L’elemento
fondamentale della geometria ordinaria, euclidea o non euclidea, è il concetto
di distanza. Due punti distinti tra loro sono separati dalla differenza delle
loro coordinate, come intervallo che separa posizioni non coincidenti. Del
resto, noi verifichiamo ad ogni istante la “distanza” rispetto agli oggetti che
ci circondano. Nessun dubbio in proposito, nonostante gli sviluppi che Einstein
elaborò sul concetto di intervallo spazio-temporale e della sua relazione con i
sistemi di riferimento in moto relativo.
Occorre
anche rilevare un piccolo paradosso in proposito. Infatti, le regole della
geometria che consentono di elaborare strutture architettoniche semplici o
complesse, nel caso in cui si riferiscano a luoghi sacri di culto, chiese e
santuari, sembrano essere superate da relazioni più ampie. Questo perché nello
spazio interno ad una chiesa si determinano relazioni con la dimensione
trascendente, anche dal punto di vista geometrico.
È
ovvio che il processo di costruzione di un tempio dedicato al culto di Dio
segue le stesse regole della costruzione di case e palazzi. Ma all’interno di un
tempio consacrato gli intervalli spazio-temporali vengono come assorbiti
nell’unità dello Spirito Santo, per il quale non vale la logica della
separazione e della distanza, ma quella dell’amore e dell’unità.
La
geometria utilizzata per realizzare la struttura materiale del tempio sacro in
tutte le sue parti, in un certo senso, viene integrata e superata da altre
relazioni, terminando di valere al suo interno, nel momento in cui l’edificio
viene consacrato e reso spazio “non ordinario”, luogo di culto ove Dio
manifesta più che altrove la sua viva Presenza celebrata attraverso le fasi del
tempo liturgico.
Dopo
la consacrazione del luogo di culto, infatti, la struttura sacra non appartiene
più al solo ambito profano dal quale è scaturito. Il rapporto terra-cielo,
umano-divino, che in esso si determina trasferisce alla terra aperture e proprietà
celesti o spirituali. Lo spazio sacralizzato diviene gerarchico, strutturato in
altezze, gradi o livelli che culminano nel luogo ove è posto il Santissimo.
Lo
spazio interno ad una chiesa si differenzia da quello esterno, perché lo spazio
sacro non è omogeneo ed isotropo come quello ordinario, ma gerarchico e
graduale. Insomma, come dicevamo se nello spazio ordinario vale il concetto di
distanza, in quello sacro no.
Non
appena si entra in una chiesa, in quel momento si entra in uno spazio a
“distanza nulla”, nel quale vale il concetto di unità e di gerarchia, prima
ancora di separazione e distinzione. Ad una geometria sacra corrisponde
peraltro un tempo sacro e liturgico, il cui carattere e la contemporaneità e
compresenza essendo esso di natura trascendente ed eterna.
La
“non validità” del concetto di intervallo spazio-temporale, o di distanza
all’interno di una chiesa, significa ad esempio che stare nell’ultimo posto o
sedersi nel primo banco davanti all’altare, è equivalente. È fin ovvio
constatare che l’azione di grazia si manifesta in modo analogo per chi è seduto
in prima fila come per chi è seduto al fondo o in piedi ad un passo dalla porta
d’uscita. Una preghiera non acquista valore per il fatto che sia recitata sotto
l’altare o dall’ultimo posto della chiesa. Il “fattore di qualità” che rende
efficace una preghiera o una visita eucaristica è extra-geometrico, non dipende
dal punto in cui si effettua.
Ogni
punto della chiesa sotto l’Altare e sotto il Tabernacolo, lo spazio riservato
ai fedeli, è equivalente, perché come dicevamo in questo luogo lo spazio non è più
omogeneo. In esso tutto è compresente. Il punto A non è diverso dal punto B. A
è coincidente a B. L’ultimo posto coincide con il primo, il primo con l’ultimo,
come se fossero su una stessa linea ideale più che su di un piano reale.
Sono
tre i livelli di spazio, tre i “gradini gerarchici”, tre le “altezze” che
caratterizzano ogni chiesa, santuario, cattedrale. Il primo è lo spazio
riservato ai fedeli, nel quale questi recitano le loro preghiere o partecipano
alle funzioni sacre.
