfezioni spirituali, cita direttamente l’Areopagita:
Ecco la distinzione degli ordini angelici secondo San Dionigi: I Gerarchia: Serafini, Cherubini, Troni. II Gerarchia: Dominazioni, Virtù, Potestà. III Gerarchia: Principati, Arcangeli, Angeli” (S. T. p. I, q. 108, art. 6).
Questa è dunque la struttura gerarchica relativa agli angeli confermata da san Tommaso e da tutti i dottori della Chiesa e divenuta parte integrante della dottrina cattolica alla luce di quanto stabilito dal Concili Laterano IV e Vaticano I. L’Aquinate afferma questa verità anche in una sua famosa preghiera che inizia proprio con una lode cosmologica: “Creatore ineffabile, che dai tesori della tua Sapienza hai tratto le tre gerarchie degli Angeli e le hai collocate con mirabile ordine sopra l’Empireo ed hai disposto con grandissima precisione tutto l’universo …”. L’Empireo corrisponde al cielo più alto, luogo di residenza degli angeli e delle anime sante. La cosmologia medievale postulava infatti la Terra circondata da sette sfere nelle quali dimoravano rispettivamente i pianeti Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove, Saturno. Sopra queste sfere era posizionata l’ottava sfera, che comprendeva le stelle fisse. Sopra le otto sfere, era posizionato il nono cielo, il Primum Mobile, dal quale scaturiva e veniva mantenuto il movimento dei cieli sottostanti. Sopra questi nove cieli stazionava la sfera dell’Empireo immateriale ed infinito a differenza dei cieli sottostanti, materiali ed in perpetuo moto, fuori dallo spazio e dal tempo, eternamente immobile.
Anche Dante negli ultimi canti del Paradiso, afferma l’esistenza dell’Empireo, ove si troverebbero nove tribune a forma di anfiteatro, i petali della “candida rosa”, nelle quali risiederebbero i beati. Il poeta  dispone inoltre le gerarchie dei nove angeli su nove cerchi concentrici, ad immagine dei nove cieli planetari. Il centro di questa visione è riservato al luogo luminosissimo che rappresenta Dio. Il Cosmo Angelico postulato da Dante è un cosmo centrato in Dio, sorgente e fine del tutto universale. È infatti proprio l’inaccessibile luogo divino, il Centro Supremo, dal quale inizia, prende vita ed intorno al quale ruota la totalità della creazione. Esso costituisce il Fattore unico, fondamentale ed assolutamente non trascurabile al fine di comprendere la struttura degli enti creati. Una cosmologia che rispecchi la fede in Dio creatore non può certamente trascurare la Fonte suprema dalla quale tutto discende, prende vita ed al quale tutto ritorna.
I cristiani non sembrano aver abbastanza considerato dal punto di vista cosmologico l’importanza di questo Elemento centrale, dal quale l’Essere autosussistente comunica concretamente agli enti l’esistenza. Ultimamente essi hanno delegato l’indagine del settore cosmologico agli scienziati, sminuendo ed irridendo le rivelazioni e speculazioni dei Santi, alle luce delle conclusioni scientifiche, le quali inondando il cielo di dati, diagrammi, teorie, leggi, hanno offuscato l’immagine di Dio che si riflette nel mondo e nelle Scritture a partire dal Trono della sua Gloria.
Anche la cosmologia convalidata nei lunghi secoli medievali non ha valorizzato il Centro del Mondo e dell’Esistenza, attribuendo il luogo centrale alla Terra e ponendo l’Empireo sulla circonferenza esterna che sovrasta il tutto, seguendo le indicazioni cosmologiche di Aristotele in senso lineare. Questo è comprensibile perché non si sapeva che esoteristi, gnostici, pitagorici e forse Aristotele stesso, autore di opere acroamatiche, intendessero il modello omocentrico in altro senso, non secondo l’immagine comune presentata ai non iniziati. I Pitagorici, infatti, adoratori del Sole centrale, utilizzavano un doppio linguaggio, lasciando trasparire all’esterno l’opposto di quanto celebravano all’interno delle loro cerchie occulte, sigillate dall’inviolabile segreto iniziatico. È possibile dunque che Pitagorici ed affini intendessero il modello geocentrico in senso inverso rispetto alla circonferenza ed al centro, ponendo cioè il Sole al centro della Terra, intesa come circonferenza universale cava al suo interno.
I maghi, sacerdoti del paganesimo, erano invece ben consapevoli dell’importanza del luogo centrale. In esso avevano posizionato il sacro fuoco, il dio Sole-Eros, “il principe delle potenze dell’aria, quello spirito che ora opera negli uomini ribelli” (Ef 2, 2), al fine di sfruttare al meglio con evocazioni e riti i favori degli angeli-demoni e le sfuggevoli energie psichiche che circolano nel cosmo racchiuso nella sfera del mondo. A questa categoria di adoratori di Eros, attorno al quale gravitano le cerchie degli “spiriti del male che abitano nelle regioni celesti” (Ef 6, 12), faceva capo i personaggi enigmatici venuti alla ribalta a partire dal tardi Medioevo, ai quali abbiamo accennato in articoli precedenti, i quali riuscirono a far penetrare nell’ambito della Tradizione elementi spuri tratti dalle dottrine gnostiche e naturalistiche attraverso la loro ingannevole dialettica.
Lo stesso Apostolo ben sapendo le insidie celate dietro il culto ai falsi angeli che operano nel cosmo, mise in guardia i credenti in Cristo dalla venerazione ai demoni travestiti da angeli, molto diffusa già ai suoi tempi da parte di quei settari gnostici che praticavano la falsa ascesi secondo gli “elementi del mondo”. A questi personaggi contraddittori, che celebrano al tempo stesso Cristo ed Ermes-Eros, non risparmia la sua netta condanna: “Nessuno vi impedisca di conseguire il premio, compiacendosi in pratiche di poco conto e nella venerazione degli angeli, seguendo le proprie pretese visioni, gonfio di vano orgoglio nella sua mente carnale” (Col 2, 18).