domenica 31 marzo 2013

IL FUOCO DI PROMETEO




Il mito narra che Prometeo rubò i semi del fuoco divino e li diede agli uomini, dopo che questi ne furono privati per punizione da Zeus. Il quale ulteriormente li punì, inviando loro Pandora, con il famoso vaso che conteneva tutti i mali. Gli uomini riebbero il fuoco, non disgiunto dal male.
D’altra parte, la storia sacra attesta il tentativo di Simon mago di acquisire illecitamente i doni che lo Spirito Santo aveva elargito agli Apostoli e che suscitavano tanta meraviglia tra i pagani. Molti dei quali infatti riconoscendo l’opera divina in quegli uomini così modesti si lasciavano attrarre dalla dottrina da essi predicata, convertendosi a Cristo. Simon mago venne duramente riprovato da San Pietro perché cercò di acquistare con denaro i doni dello Spirito Santo (At 8, 9). Il suo peccato nei secoli divenne simbolo del tentativo di acquisizione illecita dei doni di grazia.
La ricerca gnostica dell’acquisizione della salvezza mediante una conoscenza slacciata dal rapporto amorevole con Dio riproduce nel tempo la biblica trasgressione dell’uomo circa il frutto della pianta del bene e del male (Gn 3). Riecheggiò nella storia il tentativo illecito dell’uomo di risalire fino a Dio.
I popoli arcaici videro nel sole il dio terreno datore di vita e benessere. Essi riuscirono a produrre ed utilizzare il fuoco che dall’astro discendeva in senso profano e sacro. Per riscaldarsi, nutrirsi, difendersi dalle avversità climatiche e dalle bestie selvatiche. E poiché segno del sole, tenuto acceso sull’altare ove venivano offerti sacrifici propiziatori.
Da sempre il fuoco è elemento di potere, forza ed energia immanente. Il sole trasmette il suo calore. La terra lo immagazzina in forma di energia come residuo dei combustibili fossili, carbone, petrolio, gas metano. Come variazione di pressione, formazione di nuvole e del vento. Come irraggiamento solare che consente la vita biologica.
La natura è movimento, diceva Aristotele. Ed il movimento è energia, afferma la fisica. Natura ed energia rappresentano dunque come due categorie collegate. Due facce diverse di una stessa “entità”. La potenza che si trasforma in atto. Per San Tommaso: l’Essere che si trasmette per partecipazione dando luogo agli enti naturali e spirituali. Per gli esoteristi invece: indefinita “energia”, anche intesa come anima mundi, ossia una sorta di Spirito divino.
Ad esempio, Guglielmo di Conches, scriveva che: “L’Anima del mondo è una energia naturale in base alla quale alcune di esse possono muoversi, altre crescere, altre sentire, altre discernere”. Per poi affermare: “Ma ci si chiede cosa sia quell’energia. Ma, a me sembra, quell’energia naturale è lo Spirito Santo, ossia una divina e benigna armonia che è ciò da cui tutte le cose hanno l’essere, il muoversi, il crescere, il sentire, il vivere, il giudicare”.
Gli ermetisti di ogni epoca sostengono l’esistenza di uno spirito sottilissimo, creatore e rettore del mondo, presente nel grande corpo vivente della natura. La ricerca di questo spirito universale ed il suo sfruttamento rappresenta il fine primario delle ricerche alchemiche. La ricerca della pietra filosofale. La realizzazione della “grande opera”. L’utopia del paradiso in terra.
Da un centinaio d’anni il mitico fuoco-energia, venerato nelle forme arcaiche di Baal, Horus-Helios e dai pitagorici posto al centro del mondo, è stato rinvenuto all’interno della materia, in forma di energia nucleare. Ne esplicita il valore, la famosa formula di equivalenza di Einstein, E = mc2.
La nostra epoca differisce da quelle del passato essenzialmente perché ha imparato ad individuare, accumulare e sfruttare il fuoco-energia contenuto nei corpi materiali. Il mito prometeico ha preso consistenza nell’attuale società, all’interno della quale sembrano essersi realizzati i sogni ed i proclami di quanti avviarono la rivoluzione esoterica negli anni rinascimentali. Insieme all’apertura del vaso di Pandora.
