venerdì 25 gennaio 2013

L’ALTRA FACCIA DEL SOLE*




      
Sin dagli albori la cultura tradizionale ha associato al sole significati sacri e trascendenti. Pertanto, uno dei primissimi culti sorti all’interno delle comunità primordiali, insieme a quello della “terra madre”, è quello solare, come testimoniano d’altronde reperti archeologici situati in ogni parte del mondo.
Anche in Italia nei pressi di Sellero, in Val Camonica, sono state ritrovate antichissime incisioni rupestri e petroglifi riconducibili alla religiosità solare e runica. Uno in particolare, denominato per la sua forma rosa camuna, verrà ripreso millenni dopo in ambito indo-europeo quale ruota solare, in lingua sanscrita denominata Svastikà ossia “portatore di salute”, che sarebbe divenuta tristemente famosa perché associata alla Hakenkreuz, croce uncinata, e alla mitologia iperborea di Thule che avrebbe ispirato le malefiche trame naziste.
Altro simbolo solare, meno famoso, ma altrettanto importante è quello del punto cerchiato, , divenuto anche segno dell’oro, che gli antichi Egizi associavano al sole. Sempre in questo ambito, tale emblema rappresentava l’energia creativa della divinità solare (maschile) Atum Ra posta nel cerchio del mondo (femminile). La celebrazione delle sacre ierogamie fra cielo e terra, costituiva il senso intimo della religiosità, della magia e della politica vigenti nell’antico Egitto, che davano forma all’omologia fra il culto del sole e il culto del faraone, re-pontefice, considerato sulla terra come il dio sole nel cielo. 
In tale ambito il significato simbolico del sole è posto in relazione a uno spirito “legione” denominato in vari modi, presunto “portatore di luce” non solo naturale, ma soprattutto psichica. A questa sedicente fonte di luce spirituale e di forza sessuale si riferivano, oltre i sacerdoti egizi, anche quelli caldei, babilonesi, nelle celebrazioni rituali e iniziatiche attraverso le quali intendevano esaltare la figura del sole al fine di propiziare, insieme al buon esito dei raccolti agricoli, anche quello delle guerre territoriali e delle politiche di espansione.
Poiché il punto cerchiato simboleggiava anche il percorso metaforico della terra intorno al sole, esso veniva utilizzato dai pitagorici per esprimere esotericamente la dottrina eliocentrica, velandone così il significato intimo ai profani. D’altra parte, l’uso del doppio linguaggio, uno esoterico interno e segreto, l’altro essoterico e pubblico, fu la prassi iniziatica che i pitagorici attinsero direttamente dalla tradizione sacerdotale egizia a tutela della propria esistenza e proliferazione.
È risaputo peraltro che i pitagorici credevano nel modello eliocentrico e nel “fuoco” centrale per ragioni segrete che venivano gelosamente custodite all’interno della setta, attraverso un inviolabile segreto iniziatico. Per quale motivo? In genere si nasconde l’illecito, non il lecito. Di conseguenza, più inviolabile è il segreto, più inconfessabile è l’illecito. I pitagorici dunque nascondevano le vere ragioni delle loro credenze perché queste dovevano avere un risvolto proibito, lasciando invece filtrare all’esterno a loro vantaggio solo aspetti marginali e suggestivi della dottrina.
Quando approdarono sulle sponde italiche diversi secoli prima di Cristo, questi singolari filosofi svilupparono, all’interno della loro Schola iniziatica, aspetti magici e rituali oltre alla geometria e alla numerologia. Aristotele nel De caelo critica i pitagorici perché non conformavano ragionamenti e spiegazioni ai fenomeni naturali, ma piegavano i fenomeni ad argomentazioni personali, tentando di organizzarle in un tutto ordinato. Stessa critica che Tycho Brahe rivolgerà molti secoli dopo alla dottrina eliocentrica, che non parte dalla realtà visibile, ma piega quest’ultima al modello teorico con cui s’intende rappresentarla. Il famoso “far violenza ai sensi” galileiano.
