mercoledì 2 novembre 2011

LA MATERIA “VUOTA”




Lo smarrimento dei fisici dello scorso secolo di fronte alla disgregazione della materia atomica, sembra riproporre con i dovuti distinguo, lo stupore provato dai primi discepoli di Cristo di fronte al sepolcro inspiegabilmente vuoto. Essi per forza di cose dovettero rendersi conto che il Corpo del Signore, la sua parte materiale, dopo la morte aveva acquisito qualità gloriose. Forze spirituali sconosciute alla natura che lo rendevano in grado di attraversare porte chiusi e mura, comparire e scomparire a piacimento, elevarsi al cielo, conoscere i pensieri, ecc.
In modo altrettanto inatteso, all’inizio del secolo scorso la materia dimostrò di essere “vuota” invece che “piena”. Radioattività, effetto fotoelettrico, diffrazione elettronica, ecc. provarono infatti che l’átomon, indiviso, non poteva più ritenersi come il granulo durissimo, indistruttibile, soglia inviolabile della materia. Al suo interno, sfuggevoli componenti si moltiplicavano comportandosi a volte come corpuscoli, a volte come onde. La materia solida e compatta così come in genere viene concepita aveva insomma dimostrato di possedere un incomprensibile grado di inconsistenza interna.
Per interpretare questi nuovi fenomeni fu necessario trascendere le concezioni classiche, riguardo alla struttura ed alle leggi della materia, per inquadrarli in una nuova teoria, la meccanica quantistica, del tutto inconciliabile non solo con la fisica ordinaria. Ma anche e soprattutto con la logica comune. Atomi e particelle infatti, non possono essere osservati, sono contemporaneamente qui e là ed anche dove non potrebbero essere, alla luce del tutto è probabilmente possibile.
I principi basilari della meccanica quantistica sono sostenuti da un potente formalismo matematico in grado di assorbire ed esorcizzare possibili turbamenti o eventuali critiche interne ed esterne.
Come in un sortilegio, dunque, la smaterializzazione della materia ha comportato una corrispettiva materializzazione del pensiero che la indaga, al punto che le complicate formule matematiche che descrivono le sue proprietà sono divenute l’inattaccabile sostanza della materia stessa. L’immaginazione razionale si è imposta sulla realtà, proprio come avviene nel campo della magia.
Come anticipando queste conclusioni, Heisemberg ebbe a dire che <<L’idea della obiettiva realtà delle particelle elementari si è quindi sorprendentemente dissolta, e non nella nebbia di una qualche nuova, poco chiara o ancora incompresa idea di realtà, ma nella trasparente chiarezza di una matematica che non rappresenta più il comportamento della particella, ma il nostro sapere sopra questo comportamento>>.
Secondo Heisemberg le particelle elementari del Timeo di Platone ai nostri giorni sono divenute elaborate forme matematiche: <<“Tutte le cose sono numeri” è una frase attribuita a Pitagora. Le sole forme matematiche disponibili a quei tempi erano forme geometriche come i solidi regolari o triangoli che formano le loro superfici. Nella moderna teoria quantistica non ci può essere dubbio alcuno che le particelle elementari saranno alla fine anch’esse forme matematiche, ma di una natura molto più complicata>>.
Rendendosi probabilmente conto della connessione mente-mondo che implicavano i nuovi aspetti scoperti nella materia, egli affermò che dopo le esperienze che diedero origine alla fisica quantistica concetti come mente, anima, Dio, vita, non potevano più essere analizzati attraverso lo stesso atteggiamento materialistico degli scienziati del secolo diciannovesimo, in quanto tali concetti, benché difficili da definire, toccano effettivamente qualcosa di reale.

L’apertura al misticismo della fisica moderna è stata autorevolmente varata da molti fisici della scuola di Copenaghen e Göttingen, i quali non disdegnarono di prendere in considerazioni prospettive estranee alla dimensione tangibile, tradizionalmente escluse da ogni analisi scientifica.
Lo stesso Pauli riteneva impossibile una netta distinzione fra scienza e religione, riandando alla filosofia medievale che distingueva, ma non separava, mente e materia, dal momento che tutto ciò che esiste, dagli oggetti celesti a quelli materiali, possiede una base spirituale. Egli quindi affermava che: <<Lo scopo importante ed estremamente difficile del nostro tempo è di tentare di costruire un’idea nuova di realtà. Questo è quello che intendo quando sottolineo continuamente che la scienza e la religione debbono essere in qualche modo connesse>>.
I principali interpreti della meccanica quantistica si posero pertanto su posizioni opposte a quelle adottate dalla scienza a partire dal XVII secolo, sulla base del cogito cartesiano. Cartesio infatti separò la res cogitans dalla res extensa, lo spirito dalla materia, attribuendo valore alla materia, allo spirito opinabilità. Le varie materie vennero unificate nella res extensa in un’unica estensione quantificabile, secondo le linee del monismo materialistico, che intende ricondurre il tutto all’uno materiale.
La pretesa che la molteplicità degli enti possa essere ricondotta alla sola dimensione materiale è tuttavia smentita dai fatti. Infatti, mediante la materia non si determina la riduzione del molteplice all’uno, ma la moltiplicazione all’infinito degli enti fisici.
Già san Paolo per rassicurare i fedeli di fronte al mistero del disfacimento e risurrezione dei corpi promessa dal Signore, spiegò la diversità insita della materia: <<Non ogni carne è la medesima carne; altra è la carne di uomini e altra quella di animali; altra quella degli uccelli e altra quella dei pesci. Vi sono corpi celesti e corpi terrestri, ma altro è lo splendore dei corpi celesti, e altro quello dei corpi terrestri>> (1 Cor 15, 39-40).
Quest’affermazione lascia intendere che nella materia sia inserito un fattore che la contraddistingue in qualità a seconda che si parli di un oggetto inanimato, di un organismo vegetale o animale, di un corpo dotato di spirito come quello umano. La “pasta” materiale che compone i corpi sensibili è la stessa. Ma fino ad un certo punto, perché le essenze e le perfezioni dei corpi sono diverse.
Ricordiamo che la filosofia scolastica prevede la distinzione della materia, intesa come elemento indeterminato, passivo, opposto alla “forma” che rappresenta invece l’elemento attivo della determinazione. San Tommaso specifica inoltre che la realtà materiale dipende oltre che dalla forma di un ente fisico, soprattutto dalla sua essenza ed esistenza, o “atto d’essere”, actus essendi. Dove per ente si intende <<tutto ciò che ha l’essere>>, quod habet esse.
Il dualismo tra il pieno ed il vuoto dei filosofi ionici è superato dalla prospettiva tomista. Non è il “pieno” infatti il fattore qualificante di un ente materiale, così come ha indicato Newton nella sua definizione di <quantità di materia>>. Il pieno rappresenta uno stato sottoposto a quello della forma e del “vuoto”. È nel vuoto infatti che si determina la forma che precede e determina la specificità di un ente materiale. Nella forma si inseriscono l’essenza e l’esistenza dell’oggetto che lo rendono reale e visibile. Tutta la realtà visibile ed invisibile insomma discende dalla volontà divina che si realizza attraverso il Verbo creatore, dal quale il sensibile trae essere, essenza ed esistenza: Via, Verità e Vita.