Santa Teresina, in un
periodo di grande sconforto, confessava: “Quello
che oggi invade il mio spirito è il ragionamento dei peggiori materialisti:
ossia, che la scienza, facendo continui progressi, spiegherà tutto in modo naturale”.
La mentalità pseudo
scientifica, ossia il “peggior materialismo”, nonché anticamera dell’ateismo, insidia
difatti la certezza dell’esistenza della dimensione soprannaturale, poiché riporta
la spiegazione del tutto alla sola dimensione quantitativa, racchiudendo in
tale ambito anche il pensiero, che per sua natura la trascende.
Uno dei tanti esempi dell’inutile
tentativo di ridurre il sovrumano all’ordinario, ci è fornito dal fisico F. J.
Tipler, da anni impegnato nella divulgazione scientifica. Il quale, riguardo al
mistero dell’Incarnazione, sostiene che: “se si prende alla lettera il
resoconto del Vangelo di Matteo, la stella di Betlemme deve essere stata una
supernova di tipo Ia o una supernova di tipo Ic, situata o nella galassia di Andromeda
oppure, se di tipo Ia, in un ammasso globulare di tale galassia…” (La fisica del cristianesimo, Mondadori,
Milano 2008, p. 168).
Tale attestazione, benché
aggiornata rispetto alle recenti teorie celesti, è assai poco rilevante
rispetto al Fenomeno al quale è riferita, non sfiorando in alcun modo gli
aspetti eccezionali ad esso associati e non sondabili dalla ragione umana, se
non mediante il canone dell’umiltà di mente e di cuore, difficilmente presente
nei “ragionamenti dei peggiori materialisti”.
Di certo, se i Re magi
fossero nati nella nostra epoca, dominata dal pensiero “pitagormassonico”, di
tale stella essi avrebbero semmai compilato diagrammi, spettri, equazioni ecc.,
per definirla in tutta la sua struttura fisico-chimica, senza assolutamente
riferirsi al suo significato profondo, nonché ragione della sua eccezionale
comparsa.
Questo perché la scienza moderna,
mediante i suoi protocolli e la sua ideologia materialista, ha di fatto espunto
dalla natura e dai fenomeni, dai più semplici ai più eccezionali, ogni rapporto
con Dio Creatore, segnandolo con il marchio della mentalità retrograda e
medievale. Di conseguenza, il cielo, grazie ai grandi scienziati filomassonici,
è divenuto una griglia di dati, diagrammi, formule, ipotesi, che hanno spogliato
la dimensione celeste anche della genuina meraviglia che produce un semplice
sguardo contemplativo, subito ingabbiato nei suddetti schemi e spiegazioni.
Di fatto, Dio non trova
più spazio nel cielo razionalizzato dalla scienza, e divenuto giurisdizione di
studiosi, i quali pur proclamandosi credenti, come il luminare sopra citato, hanno
rimosso ogni distinzione fra materia terrestre e materia celeste, uniformando
il tutto ad in un unico “pastone” formato da 92 elementi ecc. Pertanto, cielo,
terra, acqua, fuoco, etere sono divenuti praticamente fantasie di un passato
dissoltosi nel tritatutto della mentalità moderna.
Ma i Magi, grazie a Dio,
sono sapienti che appartengono ad un’epoca non del tutto tramontata, grazie a
Dio, ma ancora attuale e riservata ai cuori umili, disposti ad abbandonare le
più salde certezze, per aprirsi a quelle pur incredibili del cielo. Costoro si
deliziano ancora di credere ingenuamente che il cielo è il trono di Dio e la
terra lo sgabello dei suoi piedi, come affermano le Scritture.
Pur essendo pagani ed
impregnati delle conoscenze politeiste diffuse nella terra dei Caldei, i Re
Magi si disposero ad accogliere il mistero annunciato da una luce
inspiegabilmente apparsa nei loro cuori, prima che ai loro occhi. Una luce non
naturale, ma eloquente, benché estranea alla ragione.
Probabilmente, i Caldei
non avevano dimenticato la profezia pronunciata da Balaam, il personaggio
incaricato dal re Balak di maledire il popolo di Israele, suggellata nel Libro
dei Numeri (24, 17): “sorgerà uno scettro da Israele”. Sta di
fatto che, mentre Balaam era in cammino per svolgere il compito assegnatogli,
il suo asino si arrestò e non volle proseguire. Il veggente lo percosse
energicamente, finché l’asino parlò, per indicare il motivo del suo blocco: un
angelo gli sbarrava il cammino.
