lunedì 29 agosto 2011

STRATEGIE DELL’ANTICRISTO




 San Paolo sembra alludere ad una manovra finalizzata alla mutazione dell’etica e della dottrina cristiana, quando afferma con termini inquietanti che l’opera del <<mistero dell’iniquità>> si concluderà con la manifestazione dell’anticristo, che <<avverrà nella potenza di satana … con ogni sorta di empio inganno per quelli che non hanno accolto l’amore della verità per essere salvi>>. Dio stesso infatti lascerà che gli uomini <<credano nella menzogna e siano condannati tutti quelli che non hanno creduto alla verità, ma hanno acconsentito all’iniquità>> (2 Ts 2, 7-12).


Queste parole alquanto dure lasciano anche intendere che l’<<anomia>> collegata al mysterium iniquitatis non si determinerà sotto forma di sovversione radicale dei concetti che stanno alla base dell'ordine politico e religioso attinenti alla società umana. L'anomia correlata all'anticristo non si realizzerebbe infatti nell’anarchia. Ma in un regno in apparenza efficiente, strutturato, tecnicista e scientista, formalmente ben “oliato”. Tuttavia, privo di anima. Un regno fondato cioè sulle retoriche di un perbenismo di facciata, sulle subdole menzogne celate dietro un bene apparente. In questo senso anche gli eletti se possibile potranno essere confusi (cfr Mt 24, 24).


L'azione più pericolosa della “potenza avversa” infatti sarebbe quella di “manipolare” più che negare le verità evangeliche attraverso interpretazioni ed integrazioni surrettizie. Con questa azione si otterrebbe che: <<le cose spirituali divengano temporali, le laiche divengano ecclesiastiche, le terrene divengano celesti>>, come affermava Lutero nel suo De Antichristo.


D’altra parte, la più grande abilità riconosciuta al diavolo è proprio quella di confondersi dietro le idee, al punto di far credere il contrario di quello che è, cercando di dissimulare la sua presenza innanzitutto ai cristiani, che per antonomasia sono le persone designate ad esorcizzarlo. In questo senso si può comprendere quanto affermava il teologo Paul Althaus: <<Una Chiesa che non si inquietasse più di fronte alla possibilità dell'anticristo, sarebbe per ciò stesso divenuta anticristica>>.


In effetti, attualmente le tracce dell’anticristo sembrano essersi disperse. Sparito dalle cronache, sparito non solo da omelie e catechesi. Sparito dalla Chiesa. Non si sente più parlare del mysterium iniquitatis, il figlio della perdizione, l’ombra livida indicata con insistenza da san Paolo e dalla Tradizione Apostolica, nonché dallo stesso Cristo che profetizzava circa “l’abominio della desolazione … nel luogo santo” (Mt 24). Cosa intendeva per dire? Nulla di ufficiale, in proposito. Articoli di vario genere sull’argomento, se ne trovano in rete in abbondanza. Ma il problema non sono le voci personali. Quanto quelle pastorali.


È vero che nell’intervento di presentazione del documento sul mea culpa: <<La Chiesa e le colpe del passato>>, l’allora cardinale Ratzinger alluse all’allegoria del carro (Purgatorio XXIX-XXXIII), che Dante utilizza per descrivere la presenza dell’anticristo nella Chiesa. Ma è anche vero che questa possibilità vaticinata da più parti non viene soppesata fino in fondo. Per evitare, forse, di giungere a conclusioni inquietanti.


Ammettere infatti la presenza dell’avversario sullo stesso carro sul quale avanza la Chiesa di Cristo significa considerare gli eventi fondamentali della stessa sotto un altro aspetto, non del tutto confortante. Bisognerebbe non solo riconoscere cioè l’infiltrazione all’interno della struttura ecclesiastica di un “che” di estraneo e di principio ad essa avverso, ma soprattutto cercare di porre rimedio a tale contaminazione. Infatti, il determinarsi all’interno della Chiesa Romana di una sorta di “potere occulto”, come un regime della ragione estraneo al regno della fede, non può che determinare la conseguenza di una inevitabile “rottura” della sua linea di continuità tradizionale ed una frammentazione del suo bimillenario fronte compatto.