I risultati della scienza moderna hanno dunque radici arcaiche. Ermetisti, alchimisti, maghi-scienziati tutti si impegnarono nella ricerca dei segreti della natura e del loro sfruttamento. La manipolazione dell’etere, inteso come campo energetico di elevata potenza circolante in tutto l’universo. Essenza dell’anima mundi, fattore che animerebbe ogni cosa e l’organismo interno del cosmo, inteso come essere vivente, sostenevano gli esoteristi rinascimentali, mantenendo vivo il fuoco sul quale ribollivano gli atanor interiori.
«Come il metallo vile viene fatto morire nel crogiolo perché possa rinascere purificato come metallo perfetto e immortale (l’oro), così l’alchimista (su un diverso piano) persegue un processo di morte e purificazione spirituali per riconquistare la perfezione dell’uomo edenico», (A. De Pascalis, Il Parmigianino e l’alchimia, sito Airesis).

La pretesa trasformazione del metallo in oro, simbolo dell’emancipazione interiore dell’alchimista, è funzione del fuoco che crea fermento nel crogiolo. Quest’energia fisica rispecchia quella interiore. Come gli alchimisti trasformavano il proprio io manipolando gli elementi, dominando e dosando l’energia che serviva alla fusione dei metalli, così la trasformazione dell’energia contenuta della materia, l’evoluzione della tecnica, ha prodotto l’emancipazione dell’uomo e della nostra società rispetto a quella del passato.
Non è avvenuto soltanto quanto scritto da I. P. Coleanu. Ossia che «L’elettricità, i mezzi di trasporto veloci, la radio e la televisione, l’aereo e il computer sono state la realizzazione delle promesse che per prima la magia aveva formulato e che rientravano nell’arsenale dei procedimenti soprannaturali del mago, come produrre la luce, spostarsi istantaneamente nello spazio, comunicare con lontane regioni dello spazio, volare nell’aria e disporre di una memoria infallibile. La tecnologia si può ben dirlo è una magia democratica che permette a tutti di godere delle facoltà straordinarie di cui si vantava il mago» (I. P. Culianu, Eros e magia nel rinascimento, Boringhieri, Torino 2006, p.163).
È avvenuto di più. La tecnologia infatti ha agito sulle anime di tutti come il fuoco agiva sugli alchimisti, trasformando il metallo grezzo della loro anima in “altro”. L’uomo profano in vagheggiato uomo prometeico. Questo perché la scoperta ed utilizzazione dell’energia fisica, ha risvegliato e scoperto l’energia psichica-erotica. La quale ha guidato la ricerca scientifica, proprio per giungere attraverso di essa alla trasformazione dell’uomo religioso in preteso uomo edenico. La società umana ha quindi optato per i doni della tecnica, adombrando quelli dello Spirito Santo derivanti dalla vita interiore rappotata a Dio. Salvo taluni, tutti sono divenuti come elettrico-dipendenti, uomini tecnologici più che religiosi.
L’energia psichica ha individuato l’energia fisica, la “ragione” l’ha estratta ed utilizzata tecnologicamente, imitando i poteri dell’anima. La televisione richiama la chiaroveggenza, il computer potere della memoria e la fantasia, il telefono la telepatia, le automobili la telecinesi i viaggi astrali, ecc.
Il fuoco prometeico, la mela dell’antico serpente, propone dunque una falsa copia dei doni dello Spirito Santo. L’energia luciferina, tanto proclamata dalla Blavatzkj, come materializzandosi viene gestita da un potere surrettizio che se ne è impossessata per guidare e fondere come metalli le masse, per condizionarle, manipolarle in funzione dei bisogni collegati alle offerte del “mito tecnologico”.
Il fuoco prometeico, l’oro astrale, che il sole trasmette insieme alla sua luce visibile costituisce quell’energia che permea tutto l’universo, è ormai divenuto parte stessa di noi. Tutto infatti «ne è penetrato nella distesa dei cieli sulla terra e nelle sue viscere. Noi respiriamo continuamente questo oro astrale, queste particelle solari penetrano nei nostri corpi e ne esalano senza posa» (L. de Saint-Didier, Le Trionphe Hermetique, Paris 1971, p. 164).