Gli antichi romani ritenevano che dall’attività solare dipendesse l’andamento della natura e lo sviluppo della vita, nonché il benessere psico-fisico degli esseri viventi. Reputavano che tale attività fosse legata in modo particolare ai cicli periodici definiti dai solstizi e dagli equinozi, giorni nei quali «i due mondi [fisico e psichico] sono molto vicini. Momenti di pericoli e di opportunità; momenti da vivere con particolare sensibilità ed esuberanza» (Heimberg, p. 22). Per tale ragione, crearono due dee protettrici, Diva Angerona e Mater Matuta, credendo così di riuscire a limitare i rischi derivanti dal compiersi dei cosiddetti “punti di svolta del sole”.
A questa oscura forma di religiosità solare di matrice indoeuropea facevano riferimento gli esoteristi rinascimentali e i cultori della prisca sapientia, che caldeggiarono la rivoluzione copernicana e il ruolo centrale del sole. Lo fecero non tanto per motivi astronomici, ma soprattutto perché l’eliocentrismo trasmetteva al suo interno, come un “cavallo di Troia”, la dottrina ermetica collegata al culto pitagorico del “fuoco centrale” e della magia sessuale caldeggiata da Giordano Bruno.
Se pertanto l’eliocentrismo rappresentasse esclusivamente una teoria scientifica, più che una vera e propria weltanschauung, o visione del mondo, non avrebbe senso una critica che ne investisse altri aspetti, semplicemente perché questi non esisterebbero. A differenza di altre teorie scientifiche, però, quella eliocentrica possiede un “che” di estraneo alla scienza stessa che ne ha sviluppato e legittimato l’aspetto razionale. Un “che” riconducibile alla sfera ctonia e infera, propria delle religioni misteriche, praticamente ignorato dalla maggioranza delle persone.
All’interno di questa variegata e complessa misteriosofia solare si riallaccia a nostro avviso l’ambigua dottrina eliocentrica, che s’impose nel tardo Rinascimento, nonostante l’assenza di prove plausibili che ne giustificassero l’adozione. Queste vennero determinate in seguito. E non furono certo quelle portate da Galilei, che su questo tema collezionò una serie di colossali errori. Come quello delle maree, dei venti alisei, e quello ancor più grossolano del non aver riconosciuto nelle leggi di Keplero la dimostrazione geometrica, ma non fisica, del modello eliocentrico, nonché la via maestra che lo avrebbe messo in grado di “funzionare” bene dal punto di vista teorico.
Del resto, malgrado cinque secoli di progresso scientifico, sull'argomento regna ancora molta confusione. Una recente statistica ministeriale ha dimostrato la difficoltà di circa il 65 % degli studenti di fronte alla fatidica domanda: «È la terra a muoversi o il sole?». Ma non solo studenti sprovveduti. Non poche persone di varia estrazione infatti optano per la quiete della terra. Circa il 30 % dei francesi ad esempio pensano sia il sole a ruotare intorno alla terra (Lévy-Leblond, p. 157).
Ai nostri giorni si rilevano significative tracce della “contro-tradizione” solare nelle politiche imperialistiche tese alla determinazione di un “nuovo ordine mondiale” e di una nuova forma di religiosità sincretistica, umanitaria e aconfessionale. Tentativo testimoniato dalle varie simbologie iniziatiche a base di piramidi, stelle a cinque punte, obelischi, colonne, gufi e “rose” di vario genere presenti un po’ dappertutto.
L’obelisco prelevato ad Alessandria d’Egitto e impiantato a New York, ad esempio, insieme a uno gemello posto a Londra, come due colonne del tempio massonico mondiale, provengono da Heliopolis, la città faraonica del sole. Anche la famosa statua della libertà americana sembra costituire nelle forme, nella disposizione, nei sette raggi che s’irradiano dalla corona, la versione femminile del Colosso di Rodi, che rappresentava il dio solare Helios, versione ellenica dell’egizio Horus, omonimi e omofoni, secondo l’accezione dell’esoterista Fulcanelli, di Heros.
