giovedì 16 febbraio 2012

LA “PORTA DEI CIELI”





La scala apparsa in sogno a Giacobbe ad Harran, portava al cielo. Su di essa salivano e scendevano gli angeli. E quando il Signore gli disse dall’alto: <<Io sono l’Eterno, il Dio di Abramo!>>, Giacobbe si risvegliò tremante gridando: <<Quanto è temibile questo luogo! Qui è la casa di Dio: qui è la porta dei Cieli!>>. Allora, dopo aver preso la pietra sulla quale aveva poggiato il capo durante il sogno, innalzò una stele, la consacrò con dell’olio e chiamò quel luogo: Bethel, cioè “Casa di Dio”>> (Gen 28, 12-19).
D’altra parte, Gesù rispose a Natanaèle, richiamando la visione di Giacobbe: <<Vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell’uomo>> (Gv 1, 51), come se fosse Egli stesso la scala e la “porta dei Cieli” sulla quale andavano e venivano gli angeli. Ed in effetti presentandosi ai discepoli come buon pastore, Cristo affermò: <<Io sono la porta: se uno entra attraverso me, sarà salvo; entrerà ed uscirà e troverà pascolo>> (Gv 10, 9).
Queste parole dense di simbolismo non sono andate a vuoto. La Terra è stata tangibilmente trasformata e redenta in seguito all’apertura dei cieli ed all’Incarnazione del Verbo, nato a Betlemme, vissuto in Palestina una trentina d’anni, finché venne crocifisso sul monte Calvario, in Gerusalemme. Da allora, nonostante tutto, Gesù Cristo continua a vivere ed essere presente in modo concreto nel mondo attraverso il sacramento dell’Eucaristia, il Vangelo, la vita e l’opera missionaria della sua Chiesa.
La Chiesa che Cristo fondò sull’apostolo Pietro rappresenta davvero un qualcosa di diverso rispetto al mondo. Già a partire dal suo significato geometrico e sacro. Infatti la Chiesa raffigura dal punto di vista geometrico uno spazio chiuso e gerarchico, diverso da quello mondano. Al suo interno valgono altre regole, rispetto a quelle ordinarie.
Lo spazio mondano rappresentato dalle geometrie euclidee e non euclidee è comunque fondato sul concetto di distanza tra punti diversi. Se due punti sono individuati da coordinate geometriche diverse, lineari o curvilinee, essi non sono coincidenti e sono separati nello spazio appunto dal segmento rappresentato dalla differenza delle coordinate spaziali.
Lo spazio rappresentato dalla Chiesa invece non si fonda sul concetto di distanza, ma di unità, ossia: distanza nulla. Non è infatti la distanza geometrica consuetamente intesa a diversificare i punti di una qualunque chiesa. Se lo spazio ordinario è omogeneo ed isotropo, lo spazio che costituisce una chiesa è sostanzialmente graduale e gerarchico.
Come nell’antico tempio di Gerusalemme, in una chiesa vi sono tre zone. La prima riservata ai fedeli, quella riservata al servizio dell’Altare, e quella in cui è riposto il Santissimo Sacramento che rende la Chiesa spazio vivificato dalla sovrumana Presenza.
Basta entrare in una chiesa, lasciando fuori lo spazio profano ed isotropo, per entrare nel “primo livello” dello spazio unificato. In questo livello, ogni punto è equivalente rispetto all’Altare ed alla posizione del Santissimo. Mettersi al fondo di una chiesa o nei primi banchi è del tutto indifferente rispetto alla funzione riservata allo spazio ecclesiastico e non influisce sul grado di maturazione della fede individuale. Chi siede nei primi banchi di una chiesa non è più vicino a Dio e non gode di privilegi rispetto a chi rimane al fondo appoggiato a qualche piglia.
L’Altare a sua volta rappresenta il “secondo livello” dello spazio sacro, differenziato dallo spazio dei fedeli, gerarchicamente superiore a quello riservato ai fedeli. Questo perché sull’Altare si compie il servizio divino, durante il quale avviene la transustanziazione, la trasformazione del pane e del vino nella Carne e nel Sangue di nostro Signore Gesù Cristo. Sull’Altare è riposto in genere il Tabernacolo con il Santissimo.
Il Tabernacolo rappresenta il Luogo Sacro per eccellenza, il terzo livello dello spazio gerarchico, il terzo cielo ove domina la Gloria dell’Altissimo. Rispetto agli altri due livelli, il luogo ove è riposto il Santissimo Sacramento rappresenta il centro, il punto supremo dal quale si irradia ogni azione di grazia, ogni contatto intimo tra il divino e l’umano.
Rispetto al Tabernacolo con il Santissimo, ogni punto dell’Altare ed ogni punto della chiesa riservato ai fedeli è equidistante. Ciò significa che rispetto alla divina Presenza lo spazio riservato ai fedeli e quello al servizio dell’Altare sono centrati in esso, come i punti di due sfere concentriche rispetto all’unico punto centrale.
La forma simbolica che rappresenta una chiesa corrisponde idealmente a due sfere concentriche rispetto al Santissimo Sacramento. Qualunque Chiesa essendo strutturata su queste tre zone sacre rappresenta l’archetipo universale, il modello perfetto del cosmo, formato come da tre sfere concentriche nelle quali è contenuta tutta la realtà visibile ed invisibile.
Nella chiesa il divino entra in comunicazione con l’umano, poiché in essa abita la presenza reale di Dio e Dio stesso si trasmette in forme sacramentali a quanti lo cercano in stato di grazia, con cuore umile e sincero. La Chiesa rappresenta pertanto l’archetipo universale, il modello del cosmo.

La porta della Chiesa rappresenta il luogo di passaggio dallo spazio profano a quello sacro, il passaggio dalla confusione di uno spazio relativo e senza direzioni privilegiate ad uno spazio effettivamente sacro, perché abitato da Dio, con una direzione precisa: l’Alto, con un centro unico, perfettamente immobile e perfetto: l’Ostia contenuta nel Tabernacolo.
Il Tabernacolo rappresenta il Centro Supremo attorno al quale è raccolta una Chiesa, a prescindere dalla sua forma architettonica. È un centro trascendente, ma effettivamente reale e dunque integralmente sacro.
La dimensione terrena così come viene percepita ed elaborata dalla ragione si può curvare o intorno alla ragione umana. O sulla base della fede intorno a Dio ed alla sua gloria. La dimensione naturale può essere considerata come la porta del tempio universale, il luogo di passaggio dallo spazio profano (regolato dalla ragione) a quello sacro (regolato dalla fede in Cristo). Uno spazio quest’ultimo non più antropocentrico, ma cristocentrico.
Il tempio si fonda sulla terra, ma si erge verso l’alto. Indirizza l’uomo verso i cieli, ove risiedono stabilmente le divine essenze, per unirsi a Dio che trascende la creazione. La terra può intendersi allora intesa come limite di questo tempio cosmico, che dal basso si apre verso l’alto.
Attraverso la comunione con Cristo, l’uomo diventa “sfera sacra”, chiesa, tempio divino, residenza del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Attraverso la comunione con Cristo l’uomo acquisisce quello stato di grazia interiore che lo rende gradito al Padre e dunque figlio. In quanto tale, egli può attraversare al “Porta dei cieli” ed accedere nella Gerusalemme Celeste. In quella Gloria di Dio annunziata dagli angeli ai pastori durante la notte santa della natività del Signore.