Uno strano personaggio vestito di nero entrò in Roma, l’11
aprile 1484, domenica delle palme. A cavallo di un irrequieto cavallo scuro,
con una corona di spine intorno al capo, ai piedi dei calzari alati, quest’uomo
era seguito da moglie, figli ed altri ammiratori. Sulla corona spiccava una
mezza luna, sulla quale era scritto: “Questo
è mio figlio Poimandres, nella più sublime manifestazione del signore Gesù
Cristo”.
Giovanni Mercurio da Correggio, questo era il suo nome, si
fermò lungo le sponde del Tevere, prima di recarsi in Vaticano per un colloquio
con il Papa ed altri prelati. Egli si presentava come nuovo messia. A quanti lo
ascoltavano attoniti lungo la via, ed ai quali i suoi sostenitori distribuivano
fogli contenenti il suo proclama, predicava di essere disceso dal cielo per
portare la rinascita, la rigenerazione dell’uomo e del mondo. Egli compì
inoltre una serie di gesti rituali, di valenza magica, prima di proseguire fino
in Vaticano, per completare la sua missione misteriosa deponendo alcuni oggetti
simbolici sul soglio di Pietro.
Forse egli si il predestinato della attesa di stampo
apocalittico che gli astrologi da lungo tempo riservavano per quell'anno, in
vista della prevista grande congiunzione celeste alla quale veniva collegata il
manifestarsi di una nuova guida religiosa.
L’astrologia araba che in quel tempo si era diffusa prevedeva
infatti tre tipi di congiunzioni planetarie, la piccola che avveniva ogni
vent’anni, la media, ogni duecentoquaranta anni e la “magna”, la più importante
dal punto di vista etico e religioso, che si ripeteva ogni novecento sessanta anni.
Quest’ultima derivava dal lento moto dei pianeti superiori, Giove e Saturno.
Quell’anno, il 1484, doveva avvenire la grande congiunzione di
questi due pianeti, nella costellazione dello Scorpione. Per tale ragione, gli
scrutatori ed interpreti dei segni celesti erano in fermento. Ad esempio, Johannes
de Clara Monte, scriveva in quello stesso anno, che: “Questa importante costellazione e concordanza con gli astri indica che
deve nascere un piccolo profeta il quale interpreterà in maniera eccellente le
Scritture e fornirà alcune risposte con un grande rispetto per la divinità,
alla quale ricondurrà le anime umane … Si vede un monaco in tonaca bianca con
il diavolo in piedi sulle spalle. Porta un grande mantello che pende fino a
terra e che ha maniche larghe, e un giovane monaco lo segue …” (in I. P.
Culianu, Eros e magia nel rinascimento,
Boringhieri, Torino 2006, p. 276).
Le cronache non registrano nessun fatto mirabolante avvenuto
in quell’anno, oltre la morte del mitico Christian Rosencreutz, il presunto
fondatore dei Rosacroce. L’anno precedente era nato Martin Lutero, anche se
Melantone riportava come anno di nascita quello successivo, il 1484, forse per ricondurre
il personaggio alle dinamiche divine ed alle attese astrologiche previste per
quell’anno. Dunque, tutto sembrava tranquillo, almeno in superficie.
Tuttavia, l’evento di per sé pittoresco ed apparentemente innocuo
che abbiamo segnalato all’inizio, portava in sé una grande valenza magica e rivoluzionaria.
Infatti con Giovanni Mercurio da Correggio, la dottrina ermetica che egli praticava
e predicava avrebbe convinto e convertito numerose persone di tutti i livelli,
scardinando le rigide mura che la ragione guidata dalla fede aveva eretto in
ordine alla metafisica tomista. La teologia scolastica collegata alle intelligenze
angeliche ed alle sfere omocentriche che sfociavano nell’Empireo divino, veniva
infatti adombrata da pretese di carattere gnostico ed esoterico, dalle credenze
magiche e dalle pratiche superstiziose proprie della dottrina ermetica che
davano spazio alle interazioni con gli arconti e con i demoni planetari.
Giovanni Mercurio annunziava ai suoi seguaci l'identità di
Gesù con Hermes, sulla base della manifestazione di un suo potere personale, di
carattere magico. Non solo parole, ma piccoli prodigi liberatori facevano
effetto sugli ascoltatori sempre attratti dalle manifestazioni delle forze
invisibili, più che dalle enunciazioni teologiche e dalle attese escatologiche
cristiane.
Nonostante il suo pressapochismo, l’ingenuità, la tendenza
all’esibizionismo, la sua mancanza di istruzione convenzionale, Giovanni
Mercurio da Coreggio “sconvolse” la vita di un intellettuale dell’epoca,
Ludovico Lazzarelli, umanista e poeta, prima di conoscerlo profano, dopo l’incontro,
poeta ermetico. Il Lazzarelli difatti fu talmente impressionato da Giovanni
Mercurio e dai suoi “poteri” magici, da affidarsi a lui completamente, definendolo
suo padre spirituale, come narra egli stesso nell’Epistola di Enoch, ove tra l’altro registra l’episodio che abbiamo
riportato all’inizio.
