La Sacra Scrittura afferma che, nel corso della storia della salvezza, l’arcangelo Gabriele si manifestò in sembianze umane al profeta Daniele, annunziando le fatidiche «settanta settimane», 490 anni, che precedevano la venuta del Figlio dell’uomo sulla Terra (cfr. Dn 8, 16; 9, 21). Quest’ultima si realizzò, quando lo stesso angelo rivelò a Maria che Dio aveva scelto lei, per divenire la madre del Verbo. Prima di mostrarsi alla Vergine, l’angelo era apparso al sacerdote Zaccaria, mentre stava officiando nel tempio di Gerusalemme: «Io sono Gabriele che sto al cospetto di Dio e sono stato mandato a portarti questo lieto annunzio» (Lc 1, 19). Per la sua incredulità, Zaccaria venne reso muto e tale rimase fino alla nascita di Giovanni, il precursore. In tale occasione, finalmente la sua lingua si sciolse, prorompendo nel famoso cantico, recitato quotidianamente nel corso delle Lodi. Le due apparizioni dell’Arcangelo e le due conseguenti venute al mondo, del Battista e di Gesù, rappresentano quattro misteriosi eventi salvifici, i quali possiedono anche una valenza universale e cosmica, che «durerà quanto il Sole, quanto la luna per tutti i secoli» (Ps 72, 5).
Di certo, l’uomo moderno e la società stessa hanno perso il senso del mistero legato al cosmo, la sacralità dei fenomeni celesti. I media assorbono e guidano le coscienze, secondo una “paideia” non sempre trasparente e finalizzata al bene. Un tempo erano i movimenti del Sole e degli elementi celesti i principali e spettacolari mezzi di informazione e formazione delle coscienze, di conseguenza molto sensibili circa il soprannaturale. Si contemplavano assiduamente i fenomeni celesti, credendo nell’omologia tra l’alto ed il basso. Quanto avveniva in cielo, sembrava corrispondere e determinare quello che sarebbe successo in terra. Spesso si esagerava. Così come si esagera attualmente, in senso opposto. Oggi infatti i movimenti del Sole e del cielo interessano in genere per quanto riguarda le previsioni del tempo, se farà bello nel week end, o per i fuochi di paglia di qualche scoperta scientifica americana. Essi sono stati spogliati del loro significato profondo, che li collega al Logos, dal quale «tutto è stato fatto» (Gv 1, 3) ed al quale tutto resta collegato. In questo senso, proprio il Sole, con le sue armoniche quattro fasi, due equinozi e due solstizi, indifferenti ai più, sembra celebrare sistematicamente col suo passaggio in cielo, in una sorta di liturgia cosmica, i quattro eventi misteriosi ai quali ci stiamo riferendo.
Il precedente calendario liturgico faceva precedere la festa di san Gabriele di un giorno rispetto a quella dell’Annunciazione, ancora oggi celebrata il 25 marzo. Questo santo Arcangelo si presentò difatti a Maria, in Galilea, in prossimità dell’equinozio di primavera. Quando il giorno e la notte hanno la stessa durata. Questo evento naturale era acclamato con enfasi dalle religioni naturalistiche, le quali ritenevano che in tale momento si compisse l’unione del maschile e del femminile. Per gli antichi romani, Marte, dopo aver sedotto Minerva, «il 19 marzo sposava Neriene. La celebrazione della funzione riproduttiva precedeva la partenza per la guerra, fissata al 23 marzo, festa del Tubilustrium». Il fuoco sacro di Vesta, custodito nel centro dell’Urbe, svolgeva simbolicamente le funzioni di un fallo, «penetrando vergini principesse o serve della casa reale, generava un eroe fondatore o rifondatore. Il fuoco era purus, ma al tempo stesso semen»[1]. Questo simbolo stimolava con enfasi il popolo ad imitare l’immaginata ierogamia di tali divinità durante le feste primaverili delle vestali. Superando l’impurità legata a tali superstizioni, come dice san Leone Magno, in seguito al martirio di Pietro e Paolo, la Roma pagana, da maestra di errori, divenne Roma felix, discepola della Verità[2].
