domenica 21 gennaio 2018

CONGETTURE APOCALITTICHE




Isaak Newton, il padre della fisica moderna, era convinto che le Sacre Scritture e le profezie più enigmatiche potessero decifrarsi mediante un metodo razionale, al pari di un problema scientifico. Stimolato da questa brillante idea, che gli pareva un dono del suo dio, avviò un’indagine personale e segreta, attraverso la quale giunse alla conclusione che «il cristianesimo era stato vittima di una frode e che la Parola di Dio era stata corrotta!»[1]. Elaborò quindi il personalissimo metodo di interpretazione, composto da 16 Regole, a loro volta frazionate in 3 parti, nel quale credette di ricondurre tutta l’Apocalisse di S. Giovanni in 70 Definizioni[2]. Si convinse peraltro di vivere nei famigerati “ultimi tempi”, provocati dall’apostasia della Chiesa Romana, che riteneva responsabile della corruzione religiosa e morale dell’umanità. Combinando quindi le profezie apocalittiche con le visioni notturne del profeta Daniele ed il numero 1260, concluse che la fine del mondo e della civiltà umana sarebbe avvenuta nel 2060. Egli non aveva fatto altro che sommare alla data dell’incoronazione di Carlo Magno, l’800 d. C., la cifra di 1260 giorni, ottenuta, moltiplicando per 30, i 42 mesi durante i quali i pagani calpesteranno il santuario di Dio (cfr. Ap 11, 2-3), giungendo così a decretare la fine del mondo nel XXI secolo. Ma è mai possibile determinare numericamente il tempo in cui il Signore ha decretato la fine del mondo e l’instaurazione del suo Regno?

Sappiamo che san Giovanni inizia il libro della «Rivelazione» rivolgendo sette messaggi, di giudizio, esortazione e speranza, a sette chiese: Efeso, Smirne, Pergamo, Tiàtira, Sardi, Filadelfia, Laodicea. Tutte localizzabili in Asia. Ossia in Oriente, luogo dal quale nasce il Sole, per noi cristiani simbolo di Cristo. Il numero sette si ripete continuamente nell’Apocalisse, riguardo a coppe, sigilli ecc., come a voler indicare un significato recondito attribuibile a tale numero. Le sette chiese potrebbero allora rappresentare sette tappe mistiche, che nel corso della storia indicano il rapporto tra l’opera di Dio e quella dell’uomo. Una progressiva azione redentrice che si attua nella storia dell’umanità attraverso un’azione divisibile in sette tragitti, ognuno composto da trecento anni, una sorta di salita su sette gradini di tutta l’umanità, verso la Gerusalemme celeste. Questo, a partire dalla nascita di Gesù Cristo, fino ai nostri giorni, circa 2100 anni. Trecento anni, perché il numero tre, essendo il numero proprio di ogni processo, inteso come inizio, svolgimento e termine, ricorre costantemente nelle interpretazioni del mondo, della storia, della vita stessa dell’uomo, come simbolo di perfezione ed espressione della Santissima Trinità, creatrice di tutte le cose visibili ed invisibili.

