Lo smarrimento dei fisici dello
scorso secolo di fronte alla disgregazione della materia atomica, sembra
riproporre con i dovuti distinguo, lo stupore provato dai primi discepoli di
Cristo di fronte al sepolcro inspiegabilmente vuoto. Essi per forza di cose dovettero
rendersi conto che il Corpo del Signore, la sua parte materiale, dopo la morte aveva
acquisito qualità gloriose. Forze spirituali sconosciute alla natura che lo
rendevano in grado di attraversare porte chiusi e mura, comparire e scomparire
a piacimento, elevarsi al cielo, conoscere i pensieri, ecc.
In
modo altrettanto inatteso, all’inizio del secolo scorso la materia dimostrò di
essere “vuota” invece che “piena”. Radioattività, effetto fotoelettrico,
diffrazione elettronica, ecc. provarono infatti che l’átomon, indiviso, non poteva più ritenersi come il granulo
durissimo, indistruttibile, soglia inviolabile della materia. Al suo interno, sfuggevoli
componenti si moltiplicavano comportandosi a volte come corpuscoli, a volte come
onde. La materia solida e compatta così come in genere viene concepita aveva insomma
dimostrato di possedere un incomprensibile grado di inconsistenza interna.
Per
interpretare questi nuovi fenomeni fu necessario trascendere le concezioni
classiche, riguardo alla struttura ed alle leggi della materia, per inquadrarli
in una nuova teoria, la meccanica quantistica, del tutto inconciliabile non
solo con la fisica ordinaria. Ma anche e soprattutto con la logica comune. Atomi
e particelle infatti, non possono essere osservati, sono contemporaneamente qui
e là ed anche dove non potrebbero essere, alla luce del tutto è probabilmente possibile.
I
principi basilari della meccanica quantistica sono sostenuti da un potente
formalismo matematico in grado di assorbire ed esorcizzare possibili turbamenti
o eventuali critiche interne ed esterne.
Come
in un sortilegio, dunque, la smaterializzazione della materia ha comportato una
corrispettiva materializzazione del pensiero che la indaga, al punto che le complicate
formule matematiche che descrivono le sue proprietà sono divenute
l’inattaccabile sostanza della materia stessa. L’immaginazione razionale si è
imposta sulla realtà, proprio come avviene nel campo della magia.
Come
anticipando queste conclusioni, Heisemberg ebbe a dire che <<L’idea della
obiettiva realtà delle particelle elementari si è quindi sorprendentemente
dissolta, e non nella nebbia di una qualche nuova, poco chiara o ancora
incompresa idea di realtà, ma nella trasparente chiarezza di una matematica che
non rappresenta più il comportamento della particella, ma il nostro sapere
sopra questo comportamento>>.
Secondo
Heisemberg le particelle elementari del Timeo di Platone ai nostri giorni sono
divenute elaborate forme matematiche: <<“Tutte le cose sono numeri” è una
frase attribuita a Pitagora. Le sole forme matematiche disponibili a quei tempi
erano forme geometriche come i solidi regolari o triangoli che formano le loro
superfici. Nella moderna teoria quantistica non ci può essere dubbio alcuno che
le particelle elementari saranno alla fine anch’esse forme matematiche, ma di
una natura molto più complicata>>.
Rendendosi probabilmente conto della
connessione mente-mondo che implicavano i nuovi aspetti scoperti nella materia,
egli affermò che dopo le esperienze che diedero origine alla fisica quantistica
concetti come mente, anima, Dio, vita, non potevano più essere analizzati
attraverso lo stesso atteggiamento materialistico degli scienziati del secolo
diciannovesimo, in quanto tali concetti, benché difficili da definire, toccano
effettivamente qualcosa di reale.
L’apertura
al misticismo della fisica moderna è stata autorevolmente varata
da molti fisici della scuola di Copenaghen e Göttingen, i quali non disdegnarono
di prendere in considerazioni prospettive estranee alla dimensione tangibile,
tradizionalmente escluse da ogni analisi scientifica.
Lo stesso
Pauli riteneva impossibile una netta distinzione fra scienza e religione,
riandando alla filosofia medievale che distingueva, ma non separava, mente e
materia, dal momento che tutto ciò che esiste, dagli oggetti celesti a quelli
materiali, possiede una base spirituale. Egli quindi affermava che: <<Lo
scopo importante ed estremamente difficile del nostro tempo è di tentare di costruire
un’idea nuova di realtà. Questo è quello che intendo quando sottolineo
continuamente che la scienza e la religione debbono essere in qualche modo
connesse>>.
I principali
interpreti della meccanica quantistica si posero pertanto su posizioni opposte
a quelle adottate dalla scienza a partire dal XVII secolo, sulla base del cogito cartesiano. Cartesio infatti separò
la res cogitans dalla res extensa, lo spirito dalla materia, attribuendo
valore alla materia, allo spirito opinabilità. Le varie materie vennero
unificate nella res extensa in
un’unica estensione quantificabile, secondo le linee del monismo
materialistico, che intende ricondurre il tutto all’uno materiale.
La pretesa che la molteplicità degli enti
possa essere ricondotta alla sola dimensione materiale è tuttavia smentita dai
fatti. Infatti, mediante la materia non si determina la riduzione del
molteplice all’uno, ma la moltiplicazione all’infinito degli enti fisici.
Già san Paolo per rassicurare i fedeli di
fronte al mistero del disfacimento e risurrezione dei corpi promessa dal
Signore, spiegò la diversità insita della materia: <<Non ogni carne è la medesima carne; altra è la carne di uomini e altra
quella di animali; altra quella degli uccelli e altra quella dei pesci. Vi sono
corpi celesti e corpi terrestri, ma altro è lo splendore dei corpi celesti, e
altro quello dei corpi terrestri>> (1 Cor 15, 39-40).
Quest’affermazione
lascia intendere che nella materia sia inserito un fattore che la
contraddistingue in qualità a seconda che si parli di un oggetto inanimato, di
un organismo vegetale o animale, di un corpo dotato di spirito come quello
umano. La “pasta” materiale che compone i corpi sensibili è la stessa. Ma fino
ad un certo punto, perché le essenze e le perfezioni dei corpi sono diverse.
Ricordiamo
che la filosofia scolastica prevede la distinzione della materia, intesa come elemento
indeterminato, passivo, opposto alla “forma” che rappresenta invece l’elemento attivo
della determinazione. San Tommaso specifica inoltre che la realtà materiale
dipende oltre che dalla forma di un ente fisico, soprattutto dalla sua essenza ed
esistenza, o “atto d’essere”, actus
essendi. Dove per ente si intende <<tutto ciò che ha l’essere>>,
quod habet esse.
Il dualismo tra
il pieno ed il vuoto dei filosofi ionici è superato dalla prospettiva tomista.
Non è il “pieno” infatti il fattore qualificante di un ente materiale, così
come ha indicato Newton nella sua definizione di <quantità di
materia>>. Il pieno rappresenta uno stato sottoposto a quello della forma
e del “vuoto”. È nel vuoto infatti che si determina la forma che precede e determina
la specificità di un ente materiale. Nella forma si inseriscono l’essenza e
l’esistenza dell’oggetto che lo rendono reale e visibile. Tutta la realtà visibile
ed invisibile insomma discende dalla volontà divina che si realizza attraverso
il Verbo creatore, dal quale il sensibile trae essere, essenza ed esistenza:
Via, Verità e Vita.