La rappresentazione cristiana del cielo
non trova corrispondenza nel sistema eliocentrico, perché questo scaturisce da una
dottrina pitagorica che nega la realtà percepita, e la verità non può essere
collegata con l’errore.
Abbiamo
scritto infatti che l’eliocentrismo costituiva il simbolo del culto segreto del
dio Sole che i sacerdoti egizi tramandarono ai pitagorici, insieme a tutti gli
aspetti rituali e magici ad esso collegato riportato in auge dagli ermetisti
rinascimentali.
Per
definire un’immagine metafisica che rifletta il mondo in senso cristiano senza
negare l’evidenza, conviene mettere tra parentesi il modello scientifico dell’universo
elaborato sulla base della teoria copernicana e riconsiderare alcuni argomenti sviluppati
dalla filosofia tomista e dall’insuperabile san Tommaso d’Aquino, troppo in
fretta messi fuori dall’ambito della scienza razionale.
Come
è noto, Copernico, nella metà del 1500, mise in piedi un traballante modello
che postulava il sole centrale, intorno al quale ruotavano i pianeti, Terra
compresa. Modello che non funzionava per nulla, perché in disaccordo con le
osservazioni e le tabelle planetarie. Infatti le orbite dei pianeti erano supposte
circolari e non ellittiche come poi dimostrò il pitagorico Keplero. Le cui tre
famose leggi dimostrano la validità matematica del modello eliocentrico, ma non
la sua realtà fisica. Nonostante la sua inconsistenza iniziale, il modello
copernicano venne accolto con molto fervore dalle aristocrazie che avevano in
odio il tomismo ed il magistero Romano.
Forse
non per puro caso, l’incarico di dare consistenza scientifica al modello
copernicano partì dall’università di Wittenberg, stessa città dove qualche anno
prima (1517) Lutero (che criticò apertamente Copernico) aveva pubblicato le sue
tristemente famose 95 tesi. Venne infatti affidato ad Erasmus Reinhold,
astronomo presso tale università, l’impegnativo compito di preparare delle tavole
dei moti celesti basate sulla teoria di Copernico. Queste vennero pubblicate
nel 1551 con il nome di «Tavole
Prutenicae», in onore del duca di Prussia.
Nella
prefazione a questa opera, Reinhold dopo alcuni retorici complimenti, non
rinunciò a proferire una tagliente critica, scrivendo che Copernico pur essendo
un uomo di grande cultura: «tuttavia si
sottrasse alla fatica della costruzione delle tavole, così che se si usano le
sue tavole per fare i conti, il calcolo non è neppure in accordo con le
osservazioni con cui si basano le fondamenta del lavoro».
Il
modello copernicano non era nemmeno più semplice di quello geocentrico di
Tolomeo perché in esso venivano utilizzati gli epicicli in modo addirittura
maggiore. Inoltre, Copernico aveva postulato l’esistenza di un terzo moto della
terra, oltre quelli di rivoluzione e rotazione, che denominò «moto in
declinazione».
Del
resto, Tycho Brahe (contrario al modello eliocentrico) riuscì a fornire
predizioni superiori a quelle delle Tavole Prudeniche (copernicane) utilizzando
le precedenti Tavole Alfonsine (di ispirazione tolemaica).
Pur non essendo né più preciso, né più
semplice del sistema tolemaico, sotto la martellante spinta dei circoli
anticlericali, il modello eliocentrico prese comunque il sopravvento su quello
geostazionario, nonostante le sue basi fossero minate da un errore o abbaglio
di base. Ed un piccolo errore iniziale come diceva san Tommaso diventa grande
alla fine, perché viene a riflettersi anche in campi diversi da quello
specifico dal quale ha tratto origine.
L’errore
che caratterizza il modello eliocentrico è di tipo metodologico. In genere viene
considerato come un grande merito compiuto da Galilei. Il quale, non potendo negare
il movimento del sole attraverso il cielo, proclamò la fallibilità dei sensi e
della percezione, contraddicendo tra altro la sua metodologia induttiva fondata
sul valore delle “sensate esperienze”.
Galileo,
infatti, da un lato proclama la validità del metodo sperimentale, il primato
dell’esperienza sul fenomeno rispetto alla sua descrizione. Dall’altro, volendo
far prevalere il credo eliocentrico, afferma la necessità di far “violenza al
senso” (negando il fenomeno percepito), rispetto alla ragione stessa, ad
imitazione dei pitagorici, i quali appunto insegnavano a proiettare sulla
realtà l’illusione razionale.
Del
resto, egli accettò il copernicanesimo non per la sua maggior economicità o
precisione, ma per fede ed emulazione pitagorica, come si deduce da una sua Lettera
Copernicana: «non posso trovare termine
all’ammirazione mia, come abbia possuto in Aristarco e nel Copernico far la
ragion tanta violenza al senso, che contro a questo ella si sia fatta padrona
della loro credulità».
Il
baratto galileiano della realtà con la sua rappresentazione ha aperto le porte
alla determinazione di un mondo parallelo a quello reale, idealizzato
razionalmente e virtualmente vero. Di conseguenza, la ragione risulta come prigioniera
del suo potere immaginativo e creativo pressoché infinito, in base al quale
continua a proiettare se stessa su una realtà razionalizzata producendo elementi
su elementi, teorie su teorie.
Così
la scienza induttiva basata sui protocolli sperimentali, tuttavia subordinata a
formalizzazioni sempre più complicate ed astratte, contribuisce ad alimentare
il distacco dalla realtà concreta, fornendo una conoscenza sempre più raffinata
del modello teorico, più che della realtà stessa. Questo sdoppiamento della
conoscenza si evidenzia appunto a partire dal movimento del sole, considerato
apparente per salvaguardare la teoria che lo postula in quiete.
