venerdì 9 novembre 2012

IL "DOLORE" DI NEWTON





Gli scienziati, in genere così immersi nello studio di questa dimensione, spesso tralasciano di occuparsi e credere nell’altra. Che tuttavia si manifesterà in modo tangibile anche a loro, trovandoli forse impreparati ad accoglierla.

Sembra che questa evenienza accadde proprio ad Isaac Newton, nel momento in cui stavano per aprirsi le porte del Regno soprannaturale. Pare infatti che il grande scienziato provasse una sorte di terrore irrefrenabile di fronte all’avvicinarsi di “sora morte corporale”.

Riferisce in proposito W. Rankin che negli ultimi momenti di vita: «Il dolore di Newton salì a tale livello che, con meraviglia dei presenti, il letto sotto di lui e la stanza stessa furono scossi dai suoi spasimi; tale fu la lotta che la sua grande anima sostenne nel lasciare il suo involucro terreno», («Newton – Per cominciare», Feltrinelli, Milano 1996, p. 162).

Questa testimonianza, se vera, corrisponde a quanto riferì in proposito san Giovanni Crisostomo: «Accade che molti moribondi siano uditi raccontare orrori e spaventose visioni la cui vista è loro insopportabile, spesso scuotono il letto con violenza e fissano con paura gli astanti, mentre l’anima si rintana nel corpo dal quale si rifiuta di essere strappata, incapace di sopportare la vista degli angeli che si fanno incontro. Se siamo terrorizzati quando vediamo un uomo dall’aspetto spaventoso, che cosa non soffriremo quando vedremo tra i nostri visitatori angeli in atteggiamento minaccioso e potenze dall’aspetto severo, mentre l’anima verrà strappata dal corpo e trascinata via emettendo alti e vani lamenti?» (Omelia 53 su san Matteo).

Il terrore della morte accomuna un po’ tutti i comuni mortali. Tranne i santi, i quali muoiono beatamente ricevendo già un assaggio della ricompensa per l’attaccamento alla fede dimostrato in vita. Persino sotto le più orribili torture i santi dimostrano una serena felicità attendendo con crescente gioia il momento del definitivo trapasso. La loro anima gode infatti della presenza spirituale di Gesù e di Maria specialmente nel momento cruciale del trapasso. Prima cioè di venire accolta dagli angeli e portata direttamente dinnanzi al trono di quel Dio nel quale hanno creduto e pur senza vederlo sensibilmente hanno servito e testimoniato con amorevole dedizione.

È nota peraltro l’avversione di Newton verso le forme del cattolicesimo tradizionale. Molti scrivono che egli fosse uno scienziato credente in Dio. Ma non certo nel Dio cristiano. La sua professione di fede era ariana e panteista. Non credeva nella divinità di Cristo. Nel 1669, rifiutò di emettere i voti religiosi necessari per cominciare la carriera accademica, che intraprese lo stesso grazie ad una dispensa personale del Re Carlo II.

Ritenendo infatti che un momento cruciale della corruzione di una presunta religione vera ed originale, rivelata direttamente da Dio a Noè, fosse il Concilio di Nicea, del IV secolo, scrisse tra l’altro in una delle sue pagine esegetiche che «Nulla, tranne la Chiesa di Dio, può essere una cortigiana e commettere adulterio» (I. Newton, Trattato sull’Apocalisse, Boringhieri, Torino 1994, p. 221).

Egli alludeva così implicitamente all’esistenza di una chiesa “pura”, non corrispondente a quella cristiana, alla quale egli forse apparteneva e per la quale militava. Sempre secondo Rankin (cit. p. 116), Newton riteneva infatti che la vera religione fosse quella di indole solare praticata delle vestali.

Nel tempio di Vesta costruito a immagine del sistema solare si adorava il dio della natura, rappresentato da un fuoco centrale perennemente acceso e circondato da sette lampade, così come il sole è circondato da sette pianeti. Egli dunque appoggiò e sviluppò l’eliocentrismo perché era il simbolo della sua fede naturalistica prima ancora che un elemento di ragione.

Di conseguenza, come molti illustri personaggi che popolarono il settecento inglese ingrossando le fila della nascente massoneria che riportava all’interno della società le antiche tradizioni egizie e druidiche, egli associava la Chiesa Cattolica alla “bestia” dell’Apocalisse e riteneva che il Papa impersonasse l’anticristo.

Coerente con queste posizioni, in uno degli ultimi momenti di lucidità, Newton dichiarò alla nipote la sua volontà di non ricevere i sacramenti degli agonizzanti e la benedizione “in articulo mortis”, affrontando così in totale solitudine e tormento spirituale l’ingresso in quello spazio ed in quel tempo assoluti che egli aveva allontanato dalla realtà e svuotato di contenuti spirituali, idealizzandoli matematicamente come ipotesi astratte.

