lunedì 31 ottobre 2016

IL TRISTE TEILHARD



Qualcosa di ambiguo, questo personaggio lo possiede già nelle sue radici. La madre, Berthe-Adèle de Dompierre d’Hornoy, era infatti pronipote di Marguerite-Catherine Arouet, sorella di Voltaire, il sarcastico denigratore di Cristo e dei cristiani. Sembra che Pierre Teilhard de Chardin abbia intrapreso lo stesso intento, per altra via, sotto forma di un raffinato pseudo misticismo, formulato in termini ambigui e vaghi, insidiosi addirittura. Insomma, un cristianesimo di facciata che trasmette al suo interno i germi del suo contrario.
Pierre nacque nel 1881, nel cuore della Francia, vicino a Clermont-Ferrant, quarto di undici figli, in una facoltosa famiglia di antica nobiltà. Studiò in un collegio di Gesuiti ed entrò nella Compagnia a diciotto anni. Morì improvvisamente il giorno di Pasqua, nei pressi di New York, il 10 aprile 1955, come a compimento di un suo espresso desiderio.
La sua opera venne ripetutamente condannata. Nel 1957, iniziarono i primi interventi censori da parte della Santa Sede. Anche il papa “buono”, Giovanni XXIII, firmò un monito del Sant’Uffizio, nel 1962, che proibiva le sue pubblicazioni, perché «contengono ambiguità ed errori gravi che offendono la Dottrina Cattolica». La Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, ex Sant’Uffizio, confermò tale proibizione, nel 1967.
Il perché dei molti sospetti verso un esponente della Chiesa, nonché paleontologo, oggi da più parti rivalutato ed ampiamente sdoganato, è presto detto. Le sue opere, come dicevamo, esprimono un’interpretazione della fede cristiana, in senso gnostico, acquariano, in vista di una nuova chiesa, “post cattolica”. Un veleno iniettato sotto forma di bene ed in grado di contagiare gran parte del sacro Organismo.
Le elucubrazioni di Teilhard, colte ma confuse, camuffate di spiritualità metacristiana, espresse con una terminologia ambigua e sfuggente sono difatti riuscite a permeare molte coscienze e strutture ecclesiastiche. Anche in base ai forti appoggi esoterici, che puntualmente entrano in gioco quando qualche personaggio singolare si impegna a travisare la sacra dottrina. Del resto, come avvertiva Cristo circa i falsi profeti che si manifesteranno alla fine dei tempi: «Là dove sarà il cadavere, si raduneranno gli avvoltoi» (Mt 24, 28). Il cadavere in questo caso sarebbe Teilhard, gli avvoltoi i suoi seguaci?
Pertanto, è venuta ramificandosi, all’interno della dimensione cristiana, una mentalità ecclesiale, non più coesa e stabile. Ma in continua evoluzione nelle sue certezze, fino al dissolvimento delle stesse, in una sorta di “dissolve et coagula”, teso alla determinazione del teilhardiano “Cristo finale”, il vago ed incomprensibile “Punto Omega”, presunta sintesi e vertice del movimento evolutivo di ogni essere, di ogni pensiero-materia, di ogni istituzione[1].
Non è dato comprendere, come la persona divina di Cristo possa essere concepita e comparata ad un concetto sfuggente come quello di “punto”. Il “punto” è una idealizzazione euclidea, estranea alla realtà. Esso non appartiene allo spazio, perché è senza estensione e senza parti, mentre lo spazio è esteso e frazionabile. Peraltro, il Cristo nell’Apocalisse ha detto di essere l’alfa e l’omega, l’inizio e la fine, non solo la fine, l’omega (cfr Ap 22, 13), una sorta cioè di “buco nero” in grado di assorbire tutto l’universo.
Viene da chiedersi come un religioso possa essere giunto ad interpretare in modo così ambiguo la persona divina di Cristo, rendendola un’entità fondata su elucubrazioni soggettive e vacue. In un certo senso, è Teilhard stesso che in uno dei suoi scritti, Le cœur de la Matière, fornisce la risposta. Egli fin dall’infanzia si dice posseduto da un vivo desiderio di trovare qualcosa di solido, consistente: «Non avevo più di sei o sette anni quando mi sentii attratto dalla Materia – o più esattamente a qualche cosa che splendeva nel cuore della Materia».
Il giovane Pierre, come i presocratici, cercò l’essere delle cose, localizzandolo nel materiale duro. La compattezza della materia ispirava in lui appagamento. Amò quindi prima il ferro. Ma quando scoprì che si arrugginisce, confortò la delusione ricorrendo alla pietra, palese rappresentazione del “pieno”. Con la maturità venne anche l’evoluzione. Egli si convinse che l’assoluto, più che nella pietra, fosse nella dinamica che trasforma il cosmo. Intese così l’evoluzione come il fattore immutabile, l’eterno divenire.
