A Padova risedette Nicolò
Copernico nell’ottobre del 1501, per iscriversi alla facoltà di medicina, salvo
poi conseguire il dottorato in diritto canonico il 31 maggio del 1503. Come
richiamati da un’arcana ed unica missione di portata dirompente, nella stessa
città giunsero, nel 1592, Giordano Bruno e Tommaso Campanella. Quest’ultimo vi
restò più di un anno, ed ebbe modo di conoscere personalmente Galileo Galilei e
la sua interpretazione della teoria eliocentrica, mettendo a fuoco il nucleo
della sua concezione politico-religiosa circa l’unificazione di tutti i popoli e
di tutte le religioni, alla luce di una monarchia cristiana universale diretta
da un “papa” adeguato, cioè non esclusivamente cattolico.
I due fautori della causa
eliocentrica, intesa soprattutto da un punto magico e rivoluzionario, Bruno e
Campanella, ripresero l’opera iniziata dall’ambiguo filosofo-sacerdote Marsilio
Ficino, il quale introdusse sottobanco nella dottrina cristiana il germe della
misteriosofia egizia a sfondo magico-sessuale, al fine di propiziare l’avvento
di una nuova era, associata al lancio di una nuova religiosità universale nella
quale il cristianesimo e la magia naturale potessero integrarsi reciprocamente.
I due frati eretici interpretarono
quindi la teoria eliocentrica appena abbozzata da Copernico come il grandioso annuncio
celeste dell’avvento del nuovo clima politico-religioso universale, alla luce
di un cristianesimo riformato. In molte lettere, Campanella riferisce su questa
possibilità, indicandola come la “discesa
del sole” sulla terra[1]. Discesa,
ovviamente non astronomica, bensì spirituale e magica. Questi due personaggi
assai simili, costituiscono due anelli fondamentali nella ripresa del
neopaganesimo e del ritorno in ambito sociale e religioso della cultura
egiziana, cioè la regressione da Cristo ad Heros, ancora in atto ai nostri
giorni.
Campanella, nato in terra
calabra, ove, non dimentichiamolo, Pitagora fondò la sua scuola iniziatica
propagatrice delle conoscenze recondite coltivate dai sacerdoti-maghi
dell’antico Egitto, manifestò ben presto una spiccata indole sovversiva. Egli
si scagliò a più riprese ed aizzò gran parte del popolo contro il dominio
spagnolo e clericale vigente nel sud Italia, per cercare di realizzare l’immaginaria
città pitagorico-solare, della quale egli stesso si proclamava sacerdote e
profeta. Ma dopo l’ultimo misero fallimento di questa impresa contro i “clerico-spagnoli”,
avvenuto nell’estate del 1599, venne catturato e condotto nel carcere di Napoli
ove, dopo aver subito un ulteriore processo per eresia e pratiche demoniche, rimase
fino al 1626. In questo ampio lasso di tempo, ebbe modo di comporre le sue
opere principali.
Campanella trascorse così la
maggior parte della sua vita nei carceri dell’Inquisizione, nei quali ebbe modo
di studiare, di scrivere, di fare proseliti, di influenzare la politica europea
a favore della vagheggiata “discesa del sole”. Questa sua continua attività di
proselitismo, svolta nei famigerati carceri dell’Inquisizione, indica che
questi non erano poi così terribili, come in genere vengono descritti nelle caricature
tipiche della vulgata moderna, essendo forse persino più gradevoli di certi
monasteri o conventi ove le Regole dei rispettivi Fondatori venivano applicate sine glossa, alla luce della religiosità
rivitalizzata dalla controriforma tridentina ad imitazione della vita di Cristo
casto, povero e penitente.