L’illustre anima in quel travagliato momento forse vide risalire nella propria coscienza le ventotto anime di quelle persone che mandò alla forca, adempiendo fin troppo zelantemente l’incarico di direttore della Zecca Reale. Tra le quali una sorta di scomodo rivale esperto in coniatura, William Chaloner, condannato a morte, perché sembra avesse osato accusare lo stesso Newton ed altri alti dirigenti delle contraffazioni e dei crimini contro il conio di cui egli veniva incolpato.

Può tuttavia anche darsi che lo scienziato si ritrovasse di fronte alla personificazione di quello “spirito sottile” con il quale per lunghi anni aveva interagito più o meno inconsapevolmente manipolando gli elementi alchemici. Gli alchimisti infatti trattando la materia attraverso fusioni, condensazioni e distillazioni successive credono di influire su uno “spirito eterico”, una sorta di “super energia”, a loro avviso presente anche nei metalli più solidi e da questi “estraibile”. In questo senso, come ha affermato Mircea Eliade (cfr. «Cosmologia ed alchimia babilonesi», Sansoni 1992), l’alchimia non consiste in una scienza empirica, né in pre-chimica, ma in una tecnica mistica, di carattere pseudo soteriologico.

Siffatti interessi extra scientifici assorbirono in modo considerevole la vita di Newton nel delicato momento storico che segnava il passaggio da un secolo all’altro, dall’era cristiana a quella massonica, dal cosmo armonico all’universo amorfo, dalle distinzioni logiche alle simpatie e corrispondenze universali.

Questo aspetto, come abbiamo più volte riferito, costituisce una sorta di tabù della vita di Newton. È infatti poco conveniente ammettere che un personaggio al quale si deve la strutturazione della scienza moderna, responsabile anche di gran parte della nostra forma mentis, chiusi i quaderni scientifici, aprisse quelli relativi alle scienze occulte, riempiendoli di quasi un milione di parole, che scandalizzarono quanti ne presero visione. E che difatti sono ancora tenute sotto chiave, in parte a Cambridge, in parte a Gerusalemme.

In questi quaderni, forse, si trova scritto qualcosa in più su quell’energia universale, lo “spirito sottilissimo” tanto caro a Newton ed agli alchimisti di tutti i tempi ai quali, come riporta P. Arnold nel classico testo «Storia dei rosacroce» (Bompiani, 1994, p. 76), si deve la nascita della scienza moderna. Questa “entità energetica” viene ricondotta dalla teosofa Blavatsky, nel libro «Dottrina segreta», ad un “personaggio” tristemente noto: «Satana (o Lucifero) [il quale] rappresenta l’Energia attiva dell’Universo … Egli è il fuoco, la Luce, la Vita … Satana è il Dio, il solo Dio del nostro pianeta» (p. 400).

 Questa “energia universale” tanto ricercata dagli alchimisti rinascimentali sembra essersi come materializzata al giorno d’oggi, al punto da sostituirsi a Dio. La dimensione tecnologica ha infatti costruito come un paradiso in terra nel quale, ogni esigenza o aspettativa concreta sembra trovare risposta, eliminando ogni rimando all’altra dimensione.

Oggi tutto dipende dall’energia sfruttabile, la quale mette in moto la nostra vita quotidiana e dalla quale tutti dipendiamo. Senza questa energia, sorta di “motore immobile” moderno, tutti noi saremmo persi, immersi in un buio naturale, in un’immobilità, in un isolamento ai quali non siamo più abituati ed ai quali difficilmente ci abitueremmo. Quest’energia alimenta la nostra vita e senza di essa tutto si fermerebbe riportandoci indietro di centinaia di anni.

Eppure proprio in questa condizione di restrizione e difficoltà estrema, ognuno avrebbe forse modo di riprendere quel contatto con il proprio sé, trascurato ed occultato dalle gratificazioni della tecnica e dalle manipolazioni psicologiche di massa che attraverso essa sono messe in atto, anche attraverso l’ideologia che si maschera dietro le più importanti teorie scientifiche diligentemente apprese durante gli anni di formazione scolastica.

La scienza dell’immanenza infatti attraverso i suoi rigidi protocolli non fa che innalzare impervie barricate contro la dimensione insensibile, allontanandola sempre più dall’indagine della ragione. Così, le nostre menti, costrette nelle gabbie dell’immanenza, distratte dalle gratificazioni della tecnica, dalle polemiche della politica e dai drammi della cronaca, non riescono a cogliere la consistenza della realtà ultraterrena. Realtà più che certa e più che concreta, che ogni persona sperimenterà definitivamente, dopo quel fatidico momento che la fede in Cristo induce ad attendere con viva speranza, senza alcun timore.