Slacciato da se stesso, posto in uno stato di coscienza superficiale dal turbinio di prodotti tecnologici, perennemente immerso in un moto che non si risolve, creando bisogni su bisogni, corse su corse, l’uomo è insomma vittima dell’estrazione e sfruttamento deviato dello “spirito della natura”, o spirito solare.
La Grande Opera, la liberazione di Heros, perseguita dalla ricerca alchemica di ogni tempo è infatti giunta alla dimensione pubblica. Il fuoco prometeico, l’energia primordiale contenuta all’interno della materia, la stella fiammeggiante ha risvegliato di riflesso quella sepolta nelle profondità dell’uomo, nelle sue strutture più istintive ed animalesche.
Lo spirito ribelle, il Lucifero-energia della Blavatzkj, slacciando la ragione dalla fede, ribaltandone il rapporto di armonia e coesione, è fuoriuscito dal vaso di Pandora, ha divelto la copertura ermetica ed è semplicemente debordato nel cuore degli uomini. Così Heros, potenza cosmica, psichica e fisica, ha mosso le trame della rivoluzione esoterica ed erotica che ha sovvertito i valori classici della morale e dell’etica all’interno dell’individuo e della società.
Si è così definita un’entropia sociale ed individuale sempre in crescita verso stati di confusione maggiore, alimentata dall’amor sui, dall’eros individuale e sociale, dal fuoco interiore inteso come riflesso di quello erotico-solare. Fuoco che consuma e brucia in ierogamie perverse gran parte dell’umanità, inconsapevole di alimentare lo stesso fuoco che la disgrega giorno per giorno.
Tutto questo, in pena dell’aver trascurato Cristo, vero Fuoco, che arde e non consuma il roveto delle nostre anime contorte. Fuoco che purifica dai riflessi erotici e depravati dell’amore carnale, il quale si estende come luce benefica verso tutti, trascendendo il sé, riflettendo i doni che discendono dall’inesauribile Sorgente.
A tale Fonte d’Amore, che infiamma chi si accosta, la preghiera riparatrice di Santa Margherita Alacoque: «Mio Dio Ti offro l’amatissimo tuo Figlio in ringraziamento dei benefici che ricevo da Te. Te l’offro al posto di ogni mia domanda, di ogni mia offerta e adorazione, al posto di tutti i miei propositi. Te l’offro infine come mio Amore e mio Tutto. Ricevi in Lui, Padre, tutto ciò che da me desideri, perché non ho altri da offrirti che sia degno di Te, se non Colui che mi dà tanta gioia e tanto amore».


martedì 12 marzo 2013

CULTI PRIVATI E MANIE COLLETTIVE




I risvolti della “potenzialità creatrice” dell’uomo sono del tutto particolari, perché investono anche il lato psichico e “sacro”. Creato ad immagine di Dio, posto nel cuore del creato come anello di giuntura fra la dimensione visibile ed invisibile, per riconoscere, servire e celebrare il Creatore a partire dagli elementi visibili, l’uomo è stato investito in diversa misura di poteri esclusivi.
Oltre a poter generare vita biologica, come tutti gli altri esseri viventi, egli è in grado di generare vita anche nel piano spirituale e psichico. Questo potere era noto fin dall’antichità, quando le dimensioni ordinaria e straordinaria non erano così separate come nel tempo moderno.
Le antiche religioni animistiche attraverso la mediazione di sciamani, negromanti, maghi-sacerdoti creavano idoli nel piano astrale adorandoli, attribuendo culto e latria, attraverso l’offerta rituale di sacrifici. Tutto questo rafforzava le “divinità” determinate, ponendole in relazione con i loro celebranti. Maggiori offerte, maggiori vantaggi e potere.
I Celti ad esempio come cacciatori di teste: «decapitavano frequentemente le loro vittime di guerra e offrivano i loro trofei agli dei nei templi o li conservavano nelle loro dimore come beni preziosi. Diodoro Siculo, Livio e Strabone documentano tutti tali pratiche» (M. J. Green, Dizionario di mitologia celtica, Bompiani, Milano 2003, p. 110). In tali cerimoniali, sangue e sesso costituivano gli elementi particolarmente ricercati dai totem che raffiguravano le evanescenti e crudeli entità protettive così idolatrate.
