L’idea della terra cava fu proposta dall’astronomo
Edmund Halley (1656-1724), lo scopritore della famosa cometa, in seguito ad
alcune discrepanze magnetiche rilevate dalla bussola. Ricorrendo ad un modello collegato
alle mitologie primordiali sorte qui e là nel mondo antico, così come Newton
ripescò cognizioni cosmologiche pitagoriche per spiegare il fenomeno della
gravità, Halley immaginò che la spiegazione delle anomalie del campo magnetico rilevate
strumentalmente fosse una terra formata da gusci concentrici con velocità di
rotazione differente. L’astronomo, pur affidabile ed autorevole per quanto
riguarda il campo dell’osservazione sperimentale, lasciò presto cadere quest’idea
singolare, ripresa poi da altri, secondo varie interpretazioni.
Tra
queste, non mancano quelle esoteriche. La teosofa Blavatzky sosteneva
l’esistenza di una razza eletta rifugiatasi sotto terra tra il Tibet ed il
Nepal. Il mito di Agarthi, la cui entrata sarebbe localizzata proprio nell’Asia
centrale, venne sostenuto anche da René Guenon, nel libro “Il re del mondo”.
Al
di là dei miti e dei rilanci esoterici, tra i diversi autori che nel tempo hanno
ripreso questa teoria da varie angolature, cercando di darle un aspetto
razionale, si evidenzia Paolo Emilio Amico-Roxas, il quale nel 1990 pubblicò il
testo «La suprema armonia dell’universo –
La teoria endosferica del Campo» (Editrice Kemi – Milano), contenente la
sintesi dei suoi lunghi ed incompresi studi.
Amico-Roxas
cita un’esile ed incerta prova sperimentale a favore della teoria della terra
cava, fornita da Johannes Lang il quale, nel suo volume «Die Hohlwelttheorie», scrive che: «Nella miniera di Tamarack a
Calumet (USA) furono fatti scendere dei fili a piombo fino a 1300 m. di
profondità. Secondo le misure effettuate dagli operatori, siffatti fili a
piombo in profondità, invece di convergere ed avvicinarsi l’uno all’altro, come
doveva attendersi in una terra convessa,
divergevano risultando così concava la superficie terrestre».
Deriva
da questa esperienza, peraltro non confermata da altre fonti, né considerata
dalla scienza ufficiale, la base per fornire un modello dell’universo completamente
diverso a quello finora esaminato non solo dalla scienza, ma anche dalla
filosofia naturale, la quale ha considerato la terra o il sole come rispettivi centri
dell’universo esosferico.
Invece,
secondo l’ipotesi endosferica, tutto l’universo sarebbe contenuto all’interno
della terra, che quindi costituirebbe l’involucro più esterno, il limite della
dimensione percepibile. Come il guscio dell’uovo contiene l’albume ed il tuorlo,
così la terra conterrebbe al suo interno cielo, nuvole, sole, pianeti, stelle
eccetera. Ovviamente, lo spazio in questo caso non sarebbe quello omogeneo ed
isotropo euclideo, ma quello curvilineo ed anisotropo. Le distanze fra i corpi
celesti inoltre non corrisponderebbero a quelle stimate teoricamente attraverso
il metro mentale “anno luce”.
È
possibile considerare tutto questo in una prospettiva razionale “capovolta”,
dopo che il pensiero razionale e scientifico per interi millenni ha insegnato a
leggere il mondo dei fenomeni in chiave esosferica? È possibile che tutto
quanto noi vediamo sia contenuto all’interno del circolo chiuso e limitato
della crosta terrestre? Quando vediamo un aeroplano alzarsi in volo, un missile
innalzarsi verso lo spazio celeste, le fotografie che ci arrivano dai satelliti
spaziali, ecc., come possiamo pensare ad una realtà contenuta all’interno
anziché all’esterno della terra?
Le
risposte non sono solo psicologiche e relative ai fenomeni della percezione,
delle illusioni ottiche, delle proiezioni esterne delle convinzioni interne.
Dal punto di vista matematico infatti si può esprimere in modo formalmente analogo
il movimento che avviene all’esterno di una sfera, come quello che avviene o
che si proietta al suo interno. Come si vede innalzare verso il cielo un
missile, così è possibile descrivere questo moto dalla superficie della terra
verso il suo invisibile centro interno. Il metodo è conosciuto nella fisica
teorica.
Si
tratta della cosiddetta “inversione geometrica per raggi vettori reciproci”.
Questa è una trasformazione quadratica cremoniana, che gode di alcune proprietà
assai importanti. Rispetto ad un cerchio, trasforma archi in archi, rette in
cerchi passanti per il centro di inversione O. L’inversa di una retta è un
cerchio.
Questa
trasformazione è biunivoca, isogonale, in quanto conserva gli angoli, ma ne
muta il verso e conforma tra due piani sovrapposti. Pertanto, le sfere concave si
trasformano in altrettante sfere convesse, i piani si trasformano in sfere che
passano per il centro di inversione. In altri termini, all’infinito considerato
come un piano, corrisponde il centro della sfera rispetto alla quale si applica
l’inversione.
Quello
che noi vediamo all’esterno della terra può essere quindi proiettato geometricamente
verso il suo centro. Ad un generico punto esterno a corrisponde il punto
interno 1/A e viceversa. All’infinito esterno, corrisponderà il centro della
sfera. Infatti l’inversa di una retta è un cerchio. E l’inversa di un cerchio è
una retta.
Afferma
in proposito Amico-Roxas: «L’inversione è una proiettività (o prodotto di
proiettività) che consente di risalire dallo spazio esterno a quello
interno a un cerchio (o sfera). Diremo cosmica
questa proiettività che, similmente allo specchio, consente di interpretare
lo spazio esterno come spazio apparente euclideo o lo spazio interno come spazio
reale … Assimilando le ellissi (orbite) a cerchi, la figura dell’universo
cosmocentrico non è che il risultato della trasformazione dell’Universo
Eliocentrico apparente, euclideo, nell’universo reale fermi restando i dati di
osservazione» (cit. p. 32).
Questo
significa che la trasformazione per raggi vettori reciproci consente di
giungere ad una visione della realtà capovolta rispetto a quella definita dalla
fisica classica e dal comune intendere. Noi vedremmo convesso ciò che invece è
concavo, perché abbiamo imparato a definire mentalmente un’immagine predefinita
che è appunto convessa. Non riusciremmo a vedere il vero volto della realtà,
perché fortemente influenzati da questa condizione a priori, da questa
geometria immaginata sulla base di uno spazio convesso, afferma Amico-Roxas. Il
quale tuttavia identifica in modo alquanto approssimativo il centro del mondo
con una sorta di polo magnetico.
Al
di là delle spiegazioni che lo studioso apporta per giustificare il modello
dell’universo contenuto all’interno della terra, ed immaginato all’esterno
dalla scienza classica, resta da dire che tale teoria, pur se appena abbozzata,
non si distacca dalle cosmogonie primordiali, come quella del circolo magico
all’interno del quale sarebbe contenuta tutta l’energia e le forze invisibili e
magiche circolanti nell’universo. La quale energia effettivamente così non si
crea, non si distrugge, ma si trasforma, secondo il tipico principio della
filosofia materialistica, propugnata dai filosofi ionici ed utilizzata in ambito
magico per “condensare” eventi.
Questo modello si presta invece benissimo ad
un’interpretazione cristiana. Tutto il mondo centrato in Dio, il tempio
universale al quale fanno riferimento i profeti. L’alto ed il basso assoluti
rispetto a questo Centro, dal quale prende avvio e nel quale converge tutta la
realtà ordinaria e straordinaria, le tre dimensioni reali e spirituali: infera,
terrena, divina.
Il
“cosmo angelico” sul quale abbiamo riferito si rifà al modello endosferico dell’universo,
universo cioè metafisicamente contenuto all’interno del guscio terrestre
piuttosto che a quello esosferico proposto dalla scienza classica. Per i
cristiani, è Gesù Cristo il Re dell’Universo, e come tale tutto è centrato e
rivolto a Lui. In tal senso, si adattano benissimo le parole entusiastiche che
il cardinale P. de Bérulle scrisse nel 1622 per interpretare (erroneamente) in
senso cristiano il modello copernicano. Infatti, nel suo Discours de l’Estat ed de Grandeurs de Jesus, si legge che:
“Questa nuova opinione, poco seguita nella
scienza degli astri, è utile, e deve essere seguita nella scienza della
salvezza. Perché Gesù è il Sole immobile nella sua grandezza, e movente tutte
le cose. Gesù è simile a suo Padre e, stando seduto alla sua destra, come lui è
immobile e dà movimento a tutto. Gesù è il vero Centro del Mondo, e il Mondo
deve essere in movimento continuo verso di lui. Gesù è il Sole delle nostre
Anime, dal quale esse ricevono tutte le grazie, le luci e le influenze. E la
Terra dei nostri cuori deve essere in continuo movimento verso di lui, per
ricevere in tutte le sue potenze e parti gli aspetti favorevoli, e benigne
influenze da quel grande Astro”.
In
effetti, Gesù Cristo, centro dell’universo, è la chiave ultima per interpretare
la realtà in senso metafisico autenticamente cristiano. Solo così lo studio
della scienza non si estranea alla sapienza dell’anima ed alla trascendenza. Il
mistero da Cristo affermato nell’Apocalisse: “Io sono il Primo e l’Ultimo e il vivente” (1, 17-18), implica una
visione della realtà che individua nell’umanità di Cristo il centro ontologico
della realtà creata a partire da Lui, per Lui e in Lui. L’Alfa e l’Omega
infatti segnano il percorso chiuso ed obbligato che si determina da, e sfocia
in, Gesù, Centro di ogni cuore, Centro dell’universo: Cielo nuovo e Terra
nuova.
Come
affermava sant’Ambrogio: “semen omnium
Christus”, Cristo è il seme di tutto, tutte le creature debbono tornare a
Lui; il quale, come è di tutto il principio, così deve essere pure l’ultimo
fine, proprio perché Egli è “Alpha et
Omega, principium et finis” (Ap. XXII, 13). Intorno a Gesù Cristo si piega
e curva l’universo, ruotando come intorno al Centro assoluto, nel quale tutta
la realtà ritorna dopo aver compiuto il suo ciclo, la sua essenza vitale.
Il
Motore Immobile, l’Essere Trascendente, il Cuore Divino trasmette e partecipa
la sua Essenza soprannaturale a tutte le creature, le quali così sviluppano
autonomamente il loro unico ciclo vitale in questo tempo, nel quale si svolge la
loro più o meno inconsapevole, ma sempre libera risalita verso la stessa Fonte
dalla quale sono discese, per entrarvi o per esserne escluse, attraverso la
Porta, o Chiesa Romana, che è Gesù stesso (Gv 10, 9), al quale rendiamo sempre
incondizionatamente ogni onore e gloria.