martedì 25 dicembre 2018

LE ORBITE DI KEPLERO (ultima parte)


  
                                  
Il riuscito tentativo di Keplero di dare una forma geometrica ai dati raccolti da Tycho Brahe, ratificò il successo del modello copernicano rispetto a quello tolemaico e ticonico. Tuttavia, l’eleganza e la semplicità matematica delle sue tre famose leggi, non risolvono un’antica questione: il mondo è come si pensa, o come si percepisce? In altri termini, le leggi di Keplero possiedono un vero riscontro nella realtà, o sono perfettamente valide solo in ambito teorico, dunque ipotetiche, ma non certe?
Abbiamo infatti più volte evidenziato la contraddizione tra teoria e realtà presente nel modello eliocentrico, circa l’idea del movimento della Terra rispetto al Sole centrale. I sensi e gli effetti fisici dimostrano l'opposto: il movimento del Sole e la quiete della Terra. La prova fisica che la terra è in quiete ed il Sole in movimento è fornita dalla percezione sensibile, quella contraria dalla ragione. Se un tempo, nel processo di acquisizione della conoscenza, si dava preminenza alla logica correlata al cosiddetto senso comune, realtà e ragione combaciavano, poiché quanto si percepisce è vero, oggi non è più così. Vale il principio contrario.
È vero ciò che si pensa, ciò in cui si crede, poiché la percezione della realtà celeste sarebbe illusoria, rispetto alla sua descrizione. Per quale motivo la maggioranza delle persone crede assolutamente alla ragione scientifica ed alla narrazione storica dell’imporsi di una travagliata teoria, piuttosto che alla percezione del reale, direttamente riscontrabile da tutti? La risposta è semplice, e mostra quanto il martellamento operato nel corso dei secoli dalla cultura dominante, sia riuscito ad imporre nell’opinione comune una forma astratta, perfezionata dalla ragione e fortificata da secoli di lavoro scientifico, associato ad una penetrante diffusione che ha investito l’opinione e l’istruzione pubblica, la quale contraddice la percezione dei sensi.
Questa contraddizione comporta una scissione sia nell’ambito della conoscenza, che nella coscienza, le quali non possiedono più un riferimento assolutamente certo e concreto. La realtà tramonta a favore della sua “immagine immaginata”, la quale non sorge come riflesso dal mondo percepito, ma ha radice e sostanza nella ragione dalla quale è stata partorita ed elaborata. All’interno di tale contrasto, il quale determina come una scissura nella coscienza e nella mente, trova giustificazione ogni tipo contraddizione ed illusione. Non ultima, l’allontanamento della ragione dal Dio fattosi carne, poiché la mente viene impegnata ad avvalorare il contrario di quanto la “carne” percepisce. Se si mette in dubbio quanto gli occhi vedono, a maggior ragione si dubita anche di quanto non si vede. La ragione diviene prigioniera di se stessa e del mondo che si è auto costruito, nel quale Dio non è necessario, non è Carne perfetta, ma al più una soluzione teorica pacificante e retorica.
La rappresentazione virtuale del mondo celeste, trasmessa dalla comunicazione sociale mediante immagini, animazioni e simulazioni visualizzabili su pagine di ogni tipo, si è sovrapposta a quella percepita, riuscendo a spogliare quella sensibile di tutti i suoi risvolti trascendenti e sacrali. Il cielo è divenuto una indefinita ed informe mappa astronomica, interpretata esclusivamente da super esperti, sempre molto saccenti ed autocompiacenti, formati secondo le tecniche e gli indirizzi dell’astronomia moderna, inaccessibili ai profani, se non attraverso specifiche e ridondanti divulgazioni. Si è giunti quindi alla conoscenza perfetta dei moti planetari, delle strutture chimiche di stelle e di altri elementi celesti. Si è scandagliato il cielo con strumenti di ogni tipo, ricavando dati sperimentali, diagrammi, modelli, programmi informatici pronti ad indagare ogni ipotesi cosmologica. Eppure, nonostante questa rilevante sapienza enciclopedica, qualcosa non torna qui, sulla Terra.
I risvolti negativi della conoscenza scientifica, al di là dei vantaggi del progresso tecnologico, insieme ai suoi risvolti negativi in ambito sociale, risuonano nell’intimo di molte coscienze insoddisfatte della vita moderna, delle sue contraddizioni e problematiche. La visione del cielo non rasserena più, non rimanda al “altro”, essendo stata spogliata del lato misterioso e trascendente, che costituisce invece a tutti gli effetti la vera sua essenza. Tutto viene fatto rientrare e spiegato alla luce della tecnica astronomica, praticata da astronomi ed astrofili. Un settore molto limitato della popolazione. Se un tempo si cercava di leggere nel cielo i messaggi e la volontà relativi ad una dimensione superiore ed invisibile, oggi i fenomeni atmosferici e celesti interessano alla maggioranza delle persone per lo più in senso meteorologico. Ci si preoccupa del tempo che farà nel prossimo week end o nel periodo di ferie programmato. A parte sentimentali sguardi di ammirazione e di emozione passeggera, il cielo non dice più niente a chi è costretto ed abituato a guardare per terra. Come se stelle e Sole fossero per molti come lampadine, utili solo per far luce e portare il bel tempo, o come un soffitto da guardare fuggevolmente, quando lo si riesca a vedere. La scienza moderna ci ha dato tanto, ma ci ha tolto quel senso del mistero e della trascendenza insito nella stessa natura dell’uomo, con la pretesa di voler spiegare tutto attraverso i suoi canoni standardizzati fatto di numeri e codici.
