In fondo, Einstein dà ragione a san
Tommaso ed agli scolastici, quando afferma che è la struttura geometrica dello
spazio-tempo a determinare la caduta dei corpi verso il basso, non certo la
misteriosa forza di attrazione gravitazionale newtoniana.
Difatti, al giorno d’oggi, l’idea di gravità
come la intendeva Newton è da tempo tramontata. Erik Verlinde è tra gli attuali
più qualificati assertori della non esistenza della gravità. Egli ha avanzato
in proposito una nuova ipotesi, forse ancora più oscura della criticata forza di
attrazione gravitazionale.
Sarebbe la fantomatica dark energy, energia oscura, la causa dell’unità
dell’universo, il fattore che trattiene le galassie dall’allontanarsi l’una
dall’altra. L’”energia oscura”, insieme alla “materia oscura” sono entità delle
quali non è mai stata (e mai verrà) provata in modo certo l’esistenza. Esse rappresenterebbero
il 96% dell’universo (23% di materia oscura ed il 73% di energia oscura). In
rapporto a queste due quantità fantasma, tutta la realtà percepita: terra,
pianeti, sole, stelle, ecc, costituirebbe il restante 4% dell’universo fisico.
Queste nuove ipotesi sono state
introdotte, come spesso accade nella scienza, per salvaguardare il quadro
classico dell’universo, sviluppatosi sulla base della fisica pitagorico-newtoniana.
Ed è probabile che ulteriori “fantasie razionali”, confortate da un potente
retroterra formalistico, si renderanno necessarie per preservare le
acquisizioni fondamentali della scienza moderna, proseguendo così secondo gli
indirizzi originari.
Il fenomeno della gravitazione ovviamente
è rimasto lo stesso durante il corso del tempo. Le mele cadono sempre nello
stesso modo. Quello che è mutato è la sua interpretazione. In genere si
irridono le spiegazioni aristoteliche riguardo alla caduta dei corpi. Ma non è
che la fisica moderna sia riuscita a chiarire le idee in proposito, anzi.
I fisici dovrebbero ammettere che al di
là delle loro complicatissime elaborazioni teoriche neanche loro sanno spiegare
cosa sia la “gravità”. Formule, diagrammi, “gravitoni”, “stringhe” …, costituiscono
come un antidoto per coprire l’ignoranza di fondo che accompagna da sempre questo
fenomeno.
Con queste ipotesi scientifiche non
certo alla portata di tutti, i fisici sono riusciti tuttavia a “monopolizzare”
ed “esoterizzare” lo studio della natura. Solo cerchie di specialisti sono in
grado di orientarsi in settori sempre più complicati della scienza, peraltro in
continua evoluzione. Gli altri si devono fidare della loro autorità derivante
dal peso delle loro lauree, specializzazioni, master, premi ecc.
Ogni epoca d’altronde interpreta il
mondo mediante gli indirizzi dettati dalla cultura dominante, fidandosi necessariamente
di “qualcuno”. Noi “moderni” ci fidiamo degli scienziati e della loro scienza
acquisita nelle più prestigiose università e laboratori di ricerca. Gli antichi
greci si fidavano dei filosofi i quali utilizzavano il rigore della logica
sulla base dei principi primi della metafisica. La certezza della realtà
percepita, il principio di non contraddizione, ecc.
I medievali si fidavano dei teologi e
della sapienza divina ad essi infusa, il lumen
gloriae, in rapporto alla santità di vita. La nostra dottrina insegna
infatti che in seguito al peccato originale, l’uomo ha perduto la vera conoscenza,
pertanto la sua ragione è come adombrata dalla macchia originaria. Solo un
intenso e sincero legame con Dio, può ricondurre l’uomo, per quanto possibile,
alla conoscenza del mondo, secondo l’ottica di Dio e non dell’uomo. Anche se
come diceva sant’Agostino il rapporto è sempre quello del bicchierino rispetto
al mare.
Nel Rinascimento, con il tramonto della
metafisica, alla figura del “santo” sapiente conoscitore ed amministratore dei
segreti naturali subentrò quella del mago-scienziato, il filosofo della natura,
che a sua volta ha lasciato il posto a quella dello scienziato, così come lo
intendiamo al giorno d’oggi.
L’uomo ha dunque cercato di conoscere
la realtà sulla base della ragione induttiva, proiettando quest’ultima sulla
realtà, in senso kantiano. Ribaltando l’ordine classico dei termini della
conoscenza. La natura ha così fornito le risposte che la ragione umana si
aspettava di ricevere, quasi imponendole il modello precostituito nel quale
rientrare.
Eppure, l’immagine cosmologica degli
Scolastici funzionava alquanto bene, perché rifletteva il mondo così come è,
nascendo dal mondo stesso. La loro osservazione dei fenomeni rispettava il
contesto generale nel quale questi si svolgevano, senza astrarli cioè dalla
dimensione concreta.
La cosmologia scolastica spiega la
caduta di un corpo verso il suolo in senso quasi “geometrico”, come passaggio
da luogo a luogo, da spazio a spazio, i solidi verso il basso ed i gas verso
l’alto. Il mondo reale stratificato in quattro “spazi” sovrapposti, dal più
denso al meno denso. Tutto questo in ordine alla realizzazione di un fine,
presente anche negli enti inanimati. La natura di un corpo viene perciò
assimilata allo scopo che esso deve realizzare in funzione della propria
essenza.
