domenica 12 dicembre 2010

SCIENZA E GRAZIA



Tra i molteplici personaggi rappresentativi del XX secolo, Einstein e padre Pio hanno svolto un ruolo del tutto particolare, anche se espresso negli ambiti diversi della scienza umana e della sapienza divina. Non sarebbe nemmeno possibile un raffronto fra essi, vista la disparità delle categorie in gioco. Intendiamo tuttavia utile abbozzare un rapido raffronto, non solo per evidenziare l’erronea la pretesa degli scientisti, più che degli scienziati, di trovare nella scienza razionale le linee esclusive per giungere alla soluzione di ogni problema e speranza umana. Ma anche per richiamare uno dei principi paolini che più stanno a cuore ai credenti. Ossia, il <<recapitulare omnia in Christo>> (Ef 1, 10), ricondurre ogni cosa in Cristo, “Via unica per andare al Padre”, nonché depositario di <<tutti i tesori della sapienza e della scienza>> (Col 2, 3).

Balza subito agli occhi allora che la scienza moderna non rappresenta una condizione necessaria per acquisire la Sapienza <<che è un’emanazione della potenza di Dio>> (Sap 7, 25) e che pertanto costituisce un dono gratuito della grazia divina. È molto probabile infatti, senza offesa per il santo, che Padre Pio ignorasse del tutto la teoria di Einstein sullo spazio-tempo e le “delizie” relative al tensore di Riemann-Christoffel. Eppure, egli era in grado di svolazzare a piacere nel “cronotopo” di Minkowski faticosamente indagato da Einstein, pur restando rinchiuso nella sua cella in Monte Rotondo. Egli stesso confidò: <<La notte vado sempre girando. Non c’è bisogno dell’obbedienza dei superiori>> (in G. Martinetti, Le prove dell’aldilà, Rizzoli, Milano 1990, p. 121), alludendo alle sue esperienze sulla bilocazione.

I viaggi di padre Pio erano istantanei, non avevano durata e gli consentivano di trovarsi immediatamente nel luogo d’arrivo, anche a migliaia di chilometri di distanza, violando così i “principi primi” della teoria della relatività ristretta. Il santo si presentava con un corpo del tutto simile a quello rimasto nel convento del Gargano. Conversava, pregava, o assisteva silenziosamente l’interlocutore, manifestando talora la sua “visita” con il famoso effluvio di profumo. Libri e libri di testimonianze in proposito.

Benché attestati da santi venerati ufficialmente dalla Chiesa, la scienza in genere sembra nutrire una sorta di timore per questi fenomeni che la contraddicono. Li stigmatizza, relegandoli direttamente nell’ambito della superstizione, senza indagarli seriamente. La totalità dei santi dotati di doni mistici affermano invece la realtà del fenomeno mistico della bilocazione. Fenomeno che non consiste nel vedere qualcosa a distanza come nell’evanescenza di un sogno o come un film proiettato su uno schermo lontano. Ma nell’immergersi concretamente nelle coordinate fisiche del luogo visitato, ben sapendo che il corpo materiale è rimasto altrove. Inoltre, durante la bilocazione, forte è la consapevolezza del mistico di essere in un altro corpo, del tutto simile a quello carnale ed in un certo senso ad esso complementare.

I santi mistici dunque hanno sperimentato già in vita la realtà di quel <<corpo celeste>> nel quale, in virtù del potere redentivo di Cristo <<tutti saremo trasformati>> (1 Cor 15, 49-51). Secondo san Tommaso, questo nuovo corpo non si corrompe, non invecchia, non soffre. È agile e può spostarsi nello spazio in moto rapidissimo. È dotato di sensi superiori. È leggero e sottile, del tutto soggetto alla volontà. È in grado di attraversare la materia solida. Può apparire e scomparire a piacimento. Rimane giovane per sempre, non è soggetto a bisogni fisici di alcun tipo, né tantomeno ad appetiti o istinti di vario genere (S. Th. Suppl. 82, 1, 6 e sgg).