Il “pieno” della giovinezza, si trasforma dialetticamente nel “vuoto” della maturità. Il “duro” si sublima nel suo opposto, la materia nello spirito, sulla scia del passo alchemico di Maria l’Ebrea, del 200 d. C.: «Se non rendi incorporei i corpi e non rendi corporee le cose prive di corpo, il risultato atteso non ci sarà». Teilhard pertanto “smaterializza” Cristo, per renderlo qualcosa che non esisterebbe, se non nella mente di chi così lo concepisce, dando corpo al suo opposto, a ciò che gli si oppone: lo spirito dell’Anticristo.
Nell’opuscolo del 1923, «La messa sul Mondo», sottotitolato, «Il Fuoco sul Mondo», scrive: «In principio era il Fuoco … Tu mio Dio sei l’essenza stessa e la stabilità dell’Ambiente eterno … Spirito ardente, Fuoco fondamentale e personale, Termine reale di una unione mille volte più bella e desiderabile della fusione distruttrice immaginata da qualsiasi panteismo, degnati di scendere, oggi ancora, sulla fragile pellicola di nuova materia in cui sta per avvolgersi il Mondo, per dargli un’anima».
Il Verbo (cfr. Gv 1, 1) viene qui equiparato ad un fuoco universale, invocato per divenire, in una sorta di ierogamia distruttrice, come l’anima mundi di una nuova materia, prossima ad avvolgere la Terra. Del resto, Teilhard si sente «figlio della Terra, molto più che un figlio del Cielo». E nella sua «messa mentale sul Mondo», continua la sua strana preghiera: «forte di un sacerdozio che tu solo, credo, mi hai conferito, su tutto quanto, nella Carne umana, si prepara a nascere o morire sotto il sole che sorge, invocherò il Fuoco». Invece dello Spirito Creatore, viene invocato l’accensione di un fuoco materiale divinizzato, segnato con la maiuscola, come la «Carne» umana.
Alla luce di queste rapide note, si comprende perché de Chardin sia molto apprezzato in ambiti non cattolici e pseudo cristiani. Non a caso, il suo nome risulta quello più citato, in un famoso sondaggio[2], circa l’autore che più ha influenzato nei soggetti intervistati la trasformazione interiore, in senso acquariano, evolutivo, in vista di una nuova religiosità.
D’altra parte, come dichiarando l’abbandono di ogni resistenza al peccato, egli scrisse: «Mi sono accorto di perdere contatto con me stesso. A ogni passo della discesa si manifestava dentro di me una persona nuova, della quale non ero più certo di conoscere il nome e che non mi obbediva più. E quando ho dovuto arrestare l’esplorazione perché il sentiero svaniva sotto i miei passi, ho scoperto ai miei piedi un abisso senza fondo, e di lì scaturisce, chissà da dove, la corrente che oso chiamare la mia vita»[3].
L’esoterista René Guénon, evidenzia che «l’idea di evoluzione costituisce per i teosofisti una vera ossessione»[4]. E per Teilhard il concetto di evoluzione fu davvero l’ossessione che lo porterà a concepire un evoluzionismo materialistico, che implicitamente nega la realtà del male e la trascendenza dell’ordine soprannaturale, alla luce di una “Materia” considerata eterna ed autosussistente, soggetta ad una continua evoluzione, culminante in una sua incomprensibile autocoscienza spirituale.
Scrive in modo altrettanto oscuro, la teosofa Alice Bailey, fondatrice nel 1923 della Scuola Arcana, nel Trattato di Magia bianca: «La Vita Unica, manifestandosi attraverso la materia, produce un terzo fattore che è la coscienza. Questa, risultato dell’unione dei due poli, spirito e materia, è l’anima di tutte le cose ... La Vita Unica diviene così un’entità determinata e cosciente per mezzo del sistema solare ed è quindi la totalità delle energie, di tutti gli stati di coscienza e di tutte le forme esistenti … Lo scopo per cui la Vita prende forma e il proposito dell’essere manifestato è lo sviluppo della coscienza o rivelazione dell’anima».
Stesso pseudo spiritualismo senza sostanza, stessa avversione verso il “senso comune” e la logica concreta del principio di non contraddizione. Stesso processo di dissoluzione della realtà percepita, per quella immaginata. L’idea nuova, tuttavia, per quanto astrusa, porta in sé una forza implicita, che si amplifica in misura della compartecipazione alla stessa, alimentata dalla “cospirazione” messa in atto da chi trae profitto, materiale e metafisico, dal suo imporsi nella collettività.
Insofferente verso la religione dogmatica, scriveva da Pechino, il 15 aprile 1929, parole molto gravi per un sacerdote di Cristo: «Durante lo scorso inverno, ho avuto una crisi abbastanza forte di antiecclesiasticismo, per non dire di anticristianesimo (sic!). Ma poi questo subbuglio si scioglie, adesso, in un sentimento più largo e più pacato. Dal momento che la mia unica regola di valutazione ed applicazione pratica tende a divenire sempre più questa: “Credere nello Spirito”». Sia chiaro, non nello Spirito Santo, ma nello Spirito evolutore della Materia.