San Tommaso afferma bene che una Causa
primaria e finale sospinge il mondo. Il quale infatti «tende al bene, perché è attratto dal bene assoluto, dal bene in sé»
(S. T. q. 103, 2). Questa causa è Dio, il Bene assoluto, che attrae a sé il
mondo e lo governa, essendo «il fine di
tutte le cose, come ne è anche il creatore: tutte le cose sono perciò soggette
al governo, alla provvidenza divina» (S. T. q. 103, 5). L’exitus ed il reditus universalis, in quanto Dio è l’alfa e l’omega di tutto.
L’universo alla luce di questa spinta finalistica,
tende a svilupparsi in forme sempre più alte e perfette, dalle sostanze
inorganiche a quelle organiche e all’anima umana. Dal
denso al meno denso. Fino alle forme insensibili, le intelligenze
angeliche, superiori alle forme materiali ed a quelle composte da materia e
spirito. La materia sottoposta allo spirito.
Vengono così classificati quattro tipi
di movimenti: quello relativo alla sostanza: generazione e corruzione. Quello
relativo alla qualità: mutamento o alterazione. Il movimento relativo alla
quantità: aumentare o diminuire. Il movimento locale: lo spostamento da luogo a
luogo.
Rientra in quest’ultima tipologia il
movimento circolare tipico dei corpi celesti, allora considerati composti da
sostanze ingenerate ed incorruttibili. Il moto circolare era infatti reputato
tipico dell’etere, la famosa quintessenza aristotelica, che mantiene il
movimento periodico e regolare dei corpi celesti, “perfetti ed immutabili”.
In effetti, quello
circolare è l’unico moto che si mantiene nell’universo. I pianeti ruotano
continuamente lungo le proprie orbite, con accelerazione costante. Una “causa”
continua, che non corrisponde di certo alla “forza di gravità”, provoca gli
effetti di accelerazione e decelerazione, facendoli procedere e regredire
regolarmente lungo orbite prestabilite.
I fisici
moderni come dicevamo ritengono che, come deus
ex machina, siano la materia e
l’energia “oscure” a celarsi dietro i misteri dell’universo in espansione, camuffando
così dietro raffinatissimi schermi intellettivi il profondo buio di una
conoscenza incerta, caparbiamente slacciata da ogni riferimento con la
“trascendenza”. Infatti, formule e diagrammi a parte, non è che fisici e
astronomi siano andati molto più avanti nella conoscenza dell’universo di
quanto lo fossero i teologi medievali.
È anche bene sottolineare che nei
Principia di Newton si legge che: «Ciascun
corpo persevera nel proprio stato di quiete o di moto rettilineo uniforme,
salvo che sia costretto a mutare quello stato da forze impresse». Invece, nell’universo
fisico, e non mentale, sono pianeti e stelle a perseverare nei loro moti di
rotazione e rivoluzione. Del resto nell’universo concreto, curvilineo, eterogeneo
ed anisotropo, i moti rettilinei non possono che essere parziali e transitori.
In questo sdoppiamento tra realtà
percepita e realtà razionalizzata avanza senza tregua la ricerca scientifica,
cercando di perfezionare sempre più le sue teorie, perdendo sempre più di vista
la realtà. Si guarda infatti uno “spettacolo” che si presenta continuamente
davanti agli occhi e ci si concentra sulle elaborazioni mentali nel quale tale
“spettacolo” viene trasformato in formule matematiche e tecniche di un
linguaggio descrittivo.
Tutte queste supposizioni continuano ad
ergersi una sull’altra, come un castello di carte, mentre la misteriosa
“energia”, la tanto vituperata “Causa prima” dei medievali (che come sempre fa
cadere le mele, ruotare i corpi celesti, trasformare le sostanze, dare vita e morte,
inizio e termine ad ogni cosa e fenomeno), continua ad essere del tutto
sconosciuta alla scienza che se ne interessa, ignorando del tutto l’esistenza e
la presenza nel mondo del Dio creatore e trascendente.
Gli scienziati moderni infatti
continuano a seguire le linee dell’orgoglio intellettuale e dell’amor proprio
tracciate dal fin troppo esaltato, al tempo stesso mago e filosofo della
natura, Sir Isaac Newton. Per mantenere in piedi il castello di carte della
teoria della gravità essi furono costretti ad introdurre nella cosmologia i
concetti di universo omogeneo ed isotropo, senza che vi fosse una base
osservativa come fondamento.
La base osservativa dimostrava invece che
l’universo nato dal big bang anziché di rallentare la sua espansione in virtù
della forza gravitazionale, la accelerava. Ecco quindi la necessità di estrarre
dal cappello l’idea di una dark energy, energia oscura, misteriosa ed
invisibile, in grado di vincere la cosiddetta forza di gravità accelerando così
l’espansione dell’universo.
Difficilmente i nostri scienziati
riconosceranno di essersi inoltrati in un deserto sempre più arido e senza
fondo. Questi moderni “preti della natura”, secondo un’espressione di Boyle,
pur senza riconoscerlo, e probabilmente ignorandolo, continuano ad offrire le
loro migliori energie mentali al dio kosmokrator,
il demiurgo pitagorico, gelido ed inflessibile, del tutto indifferente verso i
destini e le vicende umane. Il quale, anche grazie a teorie scientifiche sempre
più astratte e fuori dal mondo immediatamente percepibile, si “nutre” e si
consolida nelle menti di tutti noi, indotti a seguire in buona fede le indicazioni
di questa nuova religione che evolve senza meta e senza fine. Follemente
innamorata di se stessa, più che della verità.