domenica 15 giugno 2014

LA STABILITA’ DELLA TERRA


Galilei nel 1634, scrisse ad Elia Diodati, che in quel tempo soggiornava in Parigi, tutto il suo rammarico circa la netta disapprovazione della tesi del movimento della terra, che il Collegio Romano aveva sollevato in modo autorevole attraverso il libro «Tractatus syllepticus» del gesuita Melchiorre Inchofer.
Lo scienziato in tale lettera comunica che: «ultimamente un Padre Gesuita ha stampato in Roma che tale opinione (la mobilità della terra) è tanto orribile, perniciosa e scandalosa, che se anche si permette nelle cattedre, nei circoli, nelle pubbliche dispute e nelle stampe si portino argomenti contro ai principalissimi articoli della fede, come contro l’immortalità dell’anima, la creazione, l’Incarnazione etc., non però si deve permettere che si disputi, né si argomenti contro la stabilità della terra; poiché solo quest’articolo sopra a tutti ha talmente a tener per sicuro, che in modo alcuno si abbia, neanche per modo di disputa e per sua maggior corroborazione, a instargli contro».
Oltre a far luce all’interno dell’animo dello scienziato, questa breve citazione sfata ulteriormente il luogo comune, circa la presunta intolleranza ed oscurantismo della Chiesa post-Tridentina. Infatti, la censura messa in atto da quest’ultima, nonostante i proclami ed un linguaggio spesso assai duro, in effetti era alquanto morbida e tollerante, visto che arrivava al punto, come scrive lo scienziato, di consentire la messa in discussione dei principali articoli della fede cattolica. Diffondere dubbi circa l’immortalità dell’anima, la creazione, l’Incarnazione stessa con pubblicazioni libere, e persino nelle scuole, non significava quindi, come si crede, incorrere automaticamente nelle catene e nelle torture del tribunale dell’Inquisizione.
Del resto, la nostra fede ha sempre tratto edificazione dalle contestazioni ereticali che si sono levate contro di essa nel corso dei secoli, dimostrandone l’infondatezza alla luce della verità rivelata. Si pensi al movimento dei catari, che determinò la formazione dell’Ordine di San Domenico per la difesa della dottrina e la condanna dell’eresie. Proprio quest’Ordine intervenne sollevando le prime critiche agli argomenti eliocentrici sostenuti da Galilei, innescando così il meccanismo che sfociò nel primo processo dell’Inquisizione del 1616 e nel divieto emesso dal cardinale Bellarmino, e comunque trasgredito da Galilei, di non insegnare e diffondere la teoria eliocentrica.
Certo, può stupire che una ipotesi di carattere astronomico come quella del moto della terra, fosse ritenuta più deleteria di argomenti strettamente teologici, che pur avevano segnato la Chiesa di Roma in modo profondo un centinaio di anni prima. Come se in Galilei, il gesuita Inchofer avesse individuato un pericolo analogo a quello che si levò nel 1517, alla vigilia di Ognissanti, oggi festa di Halloween, quando Lutero affisse le 95 tesi alla porta della chiesa del castello di Wittenberg.
Perché allora una tesi di ordine cosmologico e filosofico era ritenuta tanto “orribile, perniciosa e scandalosa”, non solo dai Domenicani, ma successivamente anche dai Gesuiti? In fondo, il presunto movimento della terra era un argomento che interessava un ambito molto ristretto della popolazione di allora, quello degli astronomi-astrologi e quello dei filosofi della natura. Le problematiche che segnavano la società a cavallo dei secoli XVI-XVII erano molto più gravi e stringenti delle discussioni e delle polemiche circa la disposizione dinamica celeste. Si pensi alla guerra dei cent’anni, il conflitto fra Chiesa ed Impero, le carestie, le epidemie ecc. Inoltre, questa stessa tesi era già nota perché portata avanti da esponenti della chiesa ed accettata senza problemi, vedi il Cusano, Nicola di Oresme, ultimo il canonico Copernico che dedicò lo sviluppo di tale ipotesi a Paolo III.
Oggi non possiamo che sorridere di fronte alle preoccupazioni che si sollevarono dagli ambienti ecclesiastici verso questa tesi astronomica, in vista di chissà quali mali e pericoli. Al giorno d’oggi, forse nessuno, pur non avendo cognizioni scientifiche sufficienti per dimostrare secondo i tecnicismi della scienza il moto della terra, sarebbe disposto a negare questo assunto divenuto ormai una radicatissima certezza della scienza, per esclamare con l’ingenuità del bambino della favola di Andersen «Il re è nudo». Ci fidiamo delle conclusioni della scienza e degli scienziati che in coro da tutto il mondo, da cinquecento anni, proclamano quest’idea dalla quale hanno preso avvio l’astronomia e la fisica moderne.