Dal canto suo, san Bonaventura, nelle Collationes Hexaemoron, presentate all’Università di Parigi nel 1273 e rimaste incompiute, rapporta, secondo la tradizione patristica, i sei giorni della creazione biblica alle sei età del mondo, in tutto circa seimila anni, più o meno quattromila prima di Cristo e duemila dopo. Per il santo serafico, la sesta chiesa, quella di Filadelfia, sarebbe segno dei tempi nuovi che si andranno formando in preparazione di quelli finali. Secondo san Bonaventura, l’angelo di Filadelfia sarebbe l’angelo del VI sigillo dell’Apocalisse, il quale sceglie i 144000 eletti per prepararli alla nuova era. Ma in quale epoca collocare tale chiesa?
In ambito iniziatico, il nome di Filadelfia esprime il patrimonio esoterico-ribelle all’interno del quale operano i cosiddetti iniziati, detti appunto “filadelfi” o “filareti”. Ossia, coloro i quali lottano per la determinazione di un nuovo mondo, emancipato da Dio e dalla Chiesa. Forse non per caso, e proprio come profetizzato dal Santo Dottore, nell’Inghilterra rivoluzionaria del XVII secolo, ricomparvero i “Filadelfi”, i cui testi, giunti in Germania influenzarono la setta degli Illuminati e gli stessi Rosacroce. Peraltro, una loggia di nome Filadelfia è registrata anche in Francia nel 1780.
A partire dal Rinascimento, con la riscoperta dei testi pagani e magici, nell’arco di tre secoli, si risvegliarono e ripresero vigore in tutt’Europa le società iniziatiche, fino a fondarsi ufficialmente, nel 1717, nella Gran Loggia madre di Londra, regolata dal «Libro delle Costituzioni» di Anderson e Desaguliers, del 1723. Se la chiesa di Filadelfia fosse quella sviluppatasi nell’arco di questi tre secoli, dal 14° al 17°, l’ultima chiesa, quella di Laodicea, sarebbe in relazione con il nostro tempo: i trecento anni che grossomodo vanno dal 1800 al 2100. In essi, insieme alla rivoluzione tecnologica e massmediatica, si sono determinati eventi significativi, come il Risorgimento, la caduta della Roma felix e, con la fine del potere temporale del Papa, l’avvento della Roma massonica.
Infatti, dopo la presa di Porta Pia ed il confinamento del Papa entro le mura del Vaticano, la Chiesa è stata partecipe di importanti avvenimenti e trasformazioni interne, culminate negli anni 60. Quando si è cioè determinata una profonda scissura nella storia della Chiesa, da allora segnata da un “prima” e da un “dopo” il Concilio Vaticano II. Ne rendono evidente testimonianza alcuni fatti. Ad esempio, prima il tempo liturgico era suddiviso in un solo anno, tutti i 150 salmi del breviario si recitavano integralmente in una sola settimana, anche quelli oggi soppressi perché considerati “violenti”, come i Salmi 102 e 78. Adesso, gli altari sono posizionati verso il popolo, al latino sono subentrate le lingue volgari, le traduzioni dei testi sacri vengono aggiornate da commissioni di autorevoli ed inerrabili esperti. Perfino il Rosario è stato modificato, con l’introduzione della recita dei Misteri Luminosi il giovedì, sancita da Giovanni Paolo II.
Se, da una parte, si registra una delusione ed uno sfollamento nelle fila della Chiesa, indebolita peraltro da carenza di vocazioni, di abbandoni degli impegni religiosi solennemente assunti, dall’altra è curioso rilevare un avvicinamento da parte di coloro che in precedenza le si opponevano. Il sapore genuino della Romanità si è forse disperso? Il sale ha perduto la sua “salinità”? Gesù Cristo troverebbe ancora quella fede in Lui per la quale i martiri hanno offerto la vita, senza cercare conciliazioni e consensi umani, rifiutando ciò che unisce, per rafforzare ciò che divide i cristiani dalla gente non santa? Paradossalmente, Egli forse la troverebbe in chi non sarebbe presumibile trovarla. Proprio in quei christifideles laici, viri spirituales, mediatori fra vita attiva e contemplativa, inseriti nel mondo ed in Cristo, i quali, come afferma Daniele, resteranno saldi ed agiranno: «I più saggi del popolo ammaestreranno molti» (Dan 11, 33). Il progetto risorgimentale segreto dell’Alta Vendita di giungere «al trionfo dell’idea rivoluzionaria attraverso il Papa»[3], sta andando davvero in porto?