In questa fase di equilibrio tra luce e buio, si presentò dunque a Maria, in un villaggio sperduto della Palestina, l’Inviato di Dio, in probabile figura d’uomo, imponente e rispettoso. Il quale subito rassicurò la Vergine: «Non temere Maria, perché hai trovato grazia presso Dio…» (Lc 1, 29-30). Il turbamento di Maria era composto da sorpresa e timore. Sorpresa, per la incomprensibile comparsa di un individuo avvenente nell’intimo della sua casa. Timore, per l’annuncio della maternità, che sembrava contraddire il suo fermo proposito di perpetua purezza. Sicuramente, se l’angelo si fosse presentato in forme femminili, come donna, Maria si sarebbe sentita più a suo agio, sarebbe stata meno turbata. È comunque un dato di fatto riferito dalla Sacra Scrittura che gli angeli non siano mai apparsi agli uomini in forma di donna. Forse, per non suscitare diversi turbamenti.
A Daniele, difatti, Gabriele si rese visibile come un possente uomo (cfr. Dn 8, 15). Tuttavia, non un uomo effettivo e perfetto, come è il Figlio di Dio. Il quale avrebbe assunto la vera carne ed il vero sangue da Maria, pur conservando intatta, come Lei la verginità, la sua natura divina. Anche l’arcangelo Raffaele si presentò sotto le spoglie di un uomo, di nome Azaria, a casa di Tobia. Stette accanto a lui giorni e notti, guidandolo verso la sposa, Sara, senza che nessuno sospettasse della sua vera natura. Soltanto dopo aver condotto a termine la sua missione, prima di sparire gloriosamente, rivelò di essere: «Raffaele, uno dei sette angeli che sono sempre pronti a entrare alla presenza della maestà del Signore… a voi sembrava di vedermi mangiare, ma io non mangiavo nulla: ciò che vedevate era solo apparenza…» (Tb12, 15, 19).
Gli interventi di Gabriele nella storia della salvezza come dicevamo sono particolari, perché hanno come consacrato equinozi e solstizi, prima di allora celebrati dai culti naturalistici in altro senso. I pagani chiamavano il solstizio d’estate “la porta degli uomini” ed il solstizio d’inverno “la porta degli dei”. Essi credevano che nel solstizio d’estate si radunassero in cielo le anime che avrebbero dovuto incarnarsi nel corso dell’anno, nelle rispettive «case», o segni, che compongono lo zodiaco. Nel solstizio d’inverno, pensavano che si raccogliessero, all'opposto, tutte le anime dei morti durante i mesi dell’anno, in attesa di essere indirizzate verso le dimore divine, «come premio per le loro virtù, specie quelle eroiche»[3]. Queste quattro fasi del Sole rappresentano invece per noi cristiani i quattro momenti cruciali, quatuor tempora, della nostra religione. Ed anche una specie di consacrazione del movimento del Sole.
Infatti, considerando la Terra in quiete ed il Sole in movimento intorno ad essa, realisticamente, così come i sensi percepiscono, è possibile ipotizzare come una lettura cristocentrica del rapporto Terra-Sole, ovviamente del tutto estranea alla concezione astronomica, che dichiara il contrario. Questi quattro punti di specifica luce solare, uniti a due a due, richiamano la forma di una croce. L’asse minore degli equinozi, sembra corrispondere al braccio orizzontale. L’asse maggiore dei solstizi, all’asse verticale. Inoltre, «poiché il Signore ha fatto tutto per un fine» (Pr 16, 4), nel punto di incrocio dei due assi della “croce solare”, è posizionata stabilmente la nostra Terra, luogo dell’Incarnazione, dove perennemente pulsa il Cuore Eucaristico di Cristo.
[1] A. Carrandini, Il fuoco sacro di Roma, Editori Laterza, Bari-Roma 2015, pp. 83, 86.
[2] Cfr. Sermo 1, in natali App. Petri et Pauli.
[3] B. Carboniero – F. Falconi, In hoc signo vinces, Ed. Mediterranee, Roma 2011, p. 94.