Quando i materialisti dello scorso secolo affermavano che l’uomo ha creato Dio, si riferivano proprio a questo aspetto. Ossia, al potere della mente di creare forme spirituali, le quali costituiscono come dei “vortici astrali” ai quali fanno capo le persone che le hanno determinate e sviluppate attraverso rituali a sfondo sessuale e sadico. Il sesso per attrarre, il sangue per soddisfare.
È noto che le assurdità abbondano, ove la Fede tramonta. E spiegare razionalmente l’irrazionale diventa altrettanto irrazionale. Tuttavia, proprio nella nostra epoca così tecnologicamente avanzata, questi aspetti superstiziosi più arcaici della religiosità pagana sono ritornati alla ribalta e rilanciati sotto vesti accattivanti dalla cultura “esoterica”, sempre più diffusa dai mezzi di comunicazione sociale. Anche in forme bizzarre. Quali il culto della morte.
Possiamo dire con certezza che dalle nostre parti, l’evocazione della morte è in genere ancora accompagnata da una “genuina” superstizione. Gesti scaramantici più o meno palesati. Questo perché la morte ha di per sé un che di crudele e di innaturale. Afferma il libro della Sapienza:
«Dio non ha creato la morte e non gode della rovina dei viventi. Egli ha infatti creato tutte le cose perché esistano; le creature del mondo sono portatrici di salvezza, in esse non c’è veleno di morte, né il regno dei morti è sulla terra. La giustizia infatti è immortale. Sì. Dio ha creato l’uomo per l’incorruttibilità, lo ha fatto a immagine della propria natura. Ma per l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo e ne fanno esperienza coloro che le appartengono» (1,13-15; 2,23-24).

Specialmente nel Centro America, invece, la morte venerata nelle forme della «Santa Muerte». In particolare, a Ciudad Juárez e nella stessa Città del Messico, in mano alla narcomafia, dove negli ultimi anni sono scomparse misteriosamente centinaia di donne, sorgono “chiese” dedicate a questa divinità alquanto disumana. Si dice che la «Santa Muerte» sia la patrona dei narcotrafficanti. I quali la onorano con tanta devozione, per ottenere la grazia dello sterminio dei nemici.
Essa è raffigurata con uno scheletro, con la fatidica falce, rivestito come la Madonna di Guadalupe, apparsa sempre da quelle parti al povero contadino, oggi santo, Juan Diego. Stessa iconografia, stessi paramenti sacri, corone, collane, mantelli di colore diverso a seconda delle “grazie” da ottenere. Stessa lettera iniziale «M» di Mamma, Madonna, Maria (e di mafia, massoneria).
I fedeli portano questa statua in processione, convinti di ottenere vantaggi attraverso la recita del “rosario”, liturgie particolari, “offerte devozionali” davvero di tutti i tipi: teste, mani mozze, corpi martoriati, sangue degli avversari. Si dice che i narcos più “devoti” possiedano altari lussuosi nelle loro ville, ai piedi dei quali depongono con discrezione e riconoscenza i loro “doni”.
Con la punta di orgoglio tipico dell’ignoranza, questa “mania” viene fatta risalire ai popoli Maya ed Atzechi. I quali da quelle parti come si sa celebravano insieme al dio sole, una divinità complementare denominata Mictlantecutli, dominatrice del regno dei morti, il funereo ed infernale Mictlan. Sono noti peraltro i sacrifici umani offerti a tali divinità per secoli e secoli, prima di essere civilizzati dai missionari cattolici.
Comunque, malgrado gli aspetti macabri e violenti, il culto della «Santa Muerte» continua a diffondersi, rafforzando così l’idolo creato, la “sacra eggregora”. Solo in Messico, i fedeli sono più di tre milioni. Ma il numero è in via di espansione, anche perché per molti versi connesso alla cultura nichilista ed all’uso della droga.

I giovani sono le principali vittime di questa contro cultura collegata all’uso della droga. Gli allievi della pedagogia illuministico-massonica, slacciati sempre più dalle linee pedagogiche tradizionali, dall’educazione ed istruzione religiosa che invece costituiva la base delle generazioni passate, nel bene e nel male.