I santi che hanno sondato misteriosamente la realtà divina pur essendo ancora immersi nella realtà terrena, più che da una grande cultura o genialità intellettuale, sono accomunati da una fondamentale caratteristica evangelica: la semplicità di cuore, tanto cara a Gesù. Che infatti esclamò: <<Ti benedico o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli …>> (Mt 11, 25). E sulla stessa linea san Paolo aggiunse che: <<Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti … perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio>> (1 Cor 1, 27-29).

Per questa predilezione divina, e non per le loro doti intellettuali o culturali, i santi sono stati in grado di superare le più inflessibili leggi della natura, pur senza conoscerle, sperimentando così che davvero: <<La sapienza è il più agile di tutti i moti; per la sua purezza si diffonde e penetra in ogni cosa>> (Sap 7, 24). È pertanto del tutto probabile, per non dire certo, che essi non sarebbero stati nemmeno in grado di spiegare secondo le linee della ragione terrena la “metodologia” attraverso la quale riuscivano a slacciarsi dalle ferree leggi della materia impenetrabile e del tempo che scorre irreversibilmente dal passato verso il futuro. Avrebbero tuttalpiù confermato la nota regola ascetica che pone il distacco interiore da questo mondo, e dalla gabbie mentali imposte dalla scienza dominante, come condizione necessaria per innalzarsi verso le perfezioni eterne della realtà divina.

D’altra parte, all’ignoranza dei santi circa la scienza moderna corrisponde quella degli scienziati non solo riguardo alla religione, in particolare quella cattolica. Ma anche nei confronti della ben certa realtà trascendente, della quale questa non è che un confuso e transitorio riflesso. Non per niente sant’Agostino già ai suoi tempi annotava che:<<Le divine Scritture insegnano a evitare e irridere non tutti i filosofi, ma i filosofi di questo mondo. C’è infatti un altro mondo, lontanissimo da questi occhi, che l’intelletto di pochi sani riesce a vedere, come afferma lo stesso Cristo, che non dice: Il mio Regno non è del mondo, ma: Il mio Regno non è di questo mondo>> (De ordine, 11, 32).

Sta di fatto che il grande Einstein non riuscì a percepire minimamente la presenza di questo “altro mondo” definitivo e perfetto, semplicemente perché non credeva che la fede sia in grado arricchire enormemente la ragione e non certo di mortificarla. Questa sua chiusura verso la trascendenza ha reso la sua dottrina scientifica un riflesso del suo panteismo cosmico all’interno del quale restò come relegato. E nel quale relegò i suoi epigoni. Egli dunque non entrò in “contatto” con la dimensione divina e con quel Dio nel quale peraltro non credeva secondo i corretti canoni del cristianesimo. Ebbe forse altri tipi di “contatti”. Upton Sinclair riferisce infatti che Einstein partecipò ad una seduta spiritica, durante la quale riuscì in assenza del medium a far sollevare un tavolino, dimostrando così di possedere particolari doti medianiche, se non proprio di essere egli stesso il medium (L. Talamonti, Universo proibito, Mondadori, Milano 1971, p. 285).

Sembra proprio allora che più delle equazioni, più dei diagrammi e delle eleganti formalizzazioni matematiche di Einstein, possano le tradizionali pratiche di pietà (santa Messa, Sacramenti, Rosario) tanto raccomandate da padre Pio, ma del tutto estranee ai protocolli della scienza induttiva. Già Galilei d’altronde sulle linee del cardinal Baronio affermò che le Sacre Scritture, e la religione, servirebbero unicamente per farci andare in cielo, ma non per dirci come va il cielo. Di conseguenza, la scienza galileiana, essendo di principio estranea alla Parola di Dio e circoscritta alla descrizione, ma non alla comprensione, della realtà naturale, non serve a farci entrare nel regno dei cieli. La sua utilità è allora puramente mondana. Non consente all’uomo di aprirsi alla trascendenza. Non lo eleva spiritualmente, non gli permette di sviluppare armonicamente la sua personalità migliorando nel contempo la società. Né tantomeno gli insegna ad essere umile di fronte a Dio ed agli altri. La scienza gratifica la persona materialmente, attraverso le pur mirabili ed utili scoperte della tecnica, tuttavia non prive di risvolti negativi. Il “bene” della scienza, infatti, come quello della famosa mela, sembra essere “umano, troppo umano”, poiché purtroppo sempre associato al “male”.


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