Gioacchino da Fiore, condannato dal Concilio lateranense del 1215, per alcune espressioni eretiche contro Pietro Lombardo, ma riabilitato in seguito dal papa Onorio III, nel 1220, alluse all’equazione fra papato ed Anticristo, poi ripresa dai Protestanti e combattuta strenuamente dai Gesuiti. Su presupposti gioachimiti, relativi alla terza età della storia del mondo, quella dello Spirito, risorse, nel corso del 1600, il mito del papa angelico. Questa profezia dichiarava la venuta di un papa buono, il rinnovamento della chiesa e la realizzazione del detto evangelico “unum ovile et unum pastore” (Gv 10, 16).
Le riserve riguardo alla profezia del papa angelico vennero subito espresse da diversi esponenti dell’Ordine Gesuita, in particolare da S. Roberto Bellarmino, perché le prospettive ad essa collegate non collimavano con le regole di tipo militaresco proprie di questi religiosi, totalmente dediti al servizio della suprema autorità gerarchica della Chiesa. Il senso irenistico e radicalmente riformatrice connesso alla profezia del papa angelico, determina infatti screpolature delicate sulle mura che mantengono immune la Chiesa dalle forze estranee. Senza la ferma barriera di queste mura, innanzitutto liturgiche e dottrinali, i sapori si confondono, il sacro si annacqua, la Chiesa verrebbe pervasa da quanto le si oppone. Forse a questo pericolo si riferisce il Signore, rivolgendosi all’angelo della Chiesa di Laodicea: «Conosco le tue opere: tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo. Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca» (Ap 3, 15).

Nel segreto di La Salette, del 19 settembre 1846, la Vergine Immacolata già dichiarava l’attuarsi di uno stato nefasto all’interno della Chiesa: «Roma perderà la fede, diventerà la sede dell’anticristo». Affermazioni che fanno rabbrividire, un tempo sulle labbra degli eretici, formulate invece dalla Madre di Dio, oggi quasi censurate, anche alla luce delle migliaia di messaggi mariani, meno efficaci e dirompenti, che continuano a giungere da altre parti. Sembra alludere ad una crisi di fede interna alla Chiesa, anche il famigerato terzo segreto di Fatima, che non venne divulgato, come richiesto dalla Vergine, nel 1960, dando così spunto ad ipotesi veramente inquietanti in proposito.
Insieme alle profezie di Newton, riecheggiano quelle ancor più famose attribuite al vescovo irlandese Malachia, vissuto nel XII secolo. Il quale, attraverso 112 brevi motti in latino, profetizzò la successione dei Papi, fino al tempo ultimo in cui Pietro sarebbe tornato in terra, per riprendere le chiavi della Chiesa. Stiamo dunque vivendo questi famigerati ultimi tempi? Se infatti con il 111 e penultimo motto, De gloria olivae, viene in genere designato il Papa emerito, Benedetto XVI, per via dello stemma con il simbolo dell’ulivo, il successivo si conclude con l’annunzio del famigerato Petrus Romanus, che regnerà durante l’ultima persecuzione della Chiesa, dopo la quale viene profetizzata la venuta del giudice tremendo: «Petrus Romanus, qui pascet oves in multis tribulationibus; quibus transactis, civitas septicollis diruetur, et Judex tremendus iudicabit populum suum. Finis».
Il 2060 è prossimo, la persecuzione della Chiesa è divenuta una realtà quotidiana. Così come la sua crisi interna, che vede opporsi le fazioni di chi frena e di chi accelera la sua modernizzazione. Francesco, Vescovo di Roma, è preso di mira da più parti, soprattutto interne, per svariati e non trascurabili motivi. La confusione tra noi fedeli è quindi lievitata ed è molto difficile prevedere cosa potrà accadere prossimamente. Peraltro, più che cercare di conoscere i tempi stabiliti dal Padre, per ricostituire il regno di Israele (cfr. At 1, 7-8), a noi spetta il ruolo della testimonianza della Verità evangelica. Per il resto: «Estote parati, quia, qua nescitis hora, Filius hominis venturus est» (Mt 24, 44).  




[1] V. Palermo, Newton e la mela di Dio, Hoepli, Milano 2016, p. 96.
[2] A cura di M. Mariani, I. Newton, Trattato sull’Apocalisse, Bollati Boringhieri, Torino 1944, p. 21, Regole per interpretare le parole ed il linguaggio delle Scritture.
[3] In R. de Mattei, Pio IX e la Rivoluzione italiana, Cantagalli, Siena 2012, p. 24.

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