Oggi, senza difese spirituali, senza guide affidabili, tra famiglie dissestate e società decadente, moltitudini di giovani seguono le “mode disgreganti” sottilmente imposte dalla tecnocrazia dei media. Alla luce della moderna libertà etica e sessuale, soltanto nel 2010 in Inghilterra hanno abortito 38269 adolescenti (Avvenire, 20 maggio 2012). Considerando che ogni aborto costituisce innanzitutto un’offesa a Dio, una negatività, un’inversione del flusso naturale sempre proteso verso il pieno sviluppo della vita, si può comprendere lo spessore dell’oscura nube psichica ricopre oggi il nostro mondo, le nostre intimità.
Nuvola determinata a partire dal rinascimento, sostenuta dalle migliori menti che hanno indirizzato storia e cultura, ma che come Salomone sono state soggiogate dagli idoli “stranieri”. Da Cartesio a Newton, Nietzsche, ai “poeti maledetti”, da Breton a Jung, fino alle musiche rock ed ai mega raduni musicali a base di alcool e droghe di vario genere.
Tramontate dunque le ottimistiche utopie proclamate dai circoli rinascimentali che attendevano con entusiasmo una nuova epoca emancipata, aconfessionale e tollerante verso tutte le fedi, si delinea sempre più cosa effettivamente si celava dietro quegli ottimistici proclami: un punto di svolta, un’inversione di marcia, una sorta di “solstizio” etico e religioso. Il ritorno nel passato tenebroso ove dominavano quegli idoli soggiogati per secoli dalla Romanità. Idoli che richiedono un prezzo in cambio del fuoco prometeico che mantiene la società nell’attuale stato di progresso tecnologico condito di caos sociale, di degenerazioni sessuali e violenze dissimulate o palesi.
I vertici abissali infatti non hanno cambiato gusto rispetto ai tempi antichi. Teste mozze, sangue, sadismo sessuale. Segretamente celebrati e rafforzati da ristrette cerchie di moderni cultori, essi agiscono di nuovo sulle masse, sulle grandi quantità, generando intimi bisogni, delusioni, aggressività. Culti privati e manie collettive si addensano così sugli uomini, come una nebbia psichica, fumus satanae, quasi adombrando quel Cristo-Sole, Verità, Via, Vita che nessuna nuvola potrà mai oscurare.






domenica 3 marzo 2013

"UN ENORME PUNTO DI SVOLTA"




Avvicinandosi con i suoi discepoli a Gerusalemme, per celebrare l’ultima Pasqua del tempo antico e la prima del tempo nuovo, Gesù profetizzò l’abominio della desolazione sedersi nel “luogo santo” (Mt 24, 15) e la caduta del Tempio, come simboli premonitori della fine del mondo. Risuonavano in quei passi, nella campagna rinascente, parole incredibili a credersi: «Dio manderà i suoi angeli con una grande tromba e raduneranno tutti i suoi eletti dai quattro venti, da un estremo all’altro dei cieli» (Mt 24, 31).
I discepoli sapevano benissimo che Gesù non parlava a vuoto, tanto per dire qualcosa durante il viaggio. Ma tutto quanto diceva avveniva, in quanto parola di Dio. Eppure doveva sembrare impossibile che quel mondo che si presentava davanti ai loro occhi in tutta la sua bellezza, in quella giornata di primavera, sarebbe stato sconvolto e distrutto, Tempio compreso.
Nel maestoso Tempio che svettava su Gerusalemme, ricostruito da Erode nel 37-34, era contenuto l’inviolabile tabernacolo, il Sancta Sanctorum, nel quale era presente la Shekinah, la presenza reale del Dio vivente. In quel luogo santo per eccellenza, «entra solo il Sommo Sacerdote, una volta all’anno, e non senza sangue (non sine sanguine), che egli offre per i peccati di ignoranza suoi e del popolo», scrive san Paolo agli Ebrei (Eb 9, 7).
La distruzione del Tempio materiale avvenne puntualmente per opera delle truppe di Tito, nel 70 d. C. Sulle macerie di quel luogo, i Romani issarono una figura dell’abominio della desolazione, la statua dell’idolo Giove Capitolino. Il quale, scrive Macrobio (Saturnalia 1, 17-23), come tutti gli dei del paganesimo era espressione, sotto nomi di diversi di un’unica divinità, il Sole. Macrobio fornisce una lista significativa, peraltro non esaustiva perché priva di Mitra, di divinità correlate al Sole: Apollo, Liber Pater, Marte, Mercurio (Hermes), Esculapio, Ercole, Serapide, Adone, Osiride, Horus, Pan (Inuus), Saturno, Giove, l’Adad degli assiri.