L’evento recente che ha effettivamente suddiviso la storia ecclesiastica in due fronti, quello del “prima” e quello del “poi”, sembra essere a tutti gli effetti il Concilio Vaticano II, sul quale tanto si è discusso e tanto si discuterà. I due fronti contrapposti ovviamente sono quello della Tradizione e quello della modernità.  


Al di là delle più ottimistiche aspettative, giudizi severi sono stati emessi in ordine a tale evento epocale anche dai patrocinatori dello stesso. Henri De Lubac, ad esempio, constatò che: <<Il dramma del Vaticano II consiste nel fatto che invece di essere stato gestito dai santi – come fu il Tridentino – è stato monopolizzato dagli intellettuali. Soprattutto è stato monopolizzato da certi teologi, il cui teologare partiva dal preconcetto di aggiornare la fede alle esigenze del mondo, e di emanciparla da una presupposta condizione di inferiorità rispetto alla civiltà moderna. Il luogo della teologia cessa di essere la comunità cristiana, cioè la Chiesa e diventa l’interpretazione dei singoli. In questo senso il dopo-Vaticano II ha rappresentato la vittoria del protestantesimo all’interno del cattolicesimo>>.


Persino Paolo VI, dopo pochi anni riconobbe in un famoso discorso che dopo il Concilio nella Chiesa si era messo in moto un processo di autodemolizione, il “fumo di satana” si era infiltrato nel tempio di Dio. Per poi concludere che: <<Si credeva che dopo il Concilio sarebbe venuta una giornata di sole per la storia della Chiesa. È venuta invece una giornata di nuvole, di tempesta, di buio>>. Ma nonostante queste ammissioni, nella sostanza Paolo VI avallò come scrive Antonio Socci: <<il “colpo di mano” di una “minoranza rivoluzionaria” che impose la riforma liturgica (con i suoi mille abusi), chiaramente non benedetta da Dio. La proibizione della millenaria liturgia latina della Chiesa fu effettuata con una decisione che contravvenne anche ai documenti del Concilio>> (Il quarto segreto di Fatima, Milano 2006, p. 210).


In verità, sullo stesso Paolo VI, circolano da tempo voci inquietanti. Accuse terribili che se vere indicherebbero davvero che lo spirito del “figlio della perdizione”, invece di essersi dissolto in nubi aeree, sarebbe di nuovo in mezzo a noi, mimetizzato ed attivo come mai lo fu prima, dando corpo così alla profezia di Cristo: <<L’abominio della desolazione nel luogo santo>>.


Il principale e diretto accusatore di Papa Montini è il novantenne mons. don Luigi Villa, incaricato personalmente da Padre Pio di difendere la Chiesa di Cristo contro l’opera della massoneria ecclesiastica. Padre Pio nel corso di un fatidico incontro avvenuto nella seconda metà del 1963, abbracciando il sacerdote di Brescia gli disse: <<Coraggio, coraggio, coraggio perché la Chiesa è già invasa dalla Massoneria … la Massoneria è già arrivata alle pantofole del Papa>>. Allora il Pontefice era Paolo VI.


L’energico sacerdote non ha perso zelo nel corso del tempo. Confortato da un’assistenza speciale, nonostante il silenzio e l’ostilità che lo circonda, ha fondato la sua piccola Editrice Civiltà e la rivista “Chiesa viva”. Attraverso questi canali, il sacerdote bresciano solleva accuse gravissime nei confronti di Paolo VI, e non solo, tuttavia sostenute da documentazioni e riferimenti circonstanziati. Le accuse sono così gravi che andrebbero impugnate e risolte in un senso o nell’altro. O dimostrando cioè la loro verità. O la gravissima disonestà dell’Autore che andrebbe subito scomunicato e allontanato dalla Chiesa. Ci vorrebbe insomma per fare chiarezza una sorta di Santo Uffizio, che proprio Paolo VI eliminò dalla struttura ecclesiale.