Si propone dunque in queste pagine la lettura di alcuni punti di vista insoliti, che investono da varie angolature la figura del sole e l’ipotesi eliocentrica in ordine al diffondersi dell’agnosticismo e della cultura esoterica nell’ambito moderno.
Vogliamo inoltre ribadire, dopo i puntuali e più ampi chiarimenti da parte di esperti studiosi, che è infondato il declamato cliché illuministico della persecuzione della Chiesa nei confronti di Galilei, colpevole di aver affermato che è la terra a ruotare intorno al sole. Leggenda tuttavia senza fondamento.
La Chiesa infatti non teme in alcun modo le teorie scientifiche, ma le combatte duramente, nel caso in cui si pretendesse di farle assurgere a verità indubitabili e assolute. Come reclamava Galilei circa il modello eliocentrico, contro l'atteggiamento prudente e “probabilistico”, scientificamente moderno, del cardinale Bellarmino che lo considerava come ipotesi possibile, ma non come “sistema” certo e reale.

*Dalla “Premessa” del libro: “L’altra faccia del Sole”, Armando Editore, Roma 2013.


domenica 6 gennaio 2013

LA MELA DI NEWTON E SAN TOMMASO



In fondo, Einstein dà ragione a san Tommaso ed agli scolastici, quando afferma che è la struttura geometrica dello spazio-tempo a determinare la caduta dei corpi verso il basso, non certo la misteriosa forza di attrazione gravitazionale newtoniana.
Difatti, al giorno d’oggi, l’idea di gravità come la intendeva Newton è da tempo tramontata. Erik Verlinde è tra gli attuali più qualificati assertori della non esistenza della gravità. Egli ha avanzato in proposito una nuova ipotesi, forse ancora più oscura della criticata forza di attrazione gravitazionale.
Sarebbe la fantomatica dark energy, energia oscura, la causa dell’unità dell’universo, il fattore che trattiene le galassie dall’allontanarsi l’una dall’altra. L’”energia oscura”, insieme alla “materia oscura” sono entità delle quali non è mai stata (e mai verrà) provata in modo certo l’esistenza. Esse rappresenterebbero il 96% dell’universo (23% di materia oscura ed il 73% di energia oscura). In rapporto a queste due quantità fantasma, tutta la realtà percepita: terra, pianeti, sole, stelle, ecc, costituirebbe il restante 4% dell’universo fisico.
Queste nuove ipotesi sono state introdotte, come spesso accade nella scienza, per salvaguardare il quadro classico dell’universo, sviluppatosi sulla base della fisica pitagorico-newtoniana. Ed è probabile che ulteriori “fantasie razionali”, confortate da un potente retroterra formalistico, si renderanno necessarie per preservare le acquisizioni fondamentali della scienza moderna, proseguendo così secondo gli indirizzi originari.
Il fenomeno della gravitazione ovviamente è rimasto lo stesso durante il corso del tempo. Le mele cadono sempre nello stesso modo. Quello che è mutato è la sua interpretazione. In genere si irridono le spiegazioni aristoteliche riguardo alla caduta dei corpi. Ma non è che la fisica moderna sia riuscita a chiarire le idee in proposito, anzi.
I fisici dovrebbero ammettere che al di là delle loro complicatissime elaborazioni teoriche neanche loro sanno spiegare cosa sia la “gravità”. Formule, diagrammi, “gravitoni”, “stringhe” …, costituiscono come un antidoto per coprire l’ignoranza di fondo che accompagna da sempre questo fenomeno.
Con queste ipotesi scientifiche non certo alla portata di tutti, i fisici sono riusciti tuttavia a “monopolizzare” ed “esoterizzare” lo studio della natura. Solo cerchie di specialisti sono in grado di orientarsi in settori sempre più complicati della scienza, peraltro in continua evoluzione. Gli altri si devono fidare della loro autorità derivante dal peso delle loro lauree, specializzazioni, master, premi ecc.