Per fede scientifica, ma in questo caso sarebbe meglio dire pitagorica o filo massonica, ad occhi chiusi ripetiamo quindi che il sole è fermo e la terra ruota, nonostante percepiamo il contrario. Abbiamo imparato fin troppo bene la lezione che ci è giunta dal rinascimento magico. Ogni dubbio in proposito è considerato e spazzato via come un retaggio della Chiesa medievale oscurantista, antiscientifica. Quindi, così è: la terra ruota e trasla pur senza provocare effetti evidenti, come se fosse un sistema inerziale, anche se non può esserlo. Lo sarebbe infatti se non ruotasse e non traslasse, ma se ruota e trasla non può esserlo di principio.
Siamo così convinti che la terra ruoti, che persino se scendesse un angelo del Signore ad annunciare il contrario, saremmo convinti di trovarci di fronte ad un diavolo ingannatore, perché non può essere che Dio insegni menzogne piuttosto che la verità scoperta da Galilei, grazie alla quale la ragione dell’uomo si è emancipata dai retaggi della cultura e delle superstizioni dei secoli oscuri, ecc.
Come una nuova ed infallibile religione quindi la scienza moderna, sulla base delle sue scoperte e teorie elaborate con linguaggio raffinato ed esclusivo, ha impresso nella mente di tutti il “sigillo” eliocentrico, come un indubitabile dogma. Del resto, le scoperte astronomiche dello stesso Galilei: i pianeti di Giove, le fasi di Venere, l’irregolarità del suolo lunare, ecc., hanno oscurato i suoi clamorosi errori, legittimando così la metafisica connessa al modello eliocentrico. Metafisica conciliabile con la religiosità pagana, non con quella cristiana.
Certo, nel Vangelo non ci sono informazioni scientifiche, Gesù non ha mai affermato argomenti o avvalorato teorie astronomiche quando parlava del regno dei cieli. I suoi molteplici riferimenti alla dimensione naturale sono ordinati a quella trascendente, come per dilatare l’intelligenza fino alla percezione ed acquisizione delle realtà invisibili. Egli intende così evidenziare che il termine ultimo della conoscenza, e della nostra residenza, è l’al di là e non l’al di qua, l’eterno più del transitorio.
Gesù Cristo tuttavia ci ha fornito la “chiave della scienza”, insegnandoci la logica semplice e concreta del “si e del no”, «il resto viene dal maligno» (Mt 5, 37). Sulla base di questo semplice metodo di lettura, S. Tommaso, come indica S. Paolo nell’incipit della Lettera ai Romani, ha attestato che l’uomo possiede la facoltà conoscitiva razionale, in base alla quale può penetrare le cose sensibili per astrarre da esse l’idea, o essenza intellegibile, fino a giungere alla conoscenza dell’Essere di per sé sussistente.
Quando invece la ragione rivolge il dubbio su ciò che è indubitabile, il principio primo, negando il passaggio della conoscenza dal senso all’intelletto, apre le porte a realtà immaginarie ed ideali che modificano la base dalla quale sono scaturite. Queste realtà artificiali si nutrono della stessa sostanza che le produce, il pensiero, che le sostiene e fortifica, espandendosi nel contempo di mente in mente, come una catena unificante il pensiero comune, fino a “consolidarsi” in esso.
Gli antiaristotelici e gli umanisti iniziati alla filosofia occulta ed alla religiosità e licenziosità classica, sapevano bene che per scardinare la visione della realtà derivante dalla metafisica scolastica, per aprire quindi varchi nella ragione e nella morale e manipolare l’immaginazione comune, occorreva mettere in dubbio il principio primo, la percezione del reale, la logica elementare del si si e no no, emancipando altresì l’uomo dal dogmatismo religioso e dalla morale ad esso conseguente.
Essi trovarono in questo programma un alleato formidabile in Galilei, il quale postulava “il far violenza ai sensi” per dar luogo alla fantasia razionale, barattando così il vero con il vero-simile, opponendo la ragione alla percezione, nel caso del presunto moto della terra, ma riabilitando la percezione quando veniva a conforto della sua ragione, come nel caso del telescopio.  
Gli stessi sensi che si ingannavano infatti quando vedevano il sole e le stelle muoversi nel cielo da oriente ad occidente, non si ingannavano quando vedevano attraverso rozzi filtri oculari i monti della Luna, le fasi di Venere, i satelliti di Giove ecc. A queste visioni sensibili filtrate da strumenti rudimentali occorreva prestar fede ed asservire la ragione. Invece, nel caso del movimento del sole, bisognava far violenza alla visione percepita, in modo inequivocabile da tutti, perché ritenuta illusoria. “Coerenza” galileiana, sulla quale si glissa volentieri, spostando i termini del discorso su argomenti meno scivolosi ed aperti alla polemica.