Balaam, mago e profeta,
alzò gli occhi e vide davvero un maestoso angelo in mezzo al sentiero. Di
fronte a questo eccezionale segno, benedisse il popolo eletto e predisse il
segno prodigioso che sarebbe sorto, per annunziare la nascita del Re dei Re: “Una stella spunterà da Giacobbe e uno
scettro sorgerà da Israele, spezzerà le tempie di Moab e il cranio dei figli di
Set”.
Già Origene attribuì a
tale stella il ruolo di cometa. Ma a differenza di quelle ordinarie, la luce
che brillò nell’epoca di Ottaviano, attraversando i cieli orientali, fin sopra
Betlemme avrebbe annunciato un irripetibile e glorioso avvenimento. Così quando
i magi mediorientali, dopo averla attentamente osservata, si accorsero che i
loro demoni al suo apparire si erano come indeboliti, si avviarono verso la
Giudea, per onorare la nascita ed attirarsi i favori di un dio più potente delle
loro divinità (Contra Celsum, I, 60).
In effetti, la famosa cometa
doveva avere in sé un qualcosa di veramente speciale, che tuttavia nessuno al
di fuori dei Magi rilevò. Eppure anche Gerusalemme aveva attenti osservatori
del cielo, incaricati di interpretare nei segni degli astri il destino del
popolo e del sovrano. Ma nessuno di essi si accorse della luce mistica sorta
nelle oscurità celesti, tranne i sapienti pagani che sarebbero divenuti
coprotagonisti della nascita del Salvatore.
Il tiranno accolse con
sorpresa la domanda dei tre Sapienti, circa la nascita del re dei giudei: “Dov’è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo
visto sorgere la sua stella e siamo venuti per adorarlo” (Mt 2, 2). Essi
davano per scontato che anche Erode avesse compreso il segno celeste, nel loro medesimo
senso. Ma si sbagliavano.
Erode difatti quando consultò
i suoi sapienti, si interessò unicamente del luogo della nascita del Messia,
per poter intervenire a suo modo. La strage degli innocenti è testimoniata non solo
dal Vangelo. Macrobio riferisce che: “Quando Augusto sentì dire che tra i
fanciulli fatti uccidere in Siria da Erode, re dei Giudei, c’era anche suo
figlio, chiosò: “Meglio essere il porco di Erode, piuttosto che suo figlio” (Saturnalia, II, 4,11). I Magi infatti
avvertiti in sonno, evidentemente da un angelo, tornarono nelle loro regge per
altra strada.
Gli angeli ricorrono
costantemente negli eventi che propiziarono la nascita di Gesù. Un angelo
comparve a Balaam ed al suo asino. L’angelo Gabriele aveva annunciato al
profeta Daniele l’avvento del “Figlio dell’uomo” ed il tempo nefasto dell’abominio
della desolazione (Dn 12, 11). Ed è
sempre questo angelo, aiutato dall’angelo Michele, a battersi, per la
realizzazione del regno di Dio (Dn
10, 13). Gabriele porse l’annuncio alla vergine Maria ed apparve a Zaccaria. Un
angelo, “attorniato dall’esercito celeste”, apparve si pastori, per annunciare
la nascita del Cristo Signore (Lc 2,
9). Un angelo apparve in sogno a Giuseppe, esortandolo a fuggire repentinamente
in Egitto (Mt 2, 13) ed ancora un
angelo lo richiamò nel paese d’Israele alla morte di Erode (Mt 2, 19).
Visto il ruolo primario
svolto dall’arcangelo Gabriele in tutta l’epoca che precedette e vide la
nascita di Gesù, è stato suggerito che, anche la stella apparsa ai Magi, fosse
una manifestazione dell’arcangelo Gabriele, al quale è stata affidata la
missione di annunciare e propiziare l’avvento del Signore. La cometa quindi poteva
essere una luce trascendente, più che naturale, prodotta e mossa dall’arcangelo
Gabriele (S. Basilio, Homilia VI; S.
Giovanni Crisostomo, Homilia VI in
Matthaeum, 2). Marsilio Ficino afferma in proposito che, l’arcangelo
Gabriele: “sotto forma di stella informò gli studiosi di stelle, e attraverso
la luce della stella, tratta dal Sole, li condusse verso il Sole” (Sulla stella dei Magi).
I Magi, seppur ricchi e
sapienti, erano comunque sempre pagani. L’angelo quindi non si rivelò ad essi esplicitamente,
come aveva fatto con Daniele, Zaccaria, Maria. Bensì, in modo allusivo,
attraverso un prodigio naturale. L’apparizione di una luce eterea, visibile a
pochi ed invisibile ai più, portò i saggi pagani verso Gesù. Gabriele è infatti
l’angelo della rivelazione di Dio, che si protrae nel tempo ed avviene in molte
forme, oltre quello verbale.