Il
moto del sole percepito dallo strumento della vista da tutti utilizzato smentisce
la teoria eliocentrica. Ma si preferisce smentire l’evidenza del fenomeno fin
troppo palese, per salvaguardare una teoria che evidente non lo è affatto e che
funziona soltanto nella mente immaginativa. La stessa sulla quale opera la
magia.
Per definire un’immagine metafisica della
realtà che la rifletta, senza voler negare le acquisizioni della scienza
moderna, occorre partire da dati certi ed evidenti che la realtà stessa
fornisce. Gli stessi ai quali si riferisce il realismo moderato di S. Tommaso
d’Aquino.
Il
primo dato certo è la quiete della Terra ed il movimento del Sole, dei pianeti
e del cielo intorno ad essa. Movimento indubitabile da tutti percepito che si
presenta come una specie di primo principio della conoscenza cosmologica.
Il
secondo elemento è il senso di ordine che deriva dai corpi che si dispongono finalisticamente
come dicevano gli Scolastici nel luogo corrispondente alla loro natura. I corpi
pesanti verso il basso, i leggeri verso l’alto. Il basso e l’alto intesi non in
senso relativo, ma assoluto.
Non
è il centro della terra che “attrae” i corpi secondo la legge di gravitazione
di Newton. Ma questi si muovono naturalmente verso il loro luogo per
corrispondere alla legge d’ordine dell’universo che dispone il leggero sopra il
pesante, l’alto sopra il basso.
Questa
disposizione metafisica degli elementi secondo i classici strati sovrapposti (terra,
acqua, aria, fuoco) è valida ovviamente in ogni luogo della Terra. Anche per
gli abitanti situati in due punti opposti del nostro pianeta. In questo caso
però l’”alto” dell’uno corrisponderebbe al “basso” dell’altro.
Affinché
l’alto ed il basso abbiamo lo stesso verso anche agli antipodi si postula una
forma metafisica della Terra che la consideri in senso esosferico, più che endosferico.
Ossia, una Terra che contiene metafisicamente tutta la realtà percepita,
rivolta così verso il centro, come i componenti di una tavola rotonda lo sono rispetto
al centro della stessa.
Un
universo concavo più che convesso. L’infinito nel finito. Un mondo rivolto
verso l’interno della Terra, nel quale ruotano i cieli con tutti i corpi
celesti sempre più insensibili, intorno al Centro universale e trascendente, l’Atto
Puro, il Motore Immobile, prova dell’esistenza di Dio, secondo san Tommaso.
Nella
cosmologia scolastica infatti Dio rappresenta la causa, il fine ultimo
dell’universo. Il quale si muove perché mosso dal desiderio di ritornare in
Dio, imitandone la perfezione, in quanto tutte le cose tendono naturalmente
alla pura attualità, alla realizzazione della migliore forma possibile.
San
Tommaso afferma che il sommo Bene attrae a sé il mondo e lo domina
amorevolmente, perché «Dio è il fine di
tutte le cose, come ne è anche il creatore: tutte le cose sono perciò soggette
al governo, alla provvidenza divina» (S. T. q. 103, 5).
E
se Copernico nel capitolo X del suo «De
revolutionibus» scriveva che il centro del mondo deve essere attribuito al
Sole, a maggior ragione affermiamo che il mondo deve essere centrato nel Dio
Trinitario, il quale «come su un trono
regale, governa la famiglia degli astri che gli sta intorno», parafrasando
le stesse parole che Copernico utilizzò per presentare il Sole non come
creatura, ma nello stesso senso di Ermete Trismegisto, ossia come “Dio
visibile”.
Gli scolastici ritenevano che i sette pianeti visibili
fossero collocati su altrettante sfere trasparenti, dette anche cieli. Esterni
a questi, l’ottavo cielo delle stelle fisse ed il nono cielo, il Primum mobile, l’Empireo, cielo di Dio.
Tutto questo all’esterno della Terra considerata immobile ed al centro dei nove
cieli. Ovviamente, sempre meno materiali.
Ribaltando questa immagine dei cieli, cambiando la
circonferenza con il centro, si determina una nuova immagine metafisica
dell’universo, considerato interno alla Terra e centrato nell’Empireo, il Primo
motore incorporeo e non quantificabile. Questo è anche definibile come Appetibile
(ciò che muove, senza muoversi) essendo l’unico motore non mosso rispetto all’Appetente
(ciò che è mosso).
Al Motore Immobile spetta il luogo nel quale tutto
confluisce e dal quale tutto prende energia, ossia il centro, mentre la Terra
corrisponde all’estremo universale, la sfera materiale più bassa della
creazione. Il cielo con tutti i suoi elementi sempre meno sensibili ruotano
internamente alla Terra intorno al Centro universale, l’Appetibile, a velocità costante, trascinati dal movimento perpetuo e circolare dell’impalpabile
“etere”.
E poiché la natura non fa nulla senza uno scopo, ma
sceglie sempre la possibilità migliore, il cielo, come dicevano gli Scolastici,
si muove secondo la direzione più nobile, verso destra. Dove tutti noi vediamo effettivamente
sorgere e tramontare ogni giorno Sole, stelle e pianeti.
Tutto questo secondo un’armonia che rispecchia la
perfezione dell’ordine dinamico, che Dio ha impresso nell’universo per
manifestare la sua Gloria, per partecipare anche alla più infima creatura il
perfetto splendore del suo Essere divino, immutabile ed imperturbabile nella
sua perenne felicità.