Del resto, Galilei fu un maestro nel suscitare contrasti verso quanti mettevano in dubbio i suoi argomenti a favore del moto terrestre, di norma erronei, riuscendo ad invertire le parti in causa. I protestanti che prima avevano condannato Copernico e l’eliocentrismo rivalutarono questa dottrina, nel momento in cui Galilei tirò in ballo l’interpretazione delle Scritture. I cattolici che avevano utilizzato la tesi eliocentrica per la riforma del calendario e non avevano nulla contro il De revolutionibus di Copernico, iniziarono a nutrire verso quest’ipotesi, strumentalizzata teologicamente ed assolutizzata dal Pisano, forti sospetti.
La dottrina eliocentrica assumeva infatti agli occhi degli avversari di Galileo tutti i caratteri di una nuova e sottile eresia che, sotto l’aspetto di scienza induttiva espressa in linguaggio asettico, quantitativo e formale, avrebbe reso fredda e formale la conoscenza, escludendo la teologia dall’indagine scientifica, e mantenendo in se stessa l’aspetto irrazionale collegato alla filosofia pitagorica ed alla magia ermetica, dalle quali aveva preso avvio e fondamento quella rivoluzione cosmologica.
Oggi pertanto non crediamo più alle sfere celesti, alle gerarchie angeliche, all’azione delle intelligenze celesti. Pervasi da tutt’altro spirito, fondato sulla illogica identità fra essere e nulla, di matrice eraclitea, tutti noi crediamo ad altre cose, ordinando la fede alla scienza, la Scrittura alla fisica. Crediamo quindi senza indugio, che la terra si muova. Sosteniamo quest’argomento, senza sospettare della negatività che gli veniva attribuito, perché fondato sulla negazione del principio primo della conoscenza: la realtà percepita e, per quanto abbiamo più volte rilevato, perché collegato sottobanco alla eliolatria egizia. Questo legame non doveva essere sconosciuto specialmente ai Domenicani, ex confratelli di Giordano Bruno, fautore di un ritorno alla religiosità, ed alla cattività, egizia.
Crediamo a tutto questo per un atto di fede verso la nuova religione, la scienza, anche se non vi sono effetti fisici evidenti che rivelano il presunto moto della terra, attraverso accelerazioni palesi su di essa. Se la terra ruotasse come una giostra, vi sarebbero effetti fisici percepibili in modo evidente. Un sistema in rotazione e traslazione, come una trottola che ruota e che avanza, non può essere considerato apparentemente fermo come si considera sia la terra, a meno che si consegua una laurea in fisica e come in un gioco di prestigio si trasformi la realtà in astrazione matematica e questa in realtà.
Per dimostrare la tesi già convalidata a priori del presunto moto terrestre, si utilizzano le prove del pendolo di Foucault, le forze di Gaspard Gustave Coriolis, Parigi 1792-1843 (l’esperienza di Guglielmini è stata tolta di mezzo perché non affidabile). Il pendolo di Foucault dimostra sì che qualcosa si muove tra cielo e terra, ma non chiarisce quale dei due elementi effettivamente si muova. Il suo piano inoltre non ruota nel senso previsto, da ovest verso est, ossia come dovrebbe ruotare la terra, ma da est verso ovest, come ruotano i cieli e le stelle, cioè in senso opposto a quello attribuito alla terra.
Oggi quindi non crediamo più che siano gli angeli a disporre e mantenere l’ordine del cosmo visibile e di quello invisibile. Non crediamo nei cori e nelle gerarchie disposti armonicamente che ci sovrastano e collegano il visibile all’invisibile, fino al trono di Dio. Crediamo però nelle fantomatiche particelle-onde, nei quark, nei buchi neri ed in altri prodotti della fantasia razionale, come se esistessero davvero al pari di tavoli e sedie. 
Ovviamente crediamo anche che un punto dell'equatore terrestre ruoti insieme a noi alla velocità di 1.668 Km/h (460 m/s), che la rivoluzione terrestre avvenga alla velocità di 107.280 Km/h (30 km/s), e che la rotazione del nostro sistema solare rispetto al centro della galassia si compia alla velocità di circa 2,6 milioni di Km/h (720 km/s). Velocità di roto-traslazione sbalorditive ed incredibili che tuttavia, misteriosamente non producono effetti conseguenti su di noi e nell’atmosfera. La quale, invece, nonostante tutto, continua a trasmettere all’animo sentimenti di pace e di armonia, nonché intense sensazioni di stabilità ed equilibrio che rimandano alla Trascendenza ed alla perfezione divina, essendo pur sempre il cielo “trono di Dio”, e la terra “sgabello dei suoi piedi” (cfr. Mt 5, 34-35).