domenica 13 novembre 2011

SCIENZA E RELIGIONE





La scienza ha elaborato, a partire dal 1600, un modello del mondo fondato sull’idea della rotazione terrestre, dell’immobilità solare, dell’infinità dell’universo, ecc. Nel corso dei secoli, sono state rapportate a tale modello tutte le osservazioni sperimentali che andavano determinandosi riguardo all’universo.
Tra i postulati basilari posti a fondamento della metodologia scientifica, emerge quello dell’indipendenza della scienza dalla metafisica, e la netta separazione fra indagine scientifica e fede religiosa. La scienza pertanto esclude di principio ogni ricorso ad ipotesi non quantificabili dal punto di vista matematico, ogni riferimento alla metafisica, che si occupa della realtà ontologica, che a sua volta sfocia nella teologia, scienza di Dio.
La scissione fra scienza e fede si determinò in seguito alle istanze galileiane, che dichiaravano l’indipendenza della ricerca scientifica dal dogmatismo religioso. Il suo commento al Salmo 18, o al famoso passo di Giosuè, che attestano il moto del sole rispetto alla Terra, mise in discussione la verità della Scrittura nelle questioni naturali.
La Bibbia poiché utilizza un linguaggio allegorico e simbolico non deve essere presa alla lettera, specialmente quando si tratti di problematiche scientifiche, perché essa non è stata scritta per dirimere i misteri della natura. Dio ha trasmesso ai suoi interpreti i significati apparenti della realtà, utilizzando un linguaggio semplice accessibile al popolo rozzo e ignorante, sostiene Galilei.
L’uomo, pertanto, per giungere alla conoscenza scientifica deve slacciarsi da ogni riferimento alla Scritture, per utilizzare un linguaggio rigoroso ed obiettivo, un linguaggio quantitativo ed universale, qual è appunto quello matematico. Tutto quanto non rientra nei canoni di questo linguaggio non è scientifico, cioè non è vero. Ove con vero si intende e confonde il reale.
La matematica utilizzando la rappresentazione quantitativa della realtà, ha consentito alla scienza di elaborare il proprio modello del mondo, che non può considerarsi definitivo, perché la verità scientifica è relativa e sempre in fieri. L’astronomia moderna ci parla dunque di universo infinito, di galassie, buchi neri, di universi paralleli, nei quali sarebbe possibile trovare altrettanti alter ego, semmai inconsapevoli l’uno dell’altro. Queste sono supposizioni che però vengono considerati quasi alla stregua di fatti, perché presentati sotto il linguaggio matematico della scienza, in grado di dare autorevolezza alle fantasie più strane.
L’esclusione di Dio dall’universo da Lui creato è una conseguenza dell’atteggiamento iniziale perseguito dalla scienza galileiana. È infatti ovvio che se si esclude un elemento dalle fondamenta di una costruzione, quest’ultima non potrà riprodurlo nelle fasi finali. Pertanto, risulta vano ogni tentativo di mediazione o di interpretazione cristiana dell’universo elaborato da una scienza basata su di un’ideologia quantitativa e materialista che esclude per principio ogni riferimento al Dio Creatore e Redentore.
Proprio perché non è possibile risalire o ritrovare Cristo nell’attuale visione scientifica del mondo, quest’ultima non può essere considerata in linea con la filosofia realistica cattolica, che in modo continuo rapporta la creazione e gli esseri al Creatore. Tale affermazione non deve essere tuttavia considerata come un rifiuto del quadro della realtà che la scienza ci prospetta.
Al contrario, la scienza propone i suoi insegnamenti derivanti dalle sue indagini sperimentali e razionali di tutto rispetto. Occorre però ridimensionare l’immagine ed il valore delle teorie che la scienza propone. La scienza infatti non produce verità, ma ipotesi falsificabili. Le sue teorie, i suoi modelli sono frutto della ragione, ed in quanto tali transitori, relativi.
Al di là dei modelli proposti dalla scienza riguardo alla concezione del cosmo riteniamo allora possibile elaborare un quadro della realtà naturale che si distacchi e distingua da quello propostoci dalla scienza, e che possa considerarsi ad esso alternativo. Non si tratta di negare le conclusioni alle quali è pervenuta la scienza nel corso degli ultimi secoli. Si accetta dunque il modello eliocentrico, la teoria atomica, la relatività particolare e generale, ecc.
Si tratterà dunque di ottenere un modello cosmologico cristocentrico che si distacchi dalle teorie scientifiche vigenti, dai risultati che continuamente provengono dai più potenti telescopi disseminati in tutto il mondo. Ma soprattutto che si distacchi dall’ideologia materialistica che caratterizza ed indirizza ogni teoria scientifica. Mentre la scienza crede nell’eternità della materia e nell’indipendenza totale della realtà naturale da Dio, il modello cosmologico cristiano pone il suo credo nella centralità di Dio, nel suo continuo rapporto con la creazione, nonché la Sua cura amorevole verso ogni elemento, verso ogni creatura.
La comunione fra Dio e l’uomo può avvenire anche mediante la contemplazione del <<libro della natura>>. In quest’ultimo sono innumerevoli le tracce che consentono all’anima di ricongiungersi a Dio, come ha indicato san Tommaso nella definizione delle <<cinque vie>>. La conoscenza scientifica per giungere nella sua pienezza deve acquisire connotati teologici che inducono ad amare Dio e la sua creazione. Amore che cresce di pari grado alla conoscenza che l’uomo può avere di Cristo e dei tesori di scienza e sapienza che Dio ha posto in Lui.
Ricapitolare tutto l’Universo in Cristo innalzato alla destra di Dio (cfr Ef 1, 10) non è dunque solo un modo di dire utilizzato da san Paolo per scrivere qualcosa di confortante ai fedeli di Efeso. L’immagine cosmologica effettiva che sembra corrispondere a questa affermazione paolina è ovviamente di natura metafisica, ove con metafisica si intenda <<un sapere di ciò che è strettamente reale; di ciò che è, così e come effettivamente è; e non di una nozione più o meno vaga e astratta>> (T. Melendo, «Metafisica del concreto», p. 20), come quelle che in genere ci fornisce la scienza moderna che deduce i suoi modelli dalla ragione per poi proiettarli sulla realtà.
Consideriamo infatti che: <<Se c’è un tipo di conoscenza che tende all’astrattezza è proprio la conoscenza scientifica non - metafisica (…). Gli aspetti importanti della realtà sono quelli che vengono colti dal senso comune prima, e poi dalla riflessione metafisica; non certamente dalla matematica, malgrado quello che alcuni matematici si ostinino ancora a pensare e a dire>> (A. Livi, Prefazione, in T. Melendo, cit, pag 10).
Se il senso comune non è dunque illusorio, ma coglie il vero volto della realtà in quanto dato primo della conoscenza, allora su questo fondamento è possibile avviare una corretta indagine cosmologica cristiana e cristocentrica, alternativa a quella scientifico-pitagorica, che analizzi la realtà, così come si presenta ai nostri sensi e la rapporti a Cristo-Verità. Ed uno degli innegabili primi dati che si presenta ai nostri sensi è il movimento del Sole rispetto alla quiete della Terra. Dato sensibile questo che la scienza moderna invece nega e considera frutto di illusione.