Tutta la storia della
salvezza è contenuta nella rivelazione che Gabriele trasmise a Daniele, vir desideriorum, “uomo dei desideri” (Dn 9, 22 e 10, 11) –nelle nuove versioni
della Bibbia: “uomo prediletto” –, deportato di Giuda e prigioniero del re
Dario. Il quale, per mantenersi puro e fedele in modo intransigente alla
tradizione dei Padri, venne infine gettato nella fossa dei leoni, dai quali si
salvò per intervento di un angelo (6, 23), forse lo stesso Gabriele.
Daniele: “che tanto
desiderava la redenzione del suo popolo e dell’umanità”, (G. Alberione, Maria Regina degli Apostoli, Ed. San
Paolo, 2008, p. 49), meritò dunque di essere informato da parte di Gabriele dei
piani escatologici di Dio, sugli ultimi tempi terribili, sull’apparizione
dell’anticristo e sull’Ultimo Giudizio (cfr Dn 8, 11-36).
Scrive S. N. Bulgakov che:
“L’angelo dell’annunciazione è in genere l’interprete veterotestamentario della
storia universale: il suo sguardo penetra l’avvenire, dove già vede il compito
che il Signore gli affiderà: l’annunciazione … Nella persona dell’arcangelo
Gabriele si manifesta la forma della relazione del mondo degli angeli verso
quello umano e che la loro missione va compresa non solo come un’esecuzione dei
decreti di Dio, ma come un’ispirazione e una creatività a loro propria,
consona” (La scala di Giacobbe, Lipa
Edizioni, Roma 2005, p. 80).
In base a tale capacità creativa,
Gabriele ha svolto e svolge ancora nel tempo la sua missione di rivelare
l’avvento del regno di Dio, mediante segni adeguati agli ascoltatori ed ai
tempi. Segni non solo verbali, ma anche celesti, come appunto potrebbe essere
stata la stella cometa, e come potrebbero essere interpretate le evidenti “doglie
del parto” che il mondo esprime nella nostra epoca.
Del resto, il Signore
stesso avverte i suo discepoli che: “Vi saranno segni nel sole, nella luna e
nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia … le potenze dei cieli
saranno sconvolte” (Lc 21, 25), prima della venuta del suo Regno glorioso.
Le “potenze del cielo
sconvolte”, secondo la nostra particolare linea interpretativa, richiamano la trasformazione
cosmologica che ha rivoluzionato l’immagine celeste, negando la percezione dei
sensi in favore del modello pitagoricamente precostituito, divinizzando l’uomo e
celebrando i demoni planetari, che gravitano intorno allo spirito-sole centrale,
l’Helios re di Giuliano l’apostata.
Il cambio di paradigma
cosmologico avvenuto nel Rinascimento è stato ratificato nell’epoca
illuministica, quando la crociata massonica intraprese il definitivo attacco al
potere temporale e spirituale della Chiesa Cattolica. Attacco che, dopo la caduta
della Roma felix, del 1870, un
centinaio di anni dopo sembra aver preso di mira le ben più preziose ed
invincibili cinte interiori, per cercare di attuare il piano di corruzione sancito
dalle Alte Vendite mondiali, quello cioè di giungere ai vertici della gerarchia
ecclesiastica.
Del resto, l’arcangelo
Gabriele profetizzò a Daniele la comparsa di forze avverse che: “si muoveranno
a profanare il santuario della cittadella, aboliranno il sacrificio quotidiano
e vi metteranno l’abominio della desolazione” (Dn 11, 31). La durata di tale abominazione
sarà di “1290 giorni”. Ma dopo “1335 giorni”, avverrà il trionfo definitivo del
regno di Dio (Dn 12, 12-13).
Molti segni alludono
peraltro alla fine della “Terza Roma”, quella profetizzata da Mazzini, dopo quella
imperiale e quella papale. Ossia, quella massonica, che avrebbe dovuto
incarnare gli ideali massonici di fraternità, libertà e uguaglianza ed essere
modello all’Italia e a tutta l’Europa. Ma che invece segnò l’avvio della
decadenza della società massonica appena costituitasi, perché: “sordido nido di
travetti, di albergatori, di bagasce e di parassiti … La Chiesa Cattolica è societas perfecta assai più e meglio
dello Stato nazionale massonico e borghese” (A. Gramsci, L’Ordine Nuovo, Rassegna Settimanale di Cultura Socialista, 2
ottobre 1920)).