A proposito di questo “Spirito”, egli scrive: «Mi è venuto in mente che si potrebbe scrivere un saggio dal titolo Il terzo Spirito, e cioè “lo Spirito di divinizzazione del Mondo”, in contrapposizione all’alternativa troppo semplicistica “Spirito di Dio” e “spirito del mondo”». È questo spirito metacristiano, del tutto estraneo alla terza Persona della Divinità, che lo spinge ad esaltare la materia, intaccando dall’interno il Corpo Mistico al quale egli stesso apparteneva.
Il 26 gennaio 1936, scriveva: «Ciò che sta dominando gradualmente i miei interessi e le mie preoccupazioni interiori è lo sforzo per stabilire in me e diffondere attorno a me una nuova religione (chiamiamola, se vogliamo, un cristianesimo più progredito), in cui il Dio personale non sia più il grande proprietario “neolitico” di una volta, ma l’Anima del Mondo che il nostro stadio culturale e religioso richiede … il Male (non più castigo per una colpa, ma “segno ed effetto” del progresso) e la Materia (non più elemento inferiore ma “stoffa dello Spirito”) assumono un significato diametralmente opposto a quello abitualmente considerato come cristiano». Ancora, l’evoluzione del Credo, ma in senso opposto a quello cristiano. Ancora, Materia, Male, Anima del Mondo, con la maiuscola, come si conviene alla divinità, paganamente intesa.
Nel suo pseudo “cristianesimo progredito”, o meglio: “anticristianesimo”, il confusionario gesuita, dopo aver considerato in modo offensivo Dio (“proprietario neolitico”), ed averlo degradato al livello dell’Anima mundi degli alchimisti, propone un’interpretazione del male e della materia diametralmente opposta a quella cristiana, dunque anticristiana. Come Nietzsche, in vista della realizzazione dell’orgoglioso “super Uomo”, egli prospetta il superamento del bene e del male. Anzi reputa il Male (con la maiuscola) come necessario al progresso del mondo e della società.
L’alto iniziato massonico, Albert Pike, in Morals and Dogma, attestava analogamente che: «Il male è l’ombra del bene e da esso è inseparabile … Dunque all’umanità è necessario il male … come è indispensabile la salsedine all’acqua del mare. Anche qui l’armonia può derivare soltanto dall’equilibrio dei contrari», alla luce della dialettica alla quale abbiamo già accennato. Anche, la Blavatsky, fondatrice nel 1875 della Società Teosofica, dichiarava che il male non è una mancanza del bene, dal quale chiediamo al Padre di essere liberati, ma addirittura: «il Male è una necessità ed è anche uno dei sostegni del Mondo Manifestato. È una necessità per il Progresso e l’Evoluzione, come la notte è necessaria per produrre il giorno e la morte per avere la vita, affinché l’uomo possa vivere eternamente»[5].
Tali strane assonanze, tra l’opera di un gesuita e quelle di autori esoterici, non possono che produrre ancora equivoci e confusione, nonché danni irrimediabili per la fede. Sono quindi comprensibili e sempre attuali le riserve dell’ex Santo Uffizio, il quale, il 6 dicembre 1957, due anni dopo la sua morte, preoccupato per i mali che tali pensieri confusi avrebbero potuto provocare alla fede, ordinò di rimuovere i libri di Teilhard dalle biblioteche, di non venderli nelle librerie cattoliche e di non tradurli in altre lingue.
Tutto il contrario di ciò che è stato fatto, a partire dal Concilio Vaticano II[6], dopo il quale gli scritti di questo falso profeta (cfr. At 20, 29) hanno trovato riconoscimento nella Chiesa, anche se «il suo nome non è uscito dalle labbra di alcun papa»[7]. Ma nell’enciclica di Francesco, Laudato si’, viene citato in nota, nel punto 83.







[1] Sul “Punto Omega”, ipotetico termine della convergenza cosmica, cfr. AA. VV., L’uomo e l’universo – Omaggio a Pierre Teilhard De Chardin, S. J., Specola Vaticana, Città del Vaticano 1987, p. 90 e sgg.
[2] M. Ferguson, La cospirazione dell’Acquario, Marco Tropea Editore, Milano 1999, pp. 54 e 550.
[3] Ivi, p. 118.
[4] R. Guénon, Il teosofismo, storia di una pseudo religione, Arktos, Torino 1987, vol. II, p. 276.
[5] H. Blavatsky, “La dottrina segreta” - Antropogenesi, ed. Bocca, Milano 1953, p. 634.
[6] Il pensiero di Teilhard è richiamato nella, Gaudium et Spes (n. 39), ove si pone in relazione la città terrena con quella divina, il progresso terreno con il Regno di Dio.
[7] H. Küng, L’inizio di tutte le cose, Rizzoli 2006, p. 121.