mercoledì 2 novembre 2011

LA MATERIA “VUOTA”




Lo smarrimento dei fisici dello scorso secolo di fronte alla disgregazione della materia atomica, sembra riproporre con i dovuti distinguo, lo stupore provato dai primi discepoli di Cristo di fronte al sepolcro inspiegabilmente vuoto. Essi per forza di cose dovettero rendersi conto che il Corpo del Signore, la sua parte materiale, dopo la morte aveva acquisito qualità gloriose. Forze spirituali sconosciute alla natura che lo rendevano in grado di attraversare porte chiusi e mura, comparire e scomparire a piacimento, elevarsi al cielo, conoscere i pensieri, ecc.
In modo altrettanto inatteso, all’inizio del secolo scorso la materia dimostrò di essere “vuota” invece che “piena”. Radioattività, effetto fotoelettrico, diffrazione elettronica, ecc. provarono infatti che l’átomon, indiviso, non poteva più ritenersi come il granulo durissimo, indistruttibile, soglia inviolabile della materia. Al suo interno, sfuggevoli componenti si moltiplicavano comportandosi a volte come corpuscoli, a volte come onde. La materia solida e compatta così come in genere viene concepita aveva insomma dimostrato di possedere un incomprensibile grado di inconsistenza interna.
Per interpretare questi nuovi fenomeni fu necessario trascendere le concezioni classiche, riguardo alla struttura ed alle leggi della materia, per inquadrarli in una nuova teoria, la meccanica quantistica, del tutto inconciliabile non solo con la fisica ordinaria. Ma anche e soprattutto con la logica comune. Atomi e particelle infatti, non possono essere osservati, sono contemporaneamente qui e là ed anche dove non potrebbero essere, alla luce del tutto è probabilmente possibile.
I principi basilari della meccanica quantistica sono sostenuti da un potente formalismo matematico in grado di assorbire ed esorcizzare possibili turbamenti o eventuali critiche interne ed esterne.
Come in un sortilegio, dunque, la smaterializzazione della materia ha comportato una corrispettiva materializzazione del pensiero che la indaga, al punto che le complicate formule matematiche che descrivono le sue proprietà sono divenute l’inattaccabile sostanza della materia stessa. L’immaginazione razionale si è imposta sulla realtà, proprio come avviene nel campo della magia.
Come anticipando queste conclusioni, Heisemberg ebbe a dire che <<L’idea della obiettiva realtà delle particelle elementari si è quindi sorprendentemente dissolta, e non nella nebbia di una qualche nuova, poco chiara o ancora incompresa idea di realtà, ma nella trasparente chiarezza di una matematica che non rappresenta più il comportamento della particella, ma il nostro sapere sopra questo comportamento>>.
Secondo Heisemberg le particelle elementari del Timeo di Platone ai nostri giorni sono divenute elaborate forme matematiche: <<“Tutte le cose sono numeri” è una frase attribuita a Pitagora. Le sole forme matematiche disponibili a quei tempi erano forme geometriche come i solidi regolari o triangoli che formano le loro superfici. Nella moderna teoria quantistica non ci può essere dubbio alcuno che le particelle elementari saranno alla fine anch’esse forme matematiche, ma di una natura molto più complicata>>.
Rendendosi probabilmente conto della connessione mente-mondo che implicavano i nuovi aspetti scoperti nella materia, egli affermò che dopo le esperienze che diedero origine alla fisica quantistica concetti come mente, anima, Dio, vita, non potevano più essere analizzati attraverso lo stesso atteggiamento materialistico degli scienziati del secolo diciannovesimo, in quanto tali concetti, benché difficili da definire, toccano effettivamente qualcosa di reale.