Strano peraltro che i nemici della Chiesa, sempre attenti a trovare echi di presunti scandali, minuzie e debolezze poi ingigantite con massicce campagne stampa spesso del tutto campate in aria, non abbiano interesse a riprendere ed a rilanciare le gravi accuse di don Villa, per creare davvero uno scandalo epocale all’interno della Chiesa. Paolo VI è accusato chiaramente di essere stato massone, omosessuale, filosovietico , ecc. Invece, i giornali anticlericali sempre più che attenti a scovare le “pagliuzze” relative a qualche sacerdote impenitente, chiudono volentieri gli occhi di fronte a tali possenti “travi” in grado di scuotere non solo le gerarchie, ma tutta la struttura ecclesiastica post conciliare. Vige pertanto un silenzio sospetto a sinistra e a destra, fuori e dentro la Chiesa, che implicitamente dimostra connessioni insospettabili.


Il numero 441, settembre 2011, di Chiesa Viva, tutto dedicato a <<Paolo VI il papa che cambiò la Chiesa>>, afferma come premessa che questo Papa: <<”politicamente” era di sinistra; “intellettualmente” era un modernista, e “religiosamente” era un massone>> (p. 3). Niente di strano se si trattasse di una persona qualunque. Infatti si è liberi di porsi politicamente dove si ritiene meglio, si può interpretare il mondo senza dare troppo peso al passato, si può cercare una iniziazione alla vita ed al mondo diversa da quella cristiana. Ma se queste tipologie vengono attribuite ad un Papa, successore di Pietro, garante della Tradizione cattolica, allora le cose cambiano.


Ed in effetti, le cose con Paolo VI cambiarono. A cominciare dai rapporti con la massoneria, che fino al Vaticano II venne sempre condannata dalla Chiesa. Papa Leone XIII, ad esempio, nell’enciclica “Humanun genus” imputava ai Frammassoni il fine supremo di <<distruggere da capo a fondo tutto l’ordine religioso e sociale, qual fu creato dal Cristianesimo e, prendendo fondamenti e norme dal Naturalismo, rifarlo a loro senno di sana pianta>>, per giungere così alla determinazione di una religione universale avulsa da N. S. Gesù Cristo.


Le manovre per cambiare la Chiesa dall’interno hanno dunque una definita circostanza iniziale ed anche un protagonista insospettabile. Sempre che siano attendibili, come sembrano, le accuse di don Villa, che in effetti sembrano aver bloccato il processo di beatificazione del Pontefice in questione. Ed è comunque un fatto il cambiamento che la Chiesa ha subito in questi ultimi cinquant’anni. La Chiesa di oggi non è più quella che soggiaceva all’autorità dei Papi, fino a Pio XII, i quali sembrano appartenere addirittura ad un’altra storia, se non proprio “preistoria”, ecclesiastica.


Dal 1960, dunque, la struttura della Chiesa iniziò ad evolversi sotto la spinta interna di una nuova teologia che avrebbe comportato disgregazioni interne al Corpo Mistico di Cristo, contrapposizioni fra correnti ed esponenti del Clero, nonché una confusione di fedeli ripartiti in “gruppi” e schieramenti di tipo quasi politico. È peraltro davanti a tutti la crisi sempre più viva presente nella Chiesa contemporanea, in difficoltà non solo per i rapporti con il mondo esterno, ma soprattutto per i suoi conflitti interni, per il senso di vaga “anarchia”, anche liturgica, che consente una controproducente interpretazione dei documenti ufficiali più delicati emessi dalla Santa Sede.