L’evangelista Matteo lascia intendere che fine di Gerusalemme costituisce la punizione divina per il rifiuto di Gesù e degli apostoli da parte degli Ebrei (Mt 23, 36-38). Giuseppe Flavio, che dedicò alla conquista e distruzione del Tempio da parte dei Romani l’opera De Bello Judaico, confermò tale indicazione: «A mio avviso, Dio si allontanò dalla nostra città e giudicando che il Tempio non era più una residenza pura, incitò contro di noi i Romani e lanciò sulla città la fiamma purificatrice, infliggendo la servitù ai suoi abitanti, alle loro donne ed ai loro bambini, per renderci più saggi attraverso queste calamità».
La storia sacra insegna che ogni qualvolta gli Israeliti si allontanavano da Dio subivano sistematicamente sconfitte, invasioni, deportazioni. Questo si è ripetuto dai tempi di Noè, fino ai nostri giorni. La fede in Dio è infatti garanzia di protezione, sviluppo, benessere individuale e collettivo. Ma se la fede vacilla, le mura crollano, il livello delle acque si innalza, l’anomia corrompe l’ordine interno che discende dall'Onnipotente. Il tempio va in rovina, perché Dio si ritira e lo abbandona alle sorti del mondo.
Quando Cristo venne accusato di scacciare i demoni in nome di Beelzebul, principe dei demoni, anch’esso espressione pagana della divinità solare, rispose che un regno diviso in se stesso cade in desolazione: «Omne regnum divisus contra se desolatur, et omins civitas vel domus divisa contra se non stabit» (Mt 12, 25). Ben sapeva infatti Gesù che la tattica del maligno per dominare sugli uomini è proprio quella del divide et impera, scindere l’unità, raccolta dall’Amore, in parti che, se unite, lo sconfiggerebbero rapidamente.
Con questa stessa logica, il fumus satanae è penetrato nella Chiesa, producendo in essa una manifesta divisione, a partire dal Vaticano II. Il Concilio che segnò un punto di svolta epocale all’interno del corpo ecclesiale. Lo stesso Ratzinger lo dichiarò in un ciclo di conferenze radiofoniche nel 1969: «Siamo a un enorme punto di svolta nell’evoluzione del genere umano. Un momento rispetto al quale il passaggio dal Medioevo ai tempi moderni sembra quasi insignificante …la Chiesa non sarà più in grado di abitare gli edifici che ha costruito in tempi di prosperità. Con il diminuire dei suoi fedeli perderà anche gran parte dei privilegi sociali» (http://www.segnideitempi.org/la-profezia-dimenticata-di-ratzinger-sul-futuro-della-chiesa/chiesa/la-profezia-dimenticata-di-ratzinger-sul-futuro-della-chiesa/).
Dopo il 1960, all’interno del corpo mistico di Cristo, si sono consolidate due tendenze assai difficilmente conciliabili, alle quali corrispondono due gruppi opposti di fedeli, quelli legati alla Tradizione ed i sostenitori della modernizzazione ecclesiale. Nel frattempo, la Chiesa ha perso credibilità, prima ancora che privilegi. La società riflette questa crisi di fede religiosa nel segno della corruzione, violenza, confusione registrate nelle cronache quotidiane. Ed «a causa del dilagare dell’iniquità», l’amore di molti si sta raffreddando (Mt 24, 12).
Per tale ragione, forse, il Santo Padre ha sconvolto una prassi millenaria, rassegnando irrevocabili dimissioni dal soglio pontificio, divenendo così il primo Papa emerito. Questo suo gesto è interpretabile come un “divorzio” (consensuale) dall’eletta Sposa, che è una sola cosa con Cristo. Divorzio segnato dalle stesse raccomandazioni sussurrate ai figli da genitori che dolorosamente si separano e si preoccupano di rassicurarli che comunque continueranno ad amarli e ad operare meglio per loro.