Ogni epoca d’altronde interpreta il mondo mediante gli indirizzi dettati dalla cultura dominante, fidandosi necessariamente di “qualcuno”. Noi “moderni” ci fidiamo degli scienziati e della loro scienza acquisita nelle più prestigiose università e laboratori di ricerca. Gli antichi greci si fidavano dei filosofi i quali utilizzavano il rigore della logica sulla base dei principi primi della metafisica. La certezza della realtà percepita, il principio di non contraddizione, ecc.
I medievali si fidavano dei teologi e della sapienza divina ad essi infusa, il lumen gloriae, in rapporto alla santità di vita. La nostra dottrina insegna infatti che in seguito al peccato originale, l’uomo ha perduto la vera conoscenza, pertanto la sua ragione è come adombrata dalla macchia originaria. Solo un intenso e sincero legame con Dio, può ricondurre l’uomo, per quanto possibile, alla conoscenza del mondo, secondo l’ottica di Dio e non dell’uomo. Anche se come diceva sant’Agostino il rapporto è sempre quello del bicchierino rispetto al mare.
Nel Rinascimento, con il tramonto della metafisica, alla figura del “santo” sapiente conoscitore ed amministratore dei segreti naturali subentrò quella del mago-scienziato, il filosofo della natura, che a sua volta ha lasciato il posto a quella dello scienziato, così come lo intendiamo al giorno d’oggi.
L’uomo ha dunque cercato di conoscere la realtà sulla base della ragione induttiva, proiettando quest’ultima sulla realtà, in senso kantiano. Ribaltando l’ordine classico dei termini della conoscenza. La natura ha così fornito le risposte che la ragione umana si aspettava di ricevere, quasi imponendole il modello precostituito nel quale rientrare. 
Eppure, l’immagine cosmologica degli Scolastici funzionava alquanto bene, perché rifletteva il mondo così come è, nascendo dal mondo stesso. La loro osservazione dei fenomeni rispettava il contesto generale nel quale questi si svolgevano, senza astrarli cioè dalla dimensione concreta.
La cosmologia scolastica spiega la caduta di un corpo verso il suolo in senso quasi “geometrico”, come passaggio da luogo a luogo, da spazio a spazio, i solidi verso il basso ed i gas verso l’alto. Il mondo reale stratificato in quattro “spazi” sovrapposti, dal più denso al meno denso. Tutto questo in ordine alla realizzazione di un fine, presente anche negli enti inanimati. La natura di un corpo viene perciò assimilata allo scopo che esso deve realizzare in funzione della propria essenza.
San Tommaso afferma bene che una Causa primaria e finale sospinge il mondo. Il quale infatti «tende al bene, perché è attratto dal bene assoluto, dal bene in sé» (S. T. q. 103, 2). Questa causa è Dio, il Bene assoluto, che attrae a sé il mondo e lo governa, essendo «il fine di tutte le cose, come ne è anche il creatore: tutte le cose sono perciò soggette al governo, alla provvidenza divina» (S. T. q. 103, 5). L’exitus ed il reditus universalis, in quanto Dio è l’alfa e l’omega di tutto.
L’universo alla luce di questa spinta finalistica, ten­de a svilupparsi in forme sempre più alte e perfette, dalle sostanze inorganiche a quelle organiche e all’anima umana. Dal denso al meno denso. Fino alle forme insensibili, le intelligenze angeliche, superiori alle forme materiali ed a quelle composte da materia e spirito. La materia sottoposta allo spirito.
Vengono così classificati quattro tipi di movimenti: quello relativo alla sostanza: generazione e corruzione. Quello relativo alla qualità: mutamento o alterazione. Il movimento relativo alla quantità: aumentare o diminuire. Il movimento locale: lo spostamento da luogo a luogo.
Rientra in quest’ultima tipologia il movimento circolare tipico dei corpi celesti, allora considerati composti da sostanze ingenerate ed incorruttibili. Il moto circolare era infatti reputato tipico dell’etere, la famosa quintessenza aristotelica, che mantiene il movimento periodico e regolare dei corpi celesti, “perfetti ed immutabili”.