Situazione peraltro preconizzata dalla Vergine nel corso delle sue apparizioni. A cominciare da quella di La Salette, del 19 settembre 1846, durante la quale la Madonna piangente, seduta su di un masso tra alte montagne, rivelò ai pastorelli Melania e Massimino un segreto inquietante per quell’epoca, ma oggi quanto mai attuale e molto comprensibile, specialmente da parte di chi “vuol comprendere”. Quella volta, tra l’altro la Vergine affermò tra le lacrime che: <<I preti per la loro cattiva condotta, per le loro irriverenze e la loro empietà nel celebrare i Santi Misteri, per l’amore al denaro, l’amore agli onori ed ai piaceri, i preti sono diventati cloache di impurità. Sì, i preti domandano vendetta, e la vendetta è sospesa sulle loro teste … Si è spenta la vera fede e la falsa luce rischiara il mondo … la Chiesa avrà una crisi orrenda … Roma perderà la fede e diventerà la sede dell’Anticristo … la Chiesa sarà eclissata ed il mondo sarà nella costernazione>>.

Nelle apparizioni successive a quella di La Salette, la Vergine si è dimostrata meno “impetuosa”, meno diretta, alternando i silenzi e le poche parole agli inviti alla conversione ed alla preghiera. Come se dopo la franchezza delle affermazioni rivolte a Melania ed a Massimino avesse voluto essere meno esplicita, mettendo invece in rilievo il potere della penitenza e della preghiera davanti agli occhi di Dio. Comunque, nonostante la durezza della affermazioni, l’apparizione di La Salette è stata riconosciuta dalla Chiesa, segreti inclusi, nel 1851, sebbene sia stata combattuta i tutti i modi, soprattutto dallo stesso Clero. Al giorno d'oggi infatti se ne parla molto poco, essendo tutti molto concentrati sul fenomeno Medjugoje, ove la Vergine si dimostra molto più conciliante.


Cinquant’anni dopo, sotto san Pio X, l’Osservatore Romano, quando ancora era in grado di dire chiaramente come stanno le cose, affermava che: <<Melania rivelò il suo Segreto quando il tempo segnato fu giunto, sebbene sapesse che un simile atto le avrebbe attirato la collera di quelli che, costumi corrotti, erano incatenati al carro massonico>>. Poiché i personaggi che maggiormente si accanirono contro il segreto di Melania furono alti esponenti della gerarchia cattolica, il giornale della Santa Sede riconosceva che sul carro della Chiesa erano salite perfide figure rivestite di porpora ed abiti talari.


Del resto, già Dante, secondo René Guenon affiliato alla setta dei Fedeli dell’Amore nonché ai Templari, nel suo grandioso Poema aveva codificato il processo avviatosi fin da allora, tutto teso a togliere di mezzo il <<katécon>>, l’impero rappresentato dalla vera Chiesa. Ossia, ciò che trattiene la manifestazione del <<mistero dell’iniquità>>. Tutto questo, al fine di realizzare il cosiddetto “paradiso in terra”. Utopia tanto cara e tanto evocata in forme diverse dagli esoteristi rinascimentali, i quali si attivarono per attuarla soprattutto nell’ambito culturale, cercando in ogni modo, soprattutto sotto le istanze della ricerca filosofica e scientifica, di oscurare la logica ferrea che permea il realismo moderato di san Tommaso. La catena iniziatica formata da più che insospettabili personaggi, Galileo, Cartesio, Leibniz, Newton, ecc.,  diede spazio invece alla dialettica di tipo eraclitea che non distingue, ma ammette la conciliazione degli opposti, il “si e no”. Dialettica che legittima altresì la contraddizione, dando spazio al vero ed anche al falso, collegando il pensabile con l’impensabile, la scienza con la magia.


Proprio nel Rinascimento infatti prese avvio l’attacco più efficace alla Chiesa ed al suo sistema logico e metafisico che rese possibile quell’infiltrazione al suo interno del fumus satanicus che si è protratta fino ai nostri giorni. Cominciava così ad attuarsi fin da allora, in modo insospettabile, il piano di distruzione della società cristiana in vista di una prossima, oggi tanto vicina, ricostruzione su “nuove” basi, che riproporrebbero in forme attuali lo stesso ethos vigente negli antichi imperi, ove il sangue ed il sesso costituivano il fulcro della pseudo-religiosità solare, nonché le due colonne portanti della sinagoga satanae.




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