Il
secondo è lo spazio dell’altare, ove i presbiteri, accoliti, lettori svolgono
il loro ruolo durante le sacre funzioni. Esso rappresenta l’altezza, il grado
successivo e riservato della chiesa, distinto da pochi simbolici gradini, una
volta effettivamente delimitato e non accessibile a tutti. In esso si celebra
il Sacrificio di Cristo, secondo le fasi liturgiche che richiamano in essere i
momenti sacri della sua vita di Cristo.
Il
terso luogo sacro, quello che per sua natura trascendente sacralizza ed
“incurva” intorno a sé tutto l’ambito in cui si trova è il Santissimo
Sacramento, riposto nel Tabernacolo, ove risiede la presenza reale di Cristo. È
intorno alla presenza reale di Cristo, per la quale e dalla quale prende
inizio, svolgimento e conclusione ogni azione del tempo liturgico.
Questi
tre gradi dello spazio sacro sono fra essi intimamente connessi, ma distinti e separati
da “altezze” diverse, dal basso verso l’alto. Il passaggio da uno all’altro non
avviene per continuità, ma per gradi qualitativi, come dei “salti quantici”
sacri.
Nel
loro interno, fra punti diversi non c’è distanza, essi sono però distinti l’uno
dall’altro attraverso “gradini mistici”. Tutti i punti della Chiesa
costituiscono cioè un unico spazio strutturato in tre livelli, piani o gradi. In
ognuno di questi sottolivelli non c’è distanza, ma unità, compresenza, rispetto
al Centro determinato dalla Presenza reale del Signore Gesù nel Santissimo
Sacramento. Dal “basso”, riservato al Popolo di Dio, all’altare, centro nel
quale si svolgono i riti sacri, all’Altissimo, dal quale prendono avvio e
significato secondo i vari tempi liturgici. Una struttura piramidale.
Prima
di iniziare le preghiere ci si fa il segno di croce, così quando si terminano.
Il segno di croce come un recinto ideale separa i pensieri comuni dalle
preghiere rivolte a Dio, il profano dal sacro. Così la porta di una chiesa
separa due spazi, uno omogeneo e profano, l’altro gerarchico e sacro.
Il
luogo sacro, che si distingue da quello profano ove valgono le regole
geometriche fondate sul concetto di separazione e di distanza fra due punti
diversi, corrisponde ad una stessa immagine metafisica, qualunque sia la forma
effettiva della chiesa, cattedrale, santuario.
Consideriamo
infatti che tutti i punti dello spazio riservato ai fedeli sono equidistanti
rispetto al centro dell’altare, il quale a sua volta è equidistante rispetto al
Tabernacolo.
Nella
geometria euclidea, il luogo nel quale tutti i punti sono equidistanti rispetto
ad un altro corrisponde alla circonferenza o cerchio che si costruisce appunto
intorno ad un centro geometrico.
Nello
spazio sacro di una chiesa si hanno così due “circonferenze”, separate in
altezza, entrambe centrate intorno al Tabernacolo. Una “corona circolare”
centrata nella presenza reale e centrale di Gesù Cristo.
Ogni
chiesa a prescindere dalla forma e dall’architettura con la quale è costruita e
con la quale si presenta in modo sensibile, può essere riportata nella
geometria sacra ad un modello composto da due cerchi di diversa altezza centrati
intorno all’Altissimo riposto nel Tabernacolo. Al centro il Tabernacolo,
intorno lo spazio dell’altare, intorno a questi lo spazio dei fedeli.
Una
chiesa è come una città tutta definita e perfetta, non più in fase di costruzione.
In questa città messianica, la Gerusalemme celeste, ove tutto è definito
stabilmente, le persone sono attraversate dal tempo, avvicinandosi e conformandosi
sempre più per quanto possibile, alla persona divina di Gesù Cristo, vivo e presente
nelle specie eucaristiche.
È
il rapporto con Cristo che determina le diverse “altezze”, le “parti di cielo”
occupate dalle persone all’interno della Chiesa. Tutto in senso assoluto. Nel “sacro”
infatti il relativo non esiste, poiché ogni ente è relazionato con lo spirito
d’amore che scaturisce come un fiume dal seno della Santissima Trinità.