In effetti, quello circolare è l’unico moto che si mantiene nell’universo. I pianeti ruotano continuamente lungo le proprie orbite, con accelerazione costante. Una “causa” continua, che non corrisponde di certo alla “forza di gravità”, provoca gli effetti di accelerazione e decelerazione, facendoli procedere e regredire regolarmente lungo orbite prestabilite.
I fisici moderni come dicevamo ritengono che, come deus ex machina, siano la materia e l’energia “oscure” a celarsi dietro i misteri dell’universo in espansione, camuffando così dietro raffinatissimi schermi intellettivi il profondo buio di una conoscenza incerta, caparbiamente slacciata da ogni riferimento con la “trascendenza”. Infatti, formule e diagrammi a parte, non è che fisici e astronomi siano andati molto più avanti nella conoscenza dell’universo di quanto lo fossero i teologi medievali.
È anche bene sottolineare che nei Principia di Newton si legge che: «Ciascun corpo persevera nel proprio stato di quiete o di moto rettilineo uniforme, salvo che sia costretto a mutare quello stato da forze impresse». Invece, nell’universo fisico, e non mentale, sono pianeti e stelle a perseverare nei loro moti di rotazione e rivoluzione. Del resto nell’universo concreto, curvilineo, eterogeneo ed anisotropo, i moti rettilinei non possono che essere parziali e transitori.
In questo sdoppiamento tra realtà percepita e realtà razionalizzata avanza senza tregua la ricerca scientifica, cercando di perfezionare sempre più le sue teorie, perdendo sempre più di vista la realtà. Si guarda infatti uno “spettacolo” che si presenta continuamente davanti agli occhi e ci si concentra sulle elaborazioni mentali nel quale tale “spettacolo” viene trasformato in formule matematiche e tecniche di un linguaggio descrittivo.
Tutte queste supposizioni continuano ad ergersi una sull’altra, come un castello di carte, mentre la misteriosa “energia”, la tanto vituperata “Causa prima” dei medievali (che come sempre fa cadere le mele, ruotare i corpi celesti, trasformare le sostanze, dare vita e morte, inizio e termine ad ogni cosa e fenomeno), continua ad essere del tutto sconosciuta alla scienza che se ne interessa, ignorando del tutto l’esistenza e la presenza nel mondo del Dio creatore e trascendente.
Gli scienziati moderni infatti continuano a seguire le linee dell’orgoglio intellettuale e dell’amor proprio tracciate dal fin troppo esaltato, al tempo stesso mago e filosofo della natura, Sir Isaac Newton. Per mantenere in piedi il castello di carte della teoria della gravità essi furono costretti ad introdurre nella cosmologia i concetti di universo omogeneo ed isotropo, senza che vi fosse una base osservativa come fondamento.
La base osservativa dimostrava invece che l’universo nato dal big bang anziché di rallentare la sua espansione in virtù della forza gravitazionale, la accelerava. Ecco quindi la necessità di estrarre dal cappello l’idea di una dark energy, energia oscura, misteriosa ed invisibile, in grado di vincere la cosiddetta forza di gravità accelerando così l’espansione dell’universo.
Difficilmente i nostri scienziati riconosceranno di essersi inoltrati in un deserto sempre più arido e senza fondo. Questi moderni “preti della natura”, secondo un’espressione di Boyle, pur senza riconoscerlo, e probabilmente ignorandolo, continuano ad offrire le loro migliori energie mentali al dio kosmokrator, il demiurgo pitagorico, gelido ed inflessibile, del tutto indifferente verso i destini e le vicende umane. Il quale, anche grazie a teorie scientifiche sempre più astratte e fuori dal mondo immediatamente percepibile, si “nutre” e si consolida nelle menti di tutti noi, indotti a seguire in buona fede le indicazioni di questa nuova religione che evolve senza meta e senza fine. Follemente innamorata di se stessa, più che della verità.