Analogamente, il Papa, “divorziato” dal suo ruolo, ha cercato di rassicurare i fedeli promettendo (se ce ne fosse bisogno) che continuerà a pregare per la Chiesa. Lo farà persino meglio, finalmente libero di concentrarsi nei suoi diletti studi, nel proficuo ora et labora che ha segnato e segna la vita di santi monaci ed eremiti.
Un Pontefice che a differenza dei suoi illustri Predecessori, altrettanto travagliati e perseguitati, spesso martirizzati, abbandona il mandato divino, segna davvero un “enorme punto dio svolta” non privo di risvolti escatologici. Difatti, questo gesto del tutto inconsueto e “moderno”, annunciato nell’anno della Fede proprio dal Papa che lo ha indetto, deve gradevolmente risuonare nei fondi dei pestilenziali abissi, ove è relegato «colui che seduce tutta la terra» (Ap 12, 9), il fatidico mysterium iniquitatis.
Spiegava l’Apostolo alla comunità dei Tessalonicesi che il mysterium iniquitatis era già in atto. Tuttavia, la sua piena manifestazione sarebbe avvenuta solo in seguito alla caduta del katecon, l’ostacolo che lo trattiene (tantum qui tenet). Prima di questo, dovrà avvenire l’apostasia. Ossia, la rottura, l’abbandono: nisi venerit discessio primum (2 Tess 2, 7). La parola “apostasia” è tradotta in latino con il termine discessio, che significa allontanamento, separazione, divorzio.
Per San Tommaso, ciò che trattiene l’anticristo, e che costituisce come una barriera di fronte al male, è l’unione e la sottomissione alla Chiesa Romana, sede e centro della fede cattolica e apostolica. Fino a quando la società rimarrà sottomessa all’impero spirituale romano, trasformazione dell’antico impero temporale, l’anticristo non potrà comparire: «Qui tenet, scilicet, romanum imperium, teneat illud donec ipsum fiat de medio. Quia medium est dum universiscircumquaque imperat, quibus ab ipso recedentibus, de medio anferetur, et tunc ille iniquus opportuno sibi tempore revelabitur»  (S. Thomas, Opusc. LXVIII, De Antichrist.).
Il Vicario di Cristo in terra, con le sue schiere di sacerdoti, religiosi, consacrati, christifideles ha tenuto saldamente nei secoli la “grande catena”, catenam magnam, (Ap 20) che trattiene l’anticristo. Il quale, fino a quando il Custode dell’ortodossia e della Tradizione Apostolica sarà ascoltato ed obbedito dalle sue milizie, non potrà fuoriuscire dagli abissi che lo contengono. Al contrario, il disordine fra le schiere dei religiosi, la disunione della base con il Vertice, la lotta interna delle fazioni segnerà l’allentamento della presa, l’apertura dell’abisso, la liberazione (in ogni caso transitoria) del maligno: solvetur satanas de carcere suo (Ap 20, 7).
Il sole divino, la luce vera che illumina ogni uomo (Gv 1, 9), oscurata nel cuore di molti fedeli emancipati ed adulti, inconsapevoli della loro presunzione. La Chiesa tradizionale, gerarchica e militante, eclissata e surclassata da quella moderna, democraticamente aperta verso un mondo che di principio la rifiuta. L’antica Liturgia stravolta e combattuta da quella imposta dal Vaticano II. Gerarchie ecclesiastiche implicate in scandali mondani, cadute sotto i colpi di coda del “drago rosso”, cauda eius trahit tertiam partem stellarum cieli et misit eas in terra (Ap 12, 4). Un Papa, come una nuova “star mediatica”, accerchiato da moltitudini di credenti a “modo loro” gestiti da giornali laicisti, incalzato da lupi più avvezzi ad usare la lingua che i denti, che abbandona il suo divino mandato.
Tutte queste rovine, nonché il “piccolo gregge” rimastogli fedele ed obbediente nei tempi più oscuri, vedeva il Signore in quel radioso giorno di primavera, avvicinandosi con i discepoli a Gerusalemme per offrire la sua vita al Padre. Segnando con il suo divino sacrificio la perfetta unità fra Dio e la Chiesa Romana: la Roccia contro la quale «portae inferi non prevalebunt» (Mt 16, 18).