A scuola abbiamo imparato tutta la storia che ha accompagnato l’imporsi della teoria copernicana, la genialità del rivitalizzatore di tale teoria, Galileo, l’ottusità dei tomisti. I quali, attaccati alla logica aristotelica e quindi privi di aperture intellettuali, credevano il contrario, soltanto perché questo era provato dalla evidente, ma troppo semplice per menti complicate, quiete terrestre. Fortuna che sorsero scienziati eminenti e liberi, Copernico, Galilei, Keplero, tuttavia, come abbiamo detto in precedenza, legati alla stessa matrice sotterranea che agiva in tutt’Europa.
Keplero, anche se semicieco, riuscì a dimostrare “come andava il cielo”. Attestò quale fosse il vero modello celeste, quello composto da orbite ellittiche, dove il Sole occupa uno dei due fuochi. In questo notissimo modello, i pianeti, Terra compresa, rallentano ed accelerano, non solo perché ruotano su se stessi, ma perché orbitano su ellissi più lontani o più vicini al Sole. Le sue tre leggi, di anno in anno insegnate nelle sedi scolastiche, sono divenute più indubitabili di Dio, dei suoi angeli e dei santi. Tutti relegati dalla ragione scientifica nell’ambito della superstizione, come obsoleto folclore insopportabile per l’uomo di scienza.
Tuttavia, la scienza, che ha soppiantato la religione, con il razionalismo e materialismo scientifico, fino a che punto è credibile nelle sue imperiose certezze? Che dire infatti delle leggi di Keplero, le quali a ben vedere indicano proprio il contrario di quello che postulano? Dovendo infatti un pianeta percorrere un’ellissi, nella quale uno dei due fuochi è occupato dal Sole, non potrebbe muoversi senza accelerazioni, ruotando oltre che su di sé, intorno ad uno dei due fuochi. La seconda legge di Keplero mette in rilevo tale aspetto. Essa asserisce che le aree descritte dal raggio vettore che unisce il pianeta al Sole sono proporzionali ai tempi impiegati a percorrerle. Ossia, aree uguali vengono coperte in tempi uguali. Quindi i pianeti accelerano quando la distanza dal Sole è minima, e rallentano quando la distanza è massima.
Un’ulteriore conferma di questo moto accelerato e curvilineo è dato dalla terza legge, la quale specifica che i quadrati dei periodi di rivoluzione planetari sono proporzionali ai cubi degli assi maggiori delle loro orbite. Tale legge indica che più ci si allontana dal Sole e più i periodi impiegati dai pianeti a percorrere le loro orbite aumentano. Le velocità di tutti pianeti orbitanti, ed in particolare della Terra, per principio dunque non è costante. Se fosse costante le aree descritte dai pianeti in uguali intervalli di tempo non sarebbero uguali.
Ebbene, questo è del tutto il contrario a quello che si vede nel cielo e sulla Terra, la quale dal punto di vista fisico si presenta come in quiete, senza alcun effetto relativo alla sua velocità variabile prevista da Keplero, alle sue teoriche accelerazioni e decelerazioni intorno al Sole. In realtà, noi percepiamo che il Sole si sposta nel cielo a velocità sempre costante, inverno ed estate, primavera ed autunno, percorrendo spazi di cielo uguali in tempi uguali. Questo suo movimento regolare è infatti un segno per la misura dello scorrere del tempo, come afferma la Genesi, nel quarto giorno della creazione (Gn 1, 16-19). Se fosse la Terra a muoversi su orbita ellittica a velocità variabile, non vedremmo e non sentiremmo altrettanta “pace dinamica”. Dovremmo vedere il Sole accelerare e rallentare rispetto a noi nel suo passaggio nel cielo. Invece, non vediamo questo.
La regolarità, l’ordine dei movimenti celesti, il variare delle stagioni, l’alternarsi delle ore, dei giorni e delle notti sono invece un segno ben chiaro ai nostri occhi. Tutto questo avviene secondo un moto uniforme, con traiettorie rapportabili ad un regolare moto circolare uniforme, più che a linee ellittiche e moti accelerati. Afelio e perielio non corrispondono a variazioni di velocità, né di Terra, né di Sole, riscontrabili da comuni osservatori terrestri. L’orbita corrispondente al movimento del Sole è circolare. Non ellittica. Il Sole compie nel cielo archi di circonferenza, traiettorie corrispondenti ad archi circolari, d’estate e d’inverno, innalzando o abbassando la sua traiettoria in seguito ad equinozi e solstizi. Archi di cerchio e non rapportabili a vertici di ellissi.
Questo appare ai sensi, ed è verificato anche dagli strumenti più semplici: gli occhi. I calendari si basano sulla affidabilissima regolarità e velocità costante del moto solare e lunare. Il versetto del Libro della Sapienza, secondo il quale «Tu hai disposto tutto con misura, calcolo e peso», omnia in numero, mensura, pondere disposuisti, (Sap 1, 21), rispecchia proprio questa armonia, regolarità ed inalterabilità dei movimenti celesti, del movimento del Sole. In questo senso, il mondo è ordinato, e seguendo i gradi dell’ordine l’uomo può innalzare la propria mente verso la dimensione trascendente, che sovrasta quella ordinaria, fino a riconoscere in essa la presenza e l’azione del Pantocrator, Signore dell’Universo: «C’è infatti un altro mondo, lontanissimo da questi occhi, che l’intelletto di pochi sani riesce a vedere, come afferma lo stesso Cristo, che non dice: Il mio Regno non è del mondo, ma il mio Regno non è di questo mondo» (Agostino, De ordine 11.32). Ma la realtà di questo mondo ultramondano è stata adombrata nel tempo dalla cosiddetta scienza moderna. Sempre fiera dei suoi proclami, sempre pronta ad irridere ed azzittire chi osa dubitarne.



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