L’apertura al misticismo della fisica moderna è stata autorevolmente varata da molti fisici della scuola di Copenaghen e Göttingen, i quali non disdegnarono di prendere in considerazioni prospettive estranee alla dimensione tangibile, tradizionalmente escluse da ogni analisi scientifica.
Lo stesso Pauli riteneva impossibile una netta distinzione fra scienza e religione, riandando alla filosofia medievale che distingueva, ma non separava, mente e materia, dal momento che tutto ciò che esiste, dagli oggetti celesti a quelli materiali, possiede una base spirituale. Egli quindi affermava che: <<Lo scopo importante ed estremamente difficile del nostro tempo è di tentare di costruire un’idea nuova di realtà. Questo è quello che intendo quando sottolineo continuamente che la scienza e la religione debbono essere in qualche modo connesse>>.
I principali interpreti della meccanica quantistica si posero pertanto su posizioni opposte a quelle adottate dalla scienza a partire dal XVII secolo, sulla base del cogito cartesiano. Cartesio infatti separò la res cogitans dalla res extensa, lo spirito dalla materia, attribuendo valore alla materia, allo spirito opinabilità. Le varie materie vennero unificate nella res extensa in un’unica estensione quantificabile, secondo le linee del monismo materialistico, che intende ricondurre il tutto all’uno materiale.
La pretesa che la molteplicità degli enti possa essere ricondotta alla sola dimensione materiale è tuttavia smentita dai fatti. Infatti, mediante la materia non si determina la riduzione del molteplice all’uno, ma la moltiplicazione all’infinito degli enti fisici.
Già san Paolo per rassicurare i fedeli di fronte al mistero del disfacimento e risurrezione dei corpi promessa dal Signore, spiegò la diversità insita della materia: <<Non ogni carne è la medesima carne; altra è la carne di uomini e altra quella di animali; altra quella degli uccelli e altra quella dei pesci. Vi sono corpi celesti e corpi terrestri, ma altro è lo splendore dei corpi celesti, e altro quello dei corpi terrestri>> (1 Cor 15, 39-40).
Quest’affermazione lascia intendere che nella materia sia inserito un fattore che la contraddistingue in qualità a seconda che si parli di un oggetto inanimato, di un organismo vegetale o animale, di un corpo dotato di spirito come quello umano. La “pasta” materiale che compone i corpi sensibili è la stessa. Ma fino ad un certo punto, perché le essenze e le perfezioni dei corpi sono diverse.
Ricordiamo che la filosofia scolastica prevede la distinzione della materia, intesa come elemento indeterminato, passivo, opposto alla “forma” che rappresenta invece l’elemento attivo della determinazione. San Tommaso specifica inoltre che la realtà materiale dipende oltre che dalla forma di un ente fisico, soprattutto dalla sua essenza ed esistenza, o “atto d’essere”, actus essendi. Dove per ente si intende <<tutto ciò che ha l’essere>>, quod habet esse.
Il dualismo tra il pieno ed il vuoto dei filosofi ionici è superato dalla prospettiva tomista. Non è il “pieno” infatti il fattore qualificante di un ente materiale, così come ha indicato Newton nella sua definizione di <quantità di materia>>. Il pieno rappresenta uno stato sottoposto a quello della forma e del “vuoto”. È nel vuoto infatti che si determina la forma che precede e determina la specificità di un ente materiale. Nella forma si inseriscono l’essenza e l’esistenza dell’oggetto che lo rendono reale e visibile. Tutta la realtà visibile ed invisibile insomma discende dalla volontà divina che si realizza attraverso il Verbo creatore, dal quale il sensibile trae essere, essenza ed esistenza: Via, Verità e Vita.