A differenza di Bruno, il frate
calabrese seppe mitigare e dissimulare nel corso del tempo l’estremismo rivoluzionario
del suo carattere espresso nelle sue prime opere, rivolgendosi infine anche alle
istituzioni e le autorità contro le quali aveva indirizzato la lotta di una
vita. Così, dopo una lunga serie di fallimenti, nel 1634, rifugiatosi in
Francia per sfuggire alle ulteriori condanne dell’Inquisizione, Campanella trovò
accoglienza ed onori da parte di Luigi XIII e del cardinale Richelieu. Quando
nel settembre del 1638 nacque il futuro Luigi XIV, il cosiddetto re Sole,
compose una lunga egloga in latino in suo onore, individuando nel neonato il
realizzatore delle sue idee politiche e religiose, nonché della città mondiale,
la città mondiale del Sole.
Nel 1689, allo stesso re Sole venne
misteriosamente offerta la possibilità di consacrare al Sacro Cuore di Gesù la
Francia, come per preservarla dalle sanguinose sovversioni che le sette segrete
stavano producendo nel mondo. L’impero di Cristo Re sul mondo e sulle nazioni a
partire dalla Francia non venne riconosciuto. Cento anni dopo, il 17 giugno
1789, sullo stesso suolo prese avvio la persecuzione contro la Chiesa e
l’ordine sociale sottoposto all’autorità divina, come legittimata dai regimi
che drammaticamente si imposero nel corso del tempo, per realizzare l’unico
regno sottoposto al nuovo ordine mondiale.
La
nota utopia campanelliana
riproponeva l’antico sogno di una società basata sulla comunione dei beni,
sull’abolizione della proprietà privata, sull’amore libero, sulla selezione
della razza e via dicendo in sostituzione a quella fondata sulla disciplina e
sulla morale cattolica. Questi argomenti tipici della metafisica solare, sono
riconducibili peraltro ad un vecchio trattato attribuito ad un sofista greco,
denominato “anonimo di Giamblico” e titolato significativamente, Lo stato
del Sole. Tale trattato
prometteva la realizzazione di uno stato: «senza
padroni, e senza servi, senza ricchi e senza poveri … Le masse cui egli aveva
fatto appello risposero con entusiasmo e l’intero regno di Pergamo,
ribattezzato dagli insorti “La Città del Sole”, per oltre due anni fu nelle
mani degli schiavi»[2]. Alla
luce di tali promesse, scoppiò la rivolta degli schiavi contro il potere di
Roma che dilagò dalla città di Pergamo, nella seconda metà del II secolo a. C,
per poi diffondersi in tutte le sponde del Mediterraneo, prima di essere
soffocato a fatica dalle truppe imperiali.
La città immaginaria
enfatizzata dal frate calabrese nel tardo rinascimento riuscì a far presa in
molte coscienze e si delineò come una meta da perseguire nel tempo attraverso
l’opera di autorevoli suoi fautori, in rapporto con i potenti di turno, non
disgiunta dalla trasmissione sotterranea all’interno delle aristocrazie europee
di tutti i riflessi magici in essa contenuta che ne garantivano l’efficacia,
rendendone possibile l’attuazione attraverso “legami” e “sigilli” occulti.
L’opera campanelliana si rispecchiava
sottotraccia anche nei manifesti rosacrociani che comparvero in diverse città
europee nel 1614, come a dimostrazione che l’opera di rovesciamento dello stato
e della religione vigente, sotto la veste di una fraternità e pace universali,
era iniziata con l’avvento dell’era eliocentrica.
Dalle oscurità delle carceri in
cui era relegato, questo frate proclamava ai potenti la realizzazione di uno
stato moderno universale governato da un solo reggitore, nel quale avrebbero dovuto
fondersi tutti i caratteri di duce temporale e spirituale. Questo non solo attraverso
scritti, ma anche mediante rituali di antica magia, reperiti negli scritti e
nei manuali ermetici che circolavano in gran numero nelle corti europee,
nonostante il ferreo controllo dell’Inquisizione e la reazione della
Controriforma.
Del resto, il Sole-sovrano
della Civitas Solis è al tempo stesso
re, sacerdote e mago secondo la figura di Ermete Trismegisto, citato da
Copernico a garanzia della dottrina eliocentrica, alla luce del quale la magia
popolana e pittoresca del Medioevo acquisiva parvenze di autorevolezza e potere
agli occhi dei deboli di fede. Il linguaggio oscuro ed i simboli kabalistici della
magia di Bruno conferivano all’ermetismo il fascino necessario per far presa
sull’immaginario comune, reso quindi disponibile ad aperture verso quelle
dimensioni incognite severamente interdette dalle linee pastorali ridefinite e
rimarcate dal Concilio di Trento.
Come già accennato, pur di
giungere al suo obiettivo sovversivo dell’ordine vigente, nello scritto Monarchia di Spagna, pubblicato nel
1620, Campanella indicò il suo antico avversario, la Spagna, come nazione-capo
del regno mondiale ed individuò nel Papa la sua guida spirituale. Ma non
riuscendo a far presa sulla corte spagnola, rifugiatosi poi in Francia, negli
ultimi anni della sua vita pose tutta la sua fiducia nel re francese.
In un’altra opera, Monarchia Messiae egli rende espliciti i
suoi progetti rivoluzionari, profetizzando ancora la realizzazione della
monarchia mondiale universale: «attraverso
la quale il papa sarebbe diventato il
capo sia spirituale che temporale del mondo intero, tutte le religioni si
sarebbero convertite in una e si sarebbe costituita una unità religiosa e
politica mondiale»[3]. Tale
proclama diverrà il progetto di tutte le sette segrete che miravano a stabilire
attraverso il papato la distruzione stessa della vera Chiesa Romana attraverso una
riforma della dottrina e delle linee ecclesiologiche tradizionali, sulla falsa
riga di un protestantesimo moderato.
In effetti, la rivoluzione
politico-eliocentrica, la “discesa del sole”, messa in atto da Campanella
attraverso i suoi scritti e la sua instancabile propaganda, anticipava e
trasmetteva i codici del progetto sincretistico di unificazione delle religioni
e degli stati sotto un unico governo che diventeranno il cavallo di battaglia
dell’illuminismo e del laicismo contemporaneo. Sulle linee di questo obiettivo infatti,
presero avvio i protocolli segreti attraverso i quali circoli, accademie e
logge di vario genere avrebbero operato l’attacco alla morale ed all’ordine sociale
fino allora imposti e garantiti dall’autorità papale, a favore di un’apparente
democrazia.
Il frate calabrese, nonostante
condanne, fughe, processi per eresie e pratiche magiche, restava pur sempre un
rappresentante di Santa Romana Chiesa, non avendo abbandonato l’abito
domenicano, al contrario di Bruno. Il papa stesso, Urbano VIII, attirato dalla
sua fama, ricorse a lui nel 1628 per scacciare quelli che riteneva influssi
maligni. E questa sorte di esorcismo venne effettuata non attraverso preghiere
e pratiche religiose, evidentemente ritenute inefficaci, ma mediante la “via
diretta” di rituali magici: bruciature d’erbe, accensione di torce a modello
dei pianeti e dello zodiaco, uso di piante e colori connessi ai pianeti,
liquori distillati astrologicamente, come dichiara lo stesso frate in
un’appendice degli Astrologica (Lione
1629)[4].
La pur momentanea apertura del
Papa verso un personaggio così controverso ed equivoco è emblematica e dimostra
come l’attacco alla Chiesa si stesse insidiando nel suo stesso interno,
propiziato dai suoi esponenti più ambigui, come il Ficino, Bruno, Campanella, il
gesuita Athanasius Kircher, ecc. Appellandosi all’autorità di Ermete
Trismegisto e di Pitagora, venivano insinuati da questi esponenti nella sacra Dottrina
i germi della contraddizione che avrebbe scardinato i cardini della società
civile cristiana. Da allora, il clima politico divenne infatti sempre più anticlericale,
spiccando in turbolenza contro l’autorità costituita per diritto divino. Il
laicismo, non il laicato, prendeva piede nella mentalità comune, sotto la
spinta degli ideali illuministici coltivati in quelle accademie che mal
digerivano il concetto divino di autorità ed il dogmatismo proprio della
religione rivelata.
L’odio anticristiano e la crociata
anticlericale iniziata a livello magico ed ideologico prese infatti piede anche
dal punto di vista politico. La discesa del sole era ormai alle porte, pronta a
manifestarsi nella rivoluzione francese, sanguinoso evento dal quale il
“massonicesimo” si sarebbe imposto in tutta Europa e nel mondo, insieme al suo fine
più o meno palese di distruggere la Chiesa Romana, per ricostruirla su altre
base, secondo il motto alchemico del “solve
et coagula”.
Non per caso, nei documenti
segreti dei Carbonari, traspare il proposito espresso da Campanella nel De monarchia ed in altri scritti, molti
dei quali peraltro ancora non pubblicati. Ossia quello di “giungere con piccoli mezzi ben graduati, benché mai definiti, al
trionfo dell’idea rivoluzionaria per mezzo del Papa … il lavoro a cui ci
accingiamo – spiega l’Istruzione della cosiddetta Alta Vendita – non è l’opera di un giorno, né di un mese,
né di un anno”.
Il documento segreto prosegue
indicando il fine supremo della lotta: “quello
che dobbiamo aspettare come gli ebrei aspettano il Messia, è un Papa secondo i
nostri bisogni … con questo solo noi andremo più sicuramente all’assalto della
Chiesa, che non con gli opuscoletti dei nostri fratelli di Francia e con l’oro
stesso dell’Inghilterra … noi abbiamo il dito mignolo del successore di Pietro
ingaggiato nel complotto, e questo dito mignolo val per questa crociata tutti
gli Urbani II e tutti i S. Bernardi della Cristianità” (in, R. de Mattei, Pio IX e la Rivoluzione italiana,
Cantagalli, Siena 2012, pp. 24-25).
L’attacco alla Chiesa prevedeva
dunque la corruzione del Soglio Supremo in vista dell’“abominio della
desolazione”, inteso come tentativo di sovvertire il cristianesimo attraverso
il suo Capo Supremo, il rappresentante di Cristo in terra. In effetti, le mura esterne
del regno terreno del Papa, caddero il 20 settembre 1870. Data carica di
contenuti esoterici. Abbiamo riferito che tale data rappresenta un
significativo anniversario della caduta del Tempio di Gerusalemme, avvenuta nel
70 d. C., ad opera delle truppe di Tito. Infatti, 1800 anni dopo, in occasione
dell’equinozio d’autunno, data cara alle schiere massoniche, caddero le mura di
Porta Pia, segnando in modo occulto con il marchio fatidico, il
seicentosessantasei, quella che fu la Roma
felix. Infatti, 1800, escludendo gli
zeri, non è altro che 18, tre volte sei.
Aspetti cabalistici a parte, l’arduo
tentativo di ricostruzione della Chiesa su basi estranee alla Tradizione
Apostolica, e di porre sul Seggio Petrino un “Papa” secondo i bisogni delle
sette segrete, sembra riallacciarsi al fatidico 1960. Anno nel quale la sempre
Vergine Maria apparsa a Fatima indicò ai pastorelli di diffondere il terribile
terzo/quarto, segreto, come a salvaguardia di un ulteriore dramma prossimo a
svolgersi in tutte le sue conseguenze più oscure. Senza tuttavia omettere di assicurare
che: “Alla fine il mio Cuore Immacolato
trionferà”, come a suggello dell’evangelica divina sentenza “Portae inferi non prevalebunt” (Mt
16,18).