In genere, avviene che sia il sapiente ad illuminare il
semplice. In questo caso è avvenuto il contrario. Un po’ come per Rasputin che
in virtù delle sue capacità taumaturgiche si insidiò alla corte dello zar
Nicola II. L’audace e semplice Mercurius
de Corigio “iniziò” il Lazzarelli alla “nuova” rivelazione divina,
identificando la Mente (Poimandres)
con il Cristo gnostico. Tale identità avrebbe dovuto illuminare e guidare
quanti si disponevano alla rinascita etica e religiosa, che comportava la confusione
tra sacro e profano, tra teologia e magia.
Il Lazzarelli, iniziato dal Coreggio alla dottrina ermetica,
ne diventò un illustre interprete. Fu proprio lui che tradusse dal latino il
libro XVI del Primander,. Questo
capitolo, L’Epistola di Asclepio al re
Ammon, tuttora depositato nella biblioteca comunale di Viterbo, descrive l’aspetto
magico del sole, la sua presunta natura divina, la sua centralità nel sistema
celeste, la corte di spiriti che gli sono asserviti. Insomma, tutta la liturgia
solare ermetica collegata al modello eliocentrico è contenuta nel capitolo XVI.
Il Libellus XVI,
tradotto dal Lazzarelli, ha infatti rafforzato la credenza che l’astro fosse la
chiave per interpretare il sistema planetario in senso antiaristotelico, in
base alla concezione di Platone, il quale concepiva il sole come immagine
principale del mondo delle idee, le quali dall’iperuranio proiettano la loro
essenza nel mondo, perdendo la loro essenza preminentemente spirituale.
Immagine questa ripresa dal Dionisio l’Aeropagita, nelle Divine Gerarchie, testo nel quale al sole è attribuita l’origine innanzitutto
della luce spirituale.
Copernico presentando la nuova immagine eliocentrica del mondo,
citò esplicitamente Ermete, per il quale il sole è un “secondo Dio” e dunque
degno di essere venerato come parte centrale di un sistema cosmico divino.
Copernico sembra quindi confermare l’identificazione fra il sole, il demiurgo e
la “mente creatrice” che unisce cielo e terra, inviando dall’alto autentica
essenza ed innalzando la materia dal basso. Implicitamente, egli cercò di dare
consistenza scientifica al capitolo tradotto dal Lazzarelli, inserendo così nel
“senso interno” dell’uomo, l’intermediario fra materia e spirito, un “nuovo fantasma”
non corrispondente alla realtà percepita. Egli forzò, come disse poi Galilei,
la realtà con l’immaginazione sostituendo la seconda alla prima. Operazione
questa di carattere prettamente magico, prima ancora che scientifica.
Del resto, Copernico come Ermete credeva che mentre è
impossibile per l’uomo vedere Dio, ed è impossibile comprenderlo se non per
mezzo di congetture e duro sforzo intellettivo, “non per congettura
contempliamo il sole; lo vediamo con i nostri veri occhi … perché egli è posto
nelle nebbie ed indossa il kosmos
come una ghirlanda intorno a sé … Dio allora è il Padre di tutto; il Sole il
demiurgo; ed il kosmos lo strumento
attraverso il quale il Demiurgo opera”.
Questi concetti ermetici di antica radice pagana vennero
proferiti con tutta solennità da Giovanni da Correggio nella fatidica Domenica
delle Palme del 1484 agli astanti sbalorditi, colpendo profondamente quelle
persone dalla fede stanca, che preferivano al dogmatismo religioso esperimentare
stati d’animo nuovi, sondare dimensioni proibite, entrare in contatto con
quegli spiriti ingannevoli in grado di operare sul senso interiore,
sull’immaginazione umana.
Per tale ragione, il modello eliocentrico, con tutta la
pletora di credenze irrazionali ad esso associata, ha comportato una
rivoluzione innanzitutto mentale all’interno dell’individuo. L’immaginazione
razionale, con l’imporsi di tale immagine, fu come costretta a creare una
realtà parallela, non in linea con quella percepita, costruita sulla base
esclusiva di una logica matematica, non fisica, non in accordo con i dati
dell’osservazione, se non dopo una lunga serie di successive elaborazioni ed
“inversioni” teoriche.
L’immagine fantastica costruita dalla ragione ermetica ha così
gradualmente sostituito l’immagine teologica e metafisica della realtà. La
quale prende inizio dal mondo percepito, ed in questo ritorna per condurre la
mente e la ragione dalla terra verso l’empireo divino. Ove regna indisturbata
la Santissima Trinità, la sterminata milizia celeste, i beati spiriti angelici
che continuamente godono della presenza dell’ineffabile Dio e del suo glorioso Figlio
unigenito, Gesù Cristo, nell'unione d’amore indissolubile